USARE UN PARLARE LUSINGHEVOLE

La lettera di  Paolo ai Tessalonicesi ci fornisce un metro di giudizio per verificare anche il nostro metodo nel giudicare ciò che ci interessa, oppure respingere ciò che non richiede la nostra attenzione; l’importante dovrebbe essere in linea generale, di dare una valutazione coerente su quello che ad esempio leggiamo, cercando di risalire alla fonte della Verità. Se propongo un concetto che approvo, oppure se leggo qualcosa che non condivido, devo essere in grado di documentare l’assenso o il dissenso non insultando perché dissento, ma fornendo un ragionamento plausibile, articolato e accettabile pur nel disaccordo. Poi, in quanto a convincere sulle bontà delle analisi, subentra la percezione dell’intelligenza e dell’apertura mentale che non può essere richiesta a tutti, perché troppi sono i condizionamenti ricevuti durante la nostra vita. Nel campo biblico, per accertare se uno dice parole di Verità occorre avere dimestichezza scritturale, cammino con il Signore, esperienza della Parola, essere convertiti a Dio e non a una religione.

Il campo della fede, luogo di analisi

Nel campo della fede, terreno per certi versi minato o pericoloso se non si utilizza la Parola di Dio in modo corretto, con citazioni senza speculazioni e con onestà di ciò che si afferma, si andrà incontro a molte e cocenti delusioni. L’esempio lampante è in Paolo, che nelle sue lettere non si stanca di citare passi dell’Antico Patto, attualizzandone l’interpretazione con onestà e senza secondi fini, ma dimostrando come la continuità della Parola si integri in una unica voce da cogliere nello spirito e nell’anima dei peccatori. Poi, per avvalorare in suo modo di pensare e di scrivere, porta alla riflessione i suoi lettori con affermazioni sincere e vere. (I Ep. Tessalonicesi 2:5-6) Difatti, non abbiamo mai usato un parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da cupidigia; Dio ne è testimone, e non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi né da altri, sebbene come Apostoli di Cristo avessimo potuto far valere la nostra autorità.

Senza autorità apostolica

 Dunque l’intento paolino è quello di parlare parole di Verità e non di autorità apostoliche, che sicuramente in mano sua non v’era nulla da temere, in quelle di altri, i quali si dicono successori o continuatori di quell’autorità, abbiamo molti seri dubbi e definite perplessità. Quindi in questo concetto  di predicare la genuina Parola senza aggiunte di sorta, sgombra di autorità o di gloria umana, ma di Evangelo con caratteristiche ben presenti e precise nel messaggio di Paolo: (I Tessalonicesi 1:5-6-7) Infatti il nostro Evangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo  e con piena convinzione, infatti sapete come ci siamo comportati fra voi, per il vostro bene. Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la Parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che da lo Spirito Santo. Dunque il dire di Paolo aveva queste caratteristiche:

  1. Non solo parole
  2. Con potenza
  3. Con lo Spirito Santo
  4. Con piena convinzione
  5. Con il comportamento per il bene vostro
  6. Per diventare imitatori nostri e del Signore
  7. Per ricevere la Parola con la Gioia dello Spirito

L’Evangelo fonte di vita

Come sono definiti gli intenti di Paolo, che messe da parte le sue prerogative, aveva come obiettivo queste sette cose che si possono ben riassumere in: (I Ep. Tessalonicesi 1:9) come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivente e Vero. Orbene, la predicazione di Paolo è libera da pruriti autoritari così cari a certi uomini odierni, e resta semplice per anime assetate di vita eterna. Le sue parole sono usufruibili da tutti, perché quando Paolo predica, lo Spirito Santo agisce sulla mente degli ascoltatori, recando un’apertura spirituale per intendere in profondità le cose rivelate. Molte volte ci troviamo a ragionare di cose ovvie per i credenti, che invece risultano incomprensibili, ad esempio, per alcuni nostri cari  amici. Non si tratta di quozienti intellettuali  limitati, ma di comprensione della Verità. Quindi occorre utilizzare una potenza, non un’autorevolezza ma una potenza, non umana o manipolatrice con forme di pressioni, no, ma di potenza che risiede nel messaggio stesso, un messaggio per il cuore dell’uomo, che deve aprirsi alla Verità dell’Evangelo. La forza del Vangelo deve sprigionarsi nel cuore di chi ascolta, certamente se questo cuore si apre per ascoltare Dio e l’opera Sua. Come detto, lo Spirito Santo sempre presente quando nelle mille forme l’Evangelo è proclamato, si adopera per convincere in Verità menti e cuori, affermando ciò che si recepisce come Verità inalienabile, che occupa tutto l’essere umano, se si da spazio a Dio per essere salvati. Qui la resistenza alla fragranza e alla potenza  dello Spirito Santo è considerevole, l’uomo naturale considera pazzia l’Evangelo, preme perché la Parola non sveli i suoi difetti o i suoi peccati, sovente si rinchiude in una sordità spirituale che, come detto, solo lo Spirito Santo può scalfire e distruggere. Ecco perché quando un peccatore si arrende e si converte al Signore, tutto quello che faceva perno su una precedente vita religiosa morta, viene a disfarsi, lasciando spazio prorompente alla luce della Verità. ( I Ep. Tessalonicesi 2:4) Dio prova i nostri cuori, è vero, con la predicazione si attua una prova divina, accompagnata da un consiglio fatto di opera di convincimento, che consiste in ciò che si ascolta è la Verità, confermata dalla potenza dello Spirito Santo. Ora, come accennato, se vi è pieno convincimento anche il comportamento cambierà, le cose di prima diventano vecchie, inutili e senza valore. E’ l’importanza della Verità che pervade l’essere peccatore, per indirizzarlo verso una comunione nuova con Gesù, dove l’alimento indispensabile per crescere è la Parola di Dio.

Essere convertiti a Dio

 Paolo utilizza il termine “convertiti dagli idoli” come dire: essendo stati preda degli idoli, cioè prigionieri di forme idolatriche e di tradizioni religiose errate, di comportamenti senza l’assenso e la guida delle Sacre Scritture, senza conoscere la Verità di Cristo, ora divenuti credenti per la fede in Gesù Cristo, si prospetta  l’attività di compiere il bene per se e per gli altri. (I Ep. Tessalonicesi 2:12) a comportarsi in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. Dunque non solo un comportamento diverso da prima, ma la comprensione di essere invitati a un percorso alternativo, per traguardare al regno e alla gloria. Che cambiamento di indirizzi! Ecco perché la religione non centra nulla, ma conta esclusivamente la fede. Paolo propone un’imitazione, cioè un percorso, un cammino nella dipendenza della Parola e una somiglianza sempre più coerente man mano che si avanza con la mano del Signore nelle nostre. Una guida sicura e dipendente, dove il modello confida in un’esclusiva gratificante: (I Ep. Tessalonicesi 1:10) Gesù che ci libera dall’ira imminente. E’ vero, conoscere il Vangelo ci informa di un riparo eterno, confidente nella mano salvifica di Gesù e nella sua conclusiva opera di grazia, fatta una volta per sempre: ( I Ep. Tessalonicesi  5:9-10) Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi.

Una morte sostitutiva

Comprendere cosa voglia dire e significare la morte del Signore Gesù Cristo, il quale ha pagato per noi, è sempre abbastanza difficile da spiegare essendo noi dei semplici credenti; tuttavia la Parola ci aiuta, ci spiega e ci conferma: (Ezechiele 18:32)Io infatti, non provo nessun piacere per la morte di colui che muore, dice Dio il Signore; ancora (Ezechiele 18:23) Io provo forse piacere se l’empio muore? Dice Dio, il Signore. Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive? Altresì (Ezechiele 18:4) Chi pecca morrà; e (Genesi 3:19) perché sei polvere e in polvere ritornerai. Non v’è dubbio che chi pecca morrà, noi moriamo perché siamo peccatori, moriamo fisicamente e torniamo alla polvere. Lo spirito della persona ritorna al Dio vivente e vero, che lo ha dato e lo giudicherà in base ai suoi principi, fatti predicare mentre siamo ancora in vita, mentre percorriamo questo mondo per decidere il nostro destino eterno. Dio ci conferma nella sua Parola di non prendere piacere nella morte dell’empio, anzi si rallegra quando un peccatore si converte tramite la sua Parola. Questa Parola di vita si chiama Evangelo; essa ci comunica che Cristo è morto per noi, perché abbiamo, credendo in Lui, la vita eterna.

Un messaggio semplicissimo ma difficile e intenso da accettare, perché essendo dei peccatori siamo attratti da ciò che è buono, bello e desiderabile secondo la carne e non secondo lo spirito. Quando Eva era nel giardino, provava queste speciali emozioni verso l’albero, i frutti e la conoscenza promessa dall’Avversario. Questo condizionamento negativo ed esplosivo, rimane anche oggi in noi, quando siamo raggiunti dalla Verità dell’Evangelo che consiste nell’arrendersi a Dio e convertirsi a Lui. Contrastare la Verità, farla apparire irraggiungibile a causa del peccato in noi, diffidare della Grazia di Cristo, sono le armi dissuasive diaboliche per non sperare e confidare in Cristo Gesù. Ecco perché la morte di Gesù sulla croce è presa di mira e viene continuamente offuscata e sminuita, perché non appaia lo splendore di Cristo e la sua roboante vittoria. Quindi assistiamo continuamente alla messa in discussione dell’opera della croce, dei suoi benefici, dei meriti di Gesù acquisiti sul Calvario, perché dissuadere le anime da quel dettato è l’opera  più grande per l’Avversario. Perciò gettare ombre, indurre all’errore, sminuire quell’opera nel valore salvifico è compito del Nemico delle anime. E molti si accodano a questo modo di pensare, non prendendo sul serio l’invito evangelico e pacifico della Parola di Dio.

Morto per noi o per me e al mio posto?

Quando la Scrittura ci comunica che Cristo è morto per noi, non afferma una verità generica sbandierata come atto di clemenza e di misericordia indeterminata per i peccatori; no, vuole comunicare che Gesù è morto al nostro o meglio al mio posto, perché il peccato e di conseguenza la morte, riguarda me personalmente, nel senso che Gesù è morto al mio posto. E’ vero, il mio posto riguarda me solo, distintamente da altri, riesamina con giustizia la mia conversione, il mio ravvedimento, il mio perdono dei peccati da ricevere dal Signore. Perciò la morte di Cristo è una morte sostitutiva, per me, come la resurrezione spirituale è un gesto personale, consapevole e conseguente al credere, prodotto dalla fede in Cristo. Lo Spirito Santo è Colui il quale mi conferma se ho creduto in Cristo in modo giusto; se avrò parte dell’eternità con Gesù, se sarò all’appello nel giorno glorioso dello Sposo. Quindi, una conoscenza personale senza errore di valutazione, se sono nato di nuovo, d’acqua e di Spirito, come dice la Bibbia. Si, un convincimento operato dallo Spirito Santo, che mi dona una caparra (II Ep. Corinzi 5:5) il Quale ci ha dato la caparra dello Spirito, un segno indelebile per l’eternità, perché io non stia con l’animo sospeso, ma mi avvalga della Parola che conferma e nutre la fede in Dio e in Cristo. Anche il culto al Signore è un’attività consequenziale, se sono salvato per fede in Cristo, sentirò il bisogno di adorarlo personalmente, con l’insegnamento che Lui mi rivolge, nei modi e nel metodo che Lui mi rivela, tramite la sua Parola per compiere la sua volontà. E’ interessante vedere come il credente in Cristo non sia lasciato in balia di una religione, di riti elaborati da altri uomini, che vantano come accennato prima, ad autorità apostoliche di dubbia successione. Dunque per compiere la volontà divina occorre rifarsi all’autorevole e inerrante Parola di Dio. Sempre! Il capitolo cinque dell’Epistola prima ai Tessalonicesi è pieno di consigli divini per vivere una comunione proficua con il Signore, ed elenca alcune cose. Prima il testo: (I Ep. Tessalonicesi 5:16-24) Siate sempre gioiosi, non cessate mai di pregare, in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso voi. Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie, ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene, astenetevi da ogni specie di male. Or il Dio della pace vi santifichi Egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito ,l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Dunque:

  1. Siate sempre gioiosi
  2. Non cessate di pregare
  3. Rendete grazie
  4. Non spegnete lo Spirito Santo
  5. Non disprezzate le profezie
  6. Esaminate e ritenete il bene
  7. Astenetevi dal male.

Questa specie di manuale per possedere un’ essere felice e fiducioso, accompagnato dal Signore e dal suo Spirito, induce il credente a rallegrarsi di appartenere a Gesù e a pregare per le esigenze dei fratelli e delle sorelle. Persuade a meditare sulle profezie bibliche, a compiere il bene nelle scelte della vita, a ringraziare e a non essere preda del male, lo incita ad adorare Dio per il suo ineffabile dono.

Conclusione

In conclusione Paolo rivela la nostra triplice natura, la mette in confronto e in contatto con l’evento più sperato da ogni credente, cioè l’incontro nella pace con Gesù, nel giorno della sua maestosa venuta, ovvero la gloriosa speranza della vocazione cristiana. La pace di Dio è quella che santifica tutto l’essere del credente; infatti essere santi vuol dire che l’azione benefica della pace divina si sta verificando positivamente nella vita di chi crede, stimola a guardare e a scorgere spiritualmente i segni del vicino ritorno di Cristo per rapire la sua chiesa. Lo stato di irreprensibilità è garantito dal suo Spirito, che lo manifesterà nel glorioso incontro con il Re dei Re. Alleluia!

Ferruccio IEBOLE

 

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