INNALZATE IL VESSIL DELLA CROCE O DELLA CHIESA?

Tra le reminiscenze della mia infanzia, anni 50, una in particolare mi ha sempre accompagnato e mi ricorda, con la frequentazione nell’assemblea di Savona, il cantico “Innalzate il vessil della croce “, inno proposto sovente dal fratello Riccardo Simone, cui sicuramente era affezionato.

Chissà perché questo ricordo?

Recentemente ho riletto alcune lettere del diciannovesimo secolo, inviate dal servitore Giovanni Lunati di Montecastello a Teodorico Pietrocola Rossetti, relazionandolo sugli avvenimenti e sui progressi dell’Evangelo in quelle zone del Piemonte.

 Lunati è un attivo operaio: come sia venuto alla conoscenza della verità non si hanno precise notizie.

 Di sicuro vi è un suo apprendistato con Giuseppe Mensi, allora colportore, alle dipendenze della gloriosa ottocentesca Società Biblica Britannica e Forestiera, che in mezzo a persecuzioni di vario genere, derisioni, insolenze, minacce, diffondevano nei mercati, negli alberghi o in osterie la Bibbia in italiano, versione Diodati, libro vietato e sconosciuto.

Questa esperienza all’ombra del colto Mensi, forgia il giovane Lunati, tenace e volenteroso nell’approfondimento spirituale, nella preghiera, nel tener conto delle dottrine imparate, da chi aveva più esperienza della Parola.Eb.5/13

Dopo questa pratica, il nostro, è pronto per l’inserimento nel servizio a tempo pieno per consolare i nascenti gruppi, i primi nuclei di credenti, che tengono alta la Parola della Vita Fil. 2/16.

Una nuova esperienza

 Il suo impiego è a Montecastello il paese natale; nel 1867sono in sette a rompere il pane, frequentano anche alcune mogli di questi fratelli, accompagnati da qualche giovane figlio.

Le difficoltà sono molte: non ultime l’affitto del locale pagato provvidenzialmente dal Conte Piero Guicciardini e le persecuzioni dei genitori, le più penose da sopportare, oltre ad una vita di privazioni e parsimonia.

Il fratello Dionigi Magnani, allievo alessandrino di Rosstti, nel frattempo è divenuto suo cognato; sono collegati oltre a Giuseppe Mensi e Giuseppe Moiso, a Giuseppe Rava operaio di Spinetta Marengo, a Vincenzo Bellondi di Casteggio, a Enrico Jahier di Bassignana, dove sembra, stia per lasciare, per aggregarsi a William Clark ed alla nuova Chiesa Libera, in gestazione dal 1865.

Lunati visita le nuove “Stazioni”, termine usato per identificare i luoghi dove il “pari consentimento” era la regola da seguire e la “libertà di Cristo”, parola, per esprimere che senza autorità umana di pastori o anziani, come s’intende oggi, si rammemorava la morte del Signore finchè egli venga I Cor 11/26.

Inoltre s’usava “gustare che il Signore è buono” Sal. 34/8, per definire l’opera primiera dello Spirito Santo nei cuori dei neofiti.

Oltre alla genuina predicazione dell’Evangelo, l’accrescimento personale, si verifica attraverso la costante lettura e meditazione della Scrittura; rari sono i libri di edificazione e difficile è procurarseli, circola ad esempio un bel libro “Compendio di controversie”, elencazione di versetti da consultare velocemente, per controbattere in breve, le macroscopiche eresie ed errori della chiesa Romana.

Sarà Rossetti a provvederglielo.

L’opera pastorale per le chiese, fatta di visite costanti, vede  l’impegno di operai itineranti ad esempio Carlin Zanini, Mensi, Musso, Bolognini, passano a Pietragavina, Varzi e Bassignana, Novi Ligure, tra poco s’inizierà recandosi a Castelnuovo Scrivia, Guazzora, Tortona, Pietra Marazzi.

 Un nuovo trasloco

Nel 1869 Lunati sostituisce a San Marzano Oliveto, Dionigi Magnani emigrato ad Asti; nel paesino collinare vi sono più di trenta persone che rompono il pane, sovente sono oggetto di sassaiole, scherni e ingiurie.

 Un funerale è impedito dal parroco, bisogna ricorrere all’autorità comunale e guardie, dopo un lancio di pietre da parte di giovinastri aizzati dai soliti noti.

 Le sepolture sono sempre motivo di turbamento, specie quando capita che i morituri rifiutino il cosidetto olio santo, questo fa infuriare i preti, che vedono allontanarsi il loro potere sulle persone morenti e la cerimonia, con l’esclusione delle presunte benedizioni e viatici.

Lunati non s’intimorisce mai, ora in casa sua esercita la scuola domenicale e comprende come sia vitale, aprire una scuola pubblica per eliminare la piaga dell’analfabetismo; per questo organizzerà con il concorso del Conte, di Rossetti, del benefattore filantropico e fratello Giorgio Muller, corsi per i bambini.

Nel 1870 tre eventi caratterizzano l’anno, nasce l’Agape di Spinetta Marengo, si pubblica la Vedetta Cristiana, il giornale Rossettiano, e dopo le ricorrenti visite a Santo Stefano Belbo dai Gallo, a Calosso per il gruppetto, c’è il proficuo collegamento a Castino con Eugenio ed Ercolina Reggio.

 Emozionanti sono questi primi incontri, ricchi di lacrime di commozione e di fraterna comunione, sono adunanze di grande spessore che stabiliranno un rapporto privilegiato, anche quando Lunati allontanandosi, andrà ad abitare a Torino.

Castino nel cuore”, sarà una costante per il nostro intrepido testimone, non sarà certo fermato dalle estenuanti camminate invernali nel fango o nella neve, oppure sotto il cocente sole a dissuadere una visita o celebrare il funerale di qualche fratello o sorella.

Una disputa pubblica

Lunati era già stato sollecitato ad un confronto pubblico con dei missionari Romani, lo volevano tanto pubblico da tenerlo nascosto nella sacrestia, su temi da loro scelti, nel periodo da loro deciso.

Lunati oppone un netto rifiuto, non certo per codardia o per mancanza di argomenti sulla fede, sulla salvezza, sulla moralità dei costumi.

Non se ne fa niente; ma nell’agosto 1872, esattamente il giorno 28, il confronto si effettua sulla pubblica piazza di San Marzano Oliveto, su un palco improvvisato, con il concorso dell’autorità e dei paesani, con quattro missionari papisti pronti a contrastare la Verità dell’Evangelo.

Con Lunati c’è il cognato Magnani, i temi:

1) dimostrare che lo stato monastico e il celibato sono secondo le Scritture

2) dimostrare che l’attuale culto ed adorazione della chiesa Romana, sono eguali a quelli della Chiesa dei tempi degli Apostoli

Don Persoglio e don Mancini, due dei preti, sono maestri a filosofeggiare ma non conoscono la Bibbia, i dieci comandamenti, l’azione dello Spirito e ne rifiutano la pietà II Tim.3/5.

Il dibattito si svolge lungo tutto il giorno in due riprese, i nostri leggono ripetutamente passi biblici, evitando le frequenti deviazioni dei discorsi e le confusioni, ma come ben prevedibile, le testimonianze sono infruttuose per i quattro chierici, non per alcuni simpatizzanti ritrovati nelle seguenti adunanze.

Curiosità: da Ventimiglia don Persoglio qualche giorno dopo, il 19 settembre 1872, scriverà a Lunati proponendogli il ritorno nella religione dei morti, un lavoro, del denaro, scuole e convitto per le figlie.

Nonostante le ristrettezze economiche, le persecuzioni e le ricorrenti ingiurie, possiamo immaginare la ferma, educata e spirituale risposta di Lunati.

Una visione intelligente

Torno alla scuola pubblica sanmarzanese: dopo l’esperienze con le maestre, sorelle  alessandrine Bini, poi emigrate una a Roma presso il pastore metodista Conti, l’altra a Torano di Carrara, arriva dal Cremonese la maestra Fiocchini.

Convolerà a nozze con un maestro di musica tale Guido Miroglio.

La coppia dopo circa quattro anni, ritorna in incognito nel Romanesimo, sposandosi in chiesa e lucrando trecento lire dai papisti.

Scoperti sfavorevolmente nel loro segreto, debbono ammettere loro malgrado il comportamento non lineare, traparente, e l’imbarazzo profondo.

 In questo frangente anche l’assemblea locale ne risente, si frappongono due schieramenti: chi per la cacciata immediata, una maestra Romana non può insegnare in una scuola evangelica, chi per rendere comunque buona testimonianza in paese, nonostante il velenoso sotterfugio, è per  sopportare la circostanza fino alla fine dell’anno scolastico.

 Lunati, che precedentemente si era trasferito a Torino, opta per la seconda soluzione, senonchè il maestro Miroglio preso in un vortice di prepotenza e mondanità, avendo ora disponibilità finanziarie, torna spesso ubriaco dall’osteria e violento verso la povera moglie, costringendola a pulire nella casa i suoi vomiti degradanti.

La situazione precipita anche con la minaccia di adire per vie legali, verso gli Evangelici, se alla famiglia Miroglio non sarà consentito di stare, oltre il dovuto, nelle stanze adiacenti il locale di culto.

Neppure del denaro dirime la situazione incresciosa, sopportata senza far ricorso alla giustizia umana, circostanze verificatesi sovente in quei tempi bui.

 Meglio far buon viso a cattiva sorte, che impegolarsi in liti inutili, e piuttosto fidarsi del Signore e della sua fedeltà.

Sulla fine della vicenda non si sa molto, mancando le lettere per il periodo susseguente, si presume comunque che i coniugi siano poi andati via.

Un personaggio con lo stesso cognome

Un Gelasio Miroglio lo troviamo ospite per un certo periodo, in seguito a Castino, presso la famiglia Bertero, accesa nemica degli Evangelici e della Via, predicata dai classificati “radunati del pollaio”.

Il Miroglio ha un innario ed un Nuovo Testamento, ricevuti proprio a San Marzano Oliveto in circostanze inedite, che legge ad alta voce in casa Bertero; li lascerà in eredità, quando improvvisamente scomparirà, non dando più notizie di se.

Dopo un lungo silenzio, forse una ventina d’anni circa, ecco riapparire il Miroglio a Castino, in condizioni molto precarie, forse per i trascorsi disordinati della sua vita. Chi l’accoglie? I Bertero!

Cosa era successo?

L’innario e il Nuovo Testamento erano stati ritenuti libri romanisti, in quanto la signora Bertero, aveva visto alcune volte il Miroglio recarsi in chiesa papista per assistere alla messa.

 La loro lettura aveva però prodotto, apertura di mente e rinnovamento nei cuori, per cui, da tempo, i Bertero erano divenuti credenti e frequentatori dell’adunanza di Castino, in sostanza avevano innalzato il vessillo della croce.

 La riconoscenza verso l’involontario strumento di conversione, favorisce il riaccogliere amichevolmente in casa loro il Miroglio ed assisterlo con tutti i riguardi, provvedendogli vitto ed alloggio.

Una fine inaspettata

Il primo dicembre 1899, il Miroglio trapassa con un canto sulle labbra: è “ Innalzate il vessil della croce”, coronamento di una ritrovata fede nella Grazia salvifica Tito 2/11, favorita da una testimonianza vivente della famiglia Bertero.

Qualche giorno precedente la sua fine, Gelasio Miroglio aveva testimoniato la sua fede con una preghiera toccante in mezzo alla radunanza, facendo confessione pubblica dei suoi peccati e dichiarando la sua conversione.

Il tempo inclemente e lo strapazzo da sopportare, avevano impedito a Lunati di partecipare al funerale, svolto da Paolo Taliero con la partecipazione dei Bianco e dei credenti circonvicini di Santo Stefano Belbo, Calosso, Cossano.

Una storia singolare con molte congetture, forse non la stessa persona, nonostante il medesimo cognome o forse un parente; resta il fatto di quell’inno amato e cantato, come fulcro di fede viva nell’opera di Gesù Tito 3/ 4 a 7.

 Per questo, invito a rivolgere il nostro sguardo di fede verso il Signore e la sua croce, distogliendolo dalla chiesa, che con tutte le sue pastoie e dispute, assopisce le coscenze e non favorisce la comunione, recando danno alla vera testimonianza.

                                                        Ferruccio Iebole