IL DISAGIO CHE PORTA A DIO

Vi è mai capitato di sentirvi fuori posto, in contrasto con quanto sta succedendo intorno a voi e, di conseguenza, dentro di voi? È come se il mondo, la vita stessa, andasse in una direzione diversa da quella che dovrebbe o si vorrebbe. Ed ecco che allora nasce in noi un sentimento di disagio. Secondo una definizione il disagio è «un senso di pena e di molestia provato per l’incapacità di adattarsi a un ambiente, a una situazione, anche per motivi morali, o più genericamente senso d’imbarazzo» (Dizionario Treccani).

Sembra che nulla ci soddisfi appieno e che ci dovrebbe essere qualcos’altro che possa o debba riempire quel senso di vuoto e, appunto, di disagio. A volte proviamo, spesso inutilmente, a cercarlo, altre rinunciamo e ci rassegniamo all’idea che le cose debbano andare avanti così.

Lo scrittore C.S. Lewis giustamente commentava: «Se trovo in me un desiderio che nessuna esperienza in questo mondo può soddisfare, la spiegazione più probabile è che sono stato fatto per un altro mondo».

E se fosse così, se veramente fossimo “fatti per un altro mondo”?  Gesù parlò spesso di questo mondo mettendolo in relazione con un mondo diverso, un mondo altrove, una dimensione totalmente diversa da cui lui era venuto e da dove se ne tornava dopo aver compiuto l’opera per cui era stato mandato dal Padre: Egli diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo (Giovanni 8:23); Ora prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Giovanni 13:1).

Nel capitolo 17 del vangelo di Giovanni, in quella bellissima preghiera rivolta al Padre, Gesù parla a lungo di questo, del suo essere stato per un po’ in questo mondo e della sua relazione con quelli che avevano creduto in lui e che erano suoi discepoli. E anche di loro dice che, pur essendo “nel mondo” (v. 11), non sono “del mondo” (v. 14, 16). Non gli appartengono perché non sono stati fatti per essere in armonia con un mondo dominato dal “principe di questo mondo” e dal quale vuole portarli via (Giovanni 12:31-32), per farli essere con lui: Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro. (Giovanni 17:24-26).

Ecco, siamo fatti per un altro mondo, un mondo diverso dove ogni dolore, ogni disagio sparisce (Apocalisse 21:4). Ma mentre siamo ancora in questo mondo, il Signore vuole darci un senso del nostro essere qui, una posizione e un ruolo, da figli suoi amati.

Salomone, che ha provato le delusioni di un mondo che offre tanto, ma non soddisfa e lascia con un senso di disagio, di “correre dietro al vento”, ci ricorda che “Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità” (Ecclesiaste 3:11). Fino che l’eternità non entra nei nostri cuori, il senso di vuoto e di disagio continuerà. E la vita eterna comincia qui, dal momento che crediamo in Lui: Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo (Giovanni 17:3).

Il disagio di essere in un mondo diverso da quello per cui siamo stati fatti non passerà del tutto, perché questo mondo va in una direzione opposta, ma noi avremo capito quale è il nostro ruolo nel mondo mentre ci dirigiamo verso la meta a cui Dio ci ha chiamati.

Tratto dal blog “La nuova nascita”

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