NON CI PERDIAMO D’ANIMO

prima del testo dell’articolo una comunicazione:

 

Per chi lo desidera è disponibile il vol. 3 che raccoglie i nuovi articoli di Ferruccio Iebole. Il volume e la spedizione sono gratuiti e disponibile per tutti coloro che ne faranno richiesta qui, su fb, su info@lamostradellabibbia.com o 3334371113 (Corrado)

Sono disponibili ancora alcune copie del vol. 1  e vol. 2 (anch’esse gratis)

 foto vol.3

Nel corso della nostra vita arrivano momenti in cui perdersi d’animo perché toccati da sventure o da situazioni difficili, è più che normale; a volte le vie d’uscita sembrano tutte chiuse, rimane però sempre aperta una possibilità che richiede la nostra fede, indipendentemente dalla risposta che potrà essere sollecita oppure di lunga attesa. Quello certo è che appellandosi a Dio, Lui risponderà in base ai suoi criteri e ai suoi progetti. Paolo nel passo che andiamo a citare si appellava alla misericordia divina per contrastare il perdersi d’animo, così facile da vedere e realizzare quando diveniamo oggetto di scomode posizioni riguardo la vita cristiana.

 (II Ep. Corinzi 4:1) Perciò avendo noi tale ministerio in virtù della misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d’animo. Evidentemente qui si trattava del ministerio evangelico, cioè diffondere in mezzo a mille difficoltà la Parola di Dio, e queste potevano scoraggiare chiunque fosse debole nella fede, perchè si riteneva di combattere una guerra feroce contro l’errore e la superstizione, queste due virtù malefiche che avvolgono le menti degli uomini. In più vi era una lotta serrata contro l’Avversario che tendeva trappole e trabocchetti, per far desistere chi era impegnato come Paolo e i suoi seguaci nell’evangelizzare il mondo.

Una via proposta dal Tentatore per appianare le difficoltà.

(II Ep: Corinzi 4:2) Al contrario, abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia, nè  falsifichiamo la Parola di Dio, ma rendendo pubblica la Verità; raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio. E vero, atteggiarsi a comportamenti poco puliti, manovrati con astuzia, falsificando il messaggio della Bibbia, era un cammino proposto con forza dall’Avversario. Contrastare la Verità era la via della religione così cara al Tentatore e ai suoi seguaci, che tutt’ora contrastano la Verità. Il rifiuto dell’esame della Parola di Dio è propedeutico alla vita nella confusione religiosa e della morte spirituale.

 La riprovazione di Paolo per questi atteggiamenti erronei dettati dall’incredulità erano evidenti. Servire due padroni è impossibile,  si serve a uno solo. La proposta di Paolo era un esame pubblico alla luce della Verità, perché essa manifesta un messaggio di vita per l’eternità. Rifiutare l’esame pubblico cioè con più testimoni di ciò che si afferma e non confrontarsi con le Scritture, equivale a sottrarsi alla valutazione della Parola e a falsificare la Verità.

Compromessi sulla Verità non sono opportuni; l’invito è un esame tra uomini giudicanti  schietti che sappiano valutare in coscienza, la differenza tra la luce e le tenebre. Il verdetto deve essere sincero, giusto, e deve fissare la Verità. (II Ep. Corinzi 4:3) Se il nostro Vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione. Altro argomento preciso di Paolo: pare che il Vangelo non sia più il prorompente messaggio vitale per redimere i peccatori dalla loro vita sbagliata. Invece no! Il messaggio è celeste, pieno di Grazia, potente per chi crede.

Il Vangelo è inefficace per chi si ostina a rimanere nell’errore, sottoposto all’influenza di Satana, al profumo dei trenta denari, al messaggio di Verità velato per non accordarsi con Gesù la Via, la Verità e la Vita. La via della perdizione è fiammeggiante, ha un suo fascino mortifero che attenua e sbiadisce gli effetti devastatori della separazione da Dio e dal Suo Spirito, Spirito di Verità che vuole distogliere i peccatori dalla morte annunciata, con il potente Vangelo della gloria e della comunione con Dio.

 Un secondo impedimento perché il Vangelo risulti offuscato è: (II Ep. Corinzi 4:4) per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinchè non risplenda loro la luce del Vangelo della gloria di Cristo che è l’immagine di Dio, infatti gli occhi vedono, ma la mente è immersa nell’oscurità. E’ vero, la superbia della vita e dell’intelligenza umana, si priva della luce del Vangelo che illumina la gloria di Gesù. Menti accecate sono dimore di contrasti determinati contro la Verità.

Sull’opera della croce scende in modo pretestuoso un velo che oscura il grande atto d’amore del Salvatore, che morendo Lui giusto per gli ingiusti ristabiliva in Grazia, la possibilità di nuove relazioni con Dio Padre e con Lui stesso. Quindi chi resta staccato dalla Verità, tenterà di trovare mille giustificazioni per la propria posizione, magari con eccellenti argomentazioni sul piano umano, fatte di discorsi filosofici ineccepibili, ma comunque tarati dalla lontananza da Cristo Gesù e dal rifiuto di riconoscerlo Signore e unico Mediatore.

Proseguire nella Verità per altri obiettivi.

( II Ep, Corinzi 4.5) Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore; e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù. Ecco un’altra definizione paolina che ci fa scoprire la differenza tra i religiosi dell’errore e i veri credenti. I religiosi predicano loro stessi, esaltano le loro organizzazioni, vantano un prestigio tra i popoli del mondo, esaltano le loro ricchezze e le loro opere di elemosina o di filantropia, nascondono altresì i traffici economici o bancari che sovente nascondono speculazioni sporche e irripetibili.

 Predicare Cristo invece vuol dire essere schierati per la Verità, conoscerla, amarla ed essere disposti nella difficoltà a non perdersi d’animo. (II Ep. Corinzi 4:13) Siccome abbiamo lo stesso Spirito di fede, che è espresso in questa Parola della Scrittura: ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo perciò parliamo. Si, è sicuro, dall’abbondanza del cuore si parla: chi è pieno della Verità propone la Verità Biblica, perché conosce il valore della parola di Cristo, e nulla lo può far recedere dall’affermare il Vangelo della gloria. Noi non predichiamo noi stessi; è un limite invalicabile per i credenti, che sono estranei dal primeggiare sugli altri, se hanno compreso i doni di cui sono stati dotati per grazia. Paolo dice: noi siamo servi vostri, la dimensione di servi non atterra o ridimensiona il credente, che non ha mire di comando o di sopraffazione sui più deboli e i più carenti di conoscenza.

Il servizio cristiano ha mire di far conoscere l’amore di Dio rivelato nel Figlio, per questo chi abbandona l’incredulità arriva al traguardo della Verità e incontra Cristo nella Verità del Vangelo. La massima “Ho creduto perciò ho parlato” è una regola  ben precisa e coinvolge onestamente ogni discorso o ogni meditazione sulle Sacre Scritture, perché ammoniti dalle stesse, bisogna schierarsi per la Verità e non per la religione. Più volte abbiamo accennato che necessitiamo di una relazione personale con Gesù basata sulla Bibbia, perché la Parola è fonte autentica di Verità e nessuno può distogliere ciò che viene incorporato per la fede.

Se il messaggio di salvezza è compreso per la fede, la luce del Vangelo viene a illuminare il cuore e la mente del peccatore per condurlo nella libertà di Cristo. Indubbiamente l’ascolto del Vangelo provoca delle prese di posizioni che contrastano con la carne, intesa come il nostro essere abituato agli affetti mondani e peccaminosi. Distaccarsene è abbastanza complicato, ma la forza del Vangelo porta a pentimento e opera ravvedimento negli individui che ascoltano con profitto la Parola di Dio.

Il cielo e la gloria di Cristo il vero traguardo.

(II Ep. Corinzi 4:17-18)Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria. Mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne. Dunque è chiaro l’obiettivo della fede, attaccarsi a ciò che non si vede ma che fa parte delle promesse di Gesù: (II Ep. Corinzi 5:19 Abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna nei cieli.

L’idea di possedere una dimora celeste è il preludio per trascorrere del tempo infinito con il nostro Salvatore, tempo di gioia e di felicità perché celeste ed eterno. La gioia sarà l’annullamento della fatica di lodare Gesù; piuttosto sarà di compiacersi del rinnovarsi della forza per adorarlo nella completezza di un fulgido splendore. Siamo dunque rinfrancati da questa prospettiva gioiosa di essere partecipi delle benedizioni di Gesù. Questo progetto è quello annunziato dal Vangelo, che noi speriamo sia accettato e condiviso dai nostri lettori, i quali seguono queste semplici note, le quali vogliono sottolineare l’opera salvifica di Gesù in favore dei peccatori. Giunti al termine vi salutiamo tutti con stima e amicizia.

Ferruccio Iebole.

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