STORIA DEL FRATELLO ELIA SOLA

STO PER RAGGIUNGERE LA CASA CELESTE

La storia della testimonianza dell’Evangelo a Savona e della nascita dell’assemblea locale è segnata dalla testimonianza del fratello Giovanni Battista Sola. Uno dei suoi figli, formato fin da piccolo dall’ascolto dalla Parola di Dio, compì una scelta radicale che lo portò a combattere al fianco dei partigiani e a conoscere poi l’angoscia della prigionia. Fu qui che scoprì il valore della fede personale in Cristo e fece l’esperienza della nuova nascita, che lo portò ad affrontare con serenità gli ultimi giorni della sua giovane vita, stroncata, come tante purtroppo in quel periodo, in modo efferato e crudele.

La famiglia Sola: iniziatrice della testimonianza Savona
Nell’ambito di una ricerca più ampia sulla nascita e sviluppo delle assemblee liguri della riviera di ponente, mi sono imbattuto in un episodio che merita, a mio giudizio, di essere conosciuto per gli sviluppi drammatici e la tragica conclusione dal punto di vista umano, ma consolante nell’epilogo spirituale.
Si tratta della breve vita del fratello Elia Sola nato a Savona il 26. settembre 1927, figlio del ben noto e stimato fratello Giovanni Battista Sola, nato ad Incisa Belbo (ora Scapaccino, Asti), sposato con Margherita Ferraro detta “Annunziata” di Rivalta Bormida (AL), “fondatore” e anziano per lunghi anni dell’assemblea di Savona, dove esercitò un benedetto ministerio allargando il suo raggio d’azione anche nel basso Piemonte e nella Liguria.
Il fratello Sola ebbe sette figli: Mario, Davide, Oreste, Daniele, Ester, Emanuele ed Elia. L’adolescenza di quest’ultimo fu caratterizzata da una intensa attività che normalmente si riscontrava nelle famiglie degli evangelici: dirittura morale, disciplina, scuola domenicale, partecipazione costante al culto e a tutte le riunioni dell’assemblea.
La casa Sola in via Alessandria a Savona era sempre aperta ai vari servitori di passaggio, luogo di consigli fraterni, ricovero per giovani credenti.
Elia era uno spirito dolce ma vivace, un po’ “birba” per usare una forma dialettale, che lo portò all’età di quindici anni, alterando i dati anagrafici, dato che dimostrava di più della sua età, a frequentare una palestra di pugilato diventando campione ligure.

“Non uccidere” (Esodo 20:13)
 Nel giugno 1944, all’età di sedici anni fece una scelta che doveva cambiare la sua vita, l’adesione al movimento partigiano nelle formazioni comuniste delle “Stelle Rosse”, dove raggiunse in montagna suo fratello Emanuele da sempre compagno di giochi e di avventure.
Emanuele però ritornò quasi subito a Savona per sposarsi, mentre Elia rimase ed iniziò la sua dura vita da partigiano.
Intorno al mese di ottobre, lasciò le formazioni comuniste (la II Cascione) per passare ai Badogliani e aggregarsi a degli ufficiali inglesi ed australiani che predisponevano i lanci alleati di aiuti, viveri, indumenti, armi, sulla Langa cuneese.
Non si sa ancora bene perché passò a queste formazioni, se per fame o perché quegli inglesi erano “protestanti“, sta di fatto che dopo aver evitato un massiccio rastrellamento nazifascista, nei primi giorni del mese di dicembre 1944 venne arrestato il 29 dicembre 1944 a Frabosa Soprana (CN).

L’inascoltato ammonimento paterno (“il Signore dice di non uccidere, è una scelta sbagliata”) si rivelò, ora, nella prigione di Mondovì (CN) umida e fredda, con i pidocchi a martoriare il corpo, lo spettro della fucilazione nonostante la giovanissima età, come l’inizio di un tempo di sofferenza e di paura.

In prigione: un cammino di sofferenza, ma di nuova vita
 Sottoposto a stringenti interrogatori e minacce non rivelò nulla del movimento partigiano, ma già in questo episodio la mano del Signore lo risparmiò dalle sevizie e torture: ciò lo sappiamo da un piccolo diario che Elia tenne aggiornato specie i primi giorni di prigionia, per poi concluderlo l’ultimo giorno della sua vita.
È interessante vedere come in circa due mesi il Signore lo condusse a “nascere di nuovo”, alla conversione, alla salvezza e alla certezza della vita eterna.
Infatti dai primi giorni di prigionia apprendiamo come il suo cuore era ancora pieno di attività lecite ma umane, pensava con nostalgia alla sua città, Savona, come la più bella del mondo, cantava le canzoni partigiane imparate in montagna, leggeva libri d’avventura per distogliere la mente dallo spettro della morte per fucilazione, anche perché vedeva ogni giorno assottigliarsi il numero dei compagni reclusi con lui e fatti sparire con destinazione ignota.
Un primo passo verso la fede fu quando un prete cattolico lo andò a trovare per confessarlo e regalargli delle immaginette: Elia racconta che gli “batteva forte il cuore“, ma in quel frangente l’identità formata alla scuola domenicale e l’insegnamento biblico a dire sempre la verità, lo indussero a confessare candidamente di essere un evangelico.

La visita del fratello e la lettera del padre
 In carcere a Mondovì (CN) fu visitato dal fratello maggiore Mario che gli fece pervenire una Bibbia o un Nuovo Testamento, lo si deduce da una lettera veramente spirituale che il padre gli inviò, lettera di incoraggiamento e di sollecitazione a confidare nel Signore e a leggere la Scrittura. Ecco il testo:

7 febbraio 1945

      Caro figliolo Elia,
abbiamo a suo tempo avuto tue gradite notizie sentiamo con piacere che sei in buona salute pure noi grazie al Signore tutto bene. Cornelia
 (Cornelia era la cognata, N.d.A.) ha dato alla luce di questo povero mondo una bella bambina, ma il Signore la prese a sé dopo ventidue giorni, il Signore ha dato, il Signore ha tolto e benedetto sia il Suo santo Nome. La Cornelia è un poco inconsolabile per questa dipartenza ma il Signore può dargli il balsamo celeste per lenire il suo dolore. Di fronte a certe prove non c’è nulla da fare ma rassegnarsi al volere del Signore: Lui è il solo savio e ha preparato una Patria migliore per quelli che credono in Lui e accettano il Suo Figliuolo quale loro personale Salvatore e in quella il Signore asciugherà ogni lacrima dagli occhi nostri e la morte non ci sarà più e nemmeno i tormenti che ci sono in questa terra, là ci sarà giustizia e amore. Ti mandiamo gli scarponi con calze e un po’ di tabacco (Questa riga è cancellata da una riga, N.d.A.).
Confida nel Signore perché i giorni che attraversiamo sono tristi. Lui solo ci può rendere sufficienti per poter superare questo tempo di calamità. Leggi la Sua Parola essa è sempre una buona consigliera per noi perché ci addita il Signore come Padre e anche come nostro rifugio sicuro nelle nostre difficoltà e distrette. Noi preghiamo continuamente per te perché ti sia luce e consiglio e ti guardi da ogni male e apra la tua mente e il tuo cuore per ricevere nel tuo cuore il Signore Gesù quale tuo personale Salvatore. Altro ti salutiamo caramente da parte di tutti, fratelli, cognate con un bacio dai nipotini e con gli auguri di ogni benedizioni da parte del Signore con un abbraccio poi affezionatissimi babbo, mamma e famiglia.
 
Caro figliolo Elia ti mando queste poche righe per dirti che abbiamo ricevute le tue gradite notizie e sentiamo con piacere che sei in buona salute, pure noi grazie al Signore tutto bene, meno io che sento sempre della mia sofferenza solita, ma al presente sto abbastanza bene. Mi raccomando di confidare nel Signore e di essere ubbidiente in Lui e a non disperare affinché tu possa un giorno credo non tanto lontano ritornare fra noi, sano e salvo da ogni male, metti il tuo peso e la tua ansietà nel Signore ed Egli farà ciò che bisogna. Saluti cari e affettuosi e auguri di ogni vero bene dal Signore.

Tuoi affettuosi babbo e mamma.

Saluti dai tuoi fratelli e cognate, un bacio dai nipotini e uno da noi tutti.
 

Una svolta improvvisa e drammatica
 Dalla pubblicazione de “Il Cristiano” del Luglio/Agosto 1945 pag.4 apprendiamo che Elia fu trasferito da Mondovì a Ceva (CN), dove alla fine del febbraio 1945 fu visitato dalla madre e cognata, giusto un giorno prima di un nuovo trasferimento nel paese di Carrù (CN) in vista di uno scambio concordato di prigionieri fascisti/partigiani.

Lo scambio avvenne il 1° marzo ma Elia ed altri suoi compagni di sventura furono depennati dalla lista e rimasero così ancora prigionieri nel nuovo carcere. Se non che il giorno 4 Marzo 1945 alla Pedaggera (CN) vi fu un attentato con quattro morti e il ferimento del Comandante fascista dei Cacciatori degli Appennini: fulminea fu la rappresaglia, dieci partigiani di quelli reclusi furono uccisi, tre a Mondovì il 5 marzo 1945, sette a Carrù, alle ventidue del giorno dopo, cioè il 6 marzo 1945. La sorte fu amara con Elia, decimo nome sorteggiato fra i prigionieri.

Ecco le parole del suo diario che testimoniano il coronamento del percorso spirituale che il Signore lo aveva condotto a fare in quei giorni:

Carissimi genitori,
la mia situazione è cambiata in poche ore, sto per raggiungere la Casa celeste, ho pregato il Signore perché mi pigliasse con Lui, fatevi coraggio, perdonatemi di tutto quello che ho fatto, il Signore mi ha già perdonato, non piangete.

Vi abbraccio e vi bacio vostro figlio

Elia

Ricorderò sempre come sempre mi ricordo delle altre nipotine e ditegli anche che si faccia coraggio. Salutatemi tanto tutti e fate tanti grossi bacioni alle nipotine e ricevete i più cari saluti dal vostro figlio Elia.
Spero che il babbo sia migliorato.

Tre riflessioni per concludere
 
“E mi mostrò la santa città Gerusalemme, discesa dal cielo”
 (Ap 21:10)
• Prima riflessione.
Dal diario di Elia: “sto per raggiungere la casa celeste…”. Sono parole parole, queste, che dimostrano la sua fede nel Signore (Eb11:16 – “ma ora ne desiderano una migliore, una celeste…”).
Mi è giunta una testimonianza sotto forma di dialogo tra Elia ed un suo carnefice riportatami da testimoni: una testimonianza breve, ma che dimostra come, davanti a Dio, i due uomini si trovassero su versanti diametralmente opposti:
Elia: Questa sera sarò alla presenza di Dio nella casa del Padre 
Carnefice: Questa sera ti mando all’inferno.
 
• Seconda riflessione.

“Nessuno li rapirà dalla mia mano…” (Gv 10:28).
Dal diario di Elia: “Ho pregato il Signore che mi pigliasse con Lui…”
 La comunione con Dio tanto sollecitata nella lettera scritta dal suo babbo è diventata per Elia una certezza.
“Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra e della morte, io non temerei male alcuno perché Tu sei con me” (Sl 23:4).

• Terza riflessione.

“Egli vi ha vivificati con Lui perdonandovi tutti i peccati…” (Cl 2:13)
Dal diario di Elia: “Il Signore mi ha già perdonato…”: queste parole confermano non un appello generico ad un Dio lontano che usi bontà e misericordia, parole riscontrate in lettere di altri condannati ma una profonda conoscenza di Gesù come proprio personale Salvatore, una fiducia completa nell’opera redentrice di Gesù basata sull’autorità della Bibbia, la Parola di Dio ed una evidente testimonianza della relazione di fede con il Salvatore.
La storia di Elia Sola volge al termine con la morte fisica avvenuta il 6 marzo1945 a Carrù “per dare un esempio”, i sette partigiani furono eliminati con la messa in scena di un macabro corteo, due furono uccisi fra il Municipio ed una “chiesa”, due in una piazza poco distante, tre all’angolo di una via, i loro corpi giacquero tutta la notte ed il giorno dopo, triste spettacolo per i bambini che andavano a scuola, ribrezzo per gli adulti, sofferenza atroce per suo fratello Mario giunto ignaro a Carrù quella mattina stessa, preoccupato dal ritardo della liberazione già concordata, che raccolse le povere spoglie di Elia già indurite, crivellate di colpi, giacenti ancora sul selciato innevato.

“…affinché chiunque crede non perisca ma abbia vita eterna” (Gv 3:16).

La storia è terminata, non la testimonianza.
Il 26 maggio 1945 il feretro di Elia giunse a Savona insieme ai feretri di altri ventitre partigiani uccisi. Le loro salme furono portate a Savona per celebrare un imponente funerale civile e religioso: fu un’occasione pubblica per testimoniare alle Autorità cittadine e ad una grandissima folla di savonesi,l’amore di Gesù e il suo Evangelo salvifico.
Il fratello Vincenzo Iebole, il padre Giovanni Battista Sola ed il fratello Ernesto Bartoli parlarono con unzione di Spirito in una solenne atmosfera.

“Getta il tuo pane sulle acque perché dopo molto tempo tu lo ritroverai”
 (Ec 11:1).
Il rinverdire di questa storia, soprattutto il percorso spirituale di Elia, le parole, le esortazioni del papà a confidare nel Signore, possano essere ancora un incoraggiamento a mettersi all’ascolto della voce di Dio che ci chiama con amore e possano far riemergere specialmente per gli amici e per i parenti, nipoti e pronipoti, il messaggio del Vangelo da molto tempo sopito nei cuori.
La storia di Elia ci ricorda che, come nella parabola del figliol prodigo, Dio il Padre è sempre pronto ad accoglierci a braccia aperte, vigile ad ogni nostro passo di ritorno verso Lui, nella fede.

Iebole Ferruccio