UN GRAN GRIDO
prima del testo dell’articolo una comunicazione:
Nell’evento della morte di Gesù, balzano all’occhio della fede, sostanzialmente tre situazioni di contorno agli ultimi istanti della vita del Redentore molto significativi, per apprezzare una volta di più ciò che gli Evangeli con lucida cronaca ci raccontano, perché la fede biblica non sia evanescente, ma solida e confermata dalla Parola di Dio, in modo di essere fondati su parole divine e non su interpretazioni umane e scivolose.
Al culmine del martirio
Il cammino affaticante verso la croce era stato percorso, l’aiuto propizio di Simone il Cireneo era arrivato e il sollievo al corpo martoriato, tumefatto e infiammato del Signore, era risultato propizio per affrontare gli ultimi passi verso il Calvario. Il Sofferente non era morto di stenti come ideato dall’Avversario, sotto il peso stressante della croce, ma lo spargimento del sangue in vista del perdono si poteva compiere. La crocifissione aveva effetto, i chiodi ferivano e laceravano le carni del Signore in quel massacrante evento, di difficile sopportazione sicuramente per i lamenti e le grida di dolore, comprovanti l’orrore di essere squarciati negli arti, dopo una sofferenza estenuante, sopportata con devota ubbidienza fino alla fine. Il martirio assumeva gli ultimi eloquenti quadri, quando la croce veniva issata in piedi e gli arti sofferenti del Salvatore erano sottoposti a ulteriori scossoni e sollecitazioni.
Il tempo penoso si accorciava fino all’esalazione dell’ultimo respiro, quando Gesù emetteva un gran grido e moriva. È vero, moriva con il grido di vittoria contro gli innumerevoli nemici, spirava con il ruggito della tribù di Giuda e con il trionfo regale di Davide. Di contorno a questo fatto, nel medesimo momento a una lunga distanza, cioè nel tempio, succedeva una stranezza molto eloquente e anticipatrice di una futura possibilità e di una investitura, non ancora percepita e spiegata nella completezza ai credenti.
La cortina che separava il luogo santo dal santissimo si squarciava da cima a fondo, facendo apparire gli arredi che nessuno poteva vedere per la presenza dello Spirito di Dio, e a Esso riservata senza la contaminazione di uomo. La terza situazione raccontata dall’evangelista Marco, era che ai piedi della croce un centurione romano vedendo Gesù morire, in quel modo, ne restava scioccato. I passi in questione sono questi (Marco 15:37-39) “Gesù, emesso un gran grido, rese lo spirito. E la cortina del tempio si squarciò in due, da cima in fondo. E il centurione che era li presente di fronte a Gesù, avendolo visto spirare in quel modo, disse: Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”.
Una lotta silenziosa preconizzata e realizzata
Le forze coalizzate delle tenebre da tempo avevano orchestrato il contorno alla morte del Salvatore; Gesù era consapevole di ogni passo che doveva compiere perché il sopravvento della morte avesse luogo, e si era rassegnato con convinzione a compiere la volontà del Padre, non a subire senza contrasto la lotta immane cui era sottoposto perché l’intento dell’avversario, come detto, era di sfinirlo prima della crocifissione cioè morte lenta per asfissia. La cognizione di Gesù sul tempo era raffigurata dall’invocazione: (Giovanni 18:11) “Non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?” Una seconda frase che accentuava la sua consapevolezza sul percorso era (Giovanni 8:21) “Dove vado Io, voi non potete venire”. Infine (Giovanni 14:30) “Perché viene il principe di questo mondo. Egli non può nulla contro di Me”, per significare il contrasto spigoloso cui sarebbe stato esposto il suo corpo e l’anima sua.
Dunque quel calice rappresentava e racchiudeva la volontà dolorosa del Padre preparata per il Figlio, e l’ubbidienza volenterosa di Gesù nel sottoporsi alla sofferenza, per raggiungere il traguardo della salvezza per gli uomini credenti in Lui. Il luogo dove andava e poteva accedervi Lui solo, era quello del tormento, della spossatezza, della rinuncia alle sue prerogative di Creatore, che si sottoponeva alla morte fisica del corpo preso come schema. Perciò, una via unica riservata a Lui solo, che si dimensionava anche la sua discesa agli inferi o allo Sheol, a salire in cielo con le anime liberate e il frutto della Grazia da spandere sul mondo, dopo l’offerta del suo purissimo sangue per la redenzione. Poi vi era l’agonia, intesa come lotta vittoriosa sul mondo, sulla morte e sul peccato, sulle forze diaboliche avverse al disegno di redenzione immaginato nell’eternità, via percorsa solamente da Lui.
A questo riguardo l’Apostolo Paolo soggiungeva alcuni preziosi concetti quando era di fronte al re Agrippa e parlava di Gesù e del ministerio affidatogli; (Atti 26:22-23) “senza dir nulla al di fuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto che doveva avvenire, cioè: che il Cristo avrebbe sofferto, e che Egli, il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle nazioni”. In questa situazione Paolo rivendicava con forza, come lui non avesse aggiunto nulla alle Sacre Lettere, alla loro giusta lettura se non utilizzando l’intelligenza spirituale donata dallo Spirito Santo, senza la quale la Bibbia rimane chiusa e non intelligibile per conseguire la salvezza in Cristo. Dunque, Paolo affermava che il Cristo cioè il Messia, atteso dagli ebrei era identificabile senza errore di sorta in Gesù, configurato dalla visione di Sofferente, per via dei patimenti e della crocifissione. Tutto ciò per Paolo era riconducibile all’autorità della Bibbia, senza che lui la manipolasse nell’interpretazione, perché i passi citati erano scritti in quel modo e annunziavano così. In secondo luogo Gesù avrebbe dimostrato di essere il Cristo in quanto risuscitato per primo, non per resurrezione, infatti altri erano già risuscitati ma poi morti nuovamente; ma primo per risurrezione senza dover sottostare ancora alla morte e ai suoi poteri, quindi possessore di una vita indistruttibile e eterna: (1 Timoteo 6:16) ”il solo che possiede l’immortalità”. In seguito era Cristo, anche per la terza opzione in quanto diffusore di Luce spirituale adatta a capire il testo biblico e donatore dello Spirito Santo. (1 Timoteo 6:16)” E che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere”.È vero, solo il riflesso di quella luce ci è sufficiente per accedere alle benedizioni visive e spirituali e a comunicarle ad altri. Orbene questa è l’opera di Gesù in favore del popolo e delle nazioni.
I fruitori di quella luce
(Atti 26:17-18) “Io ti mando per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in Me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati”. Vi possono essere parole più chiare di queste? No! Ma occorre accettarle per la fede. Il ragionamento è semplice, lineare, opportuno, per conoscere in profondità l’opera di Gesù. Prima di tutto all’uomo occorre la luce spirituale dell’Evangelo per innamorarsi delle parole che parlano di Gesù e dell’opera sua. La chiarezza di questa luce corrisponde a (Colossesi 1:13) “Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio”.
Dunque, una situazione di Grazia, di protezione e di favore, elargita da Dio Padre stesso, messa a disposizione di chi si appresta ad essere illuminato dal Vangelo, a convertirsi (1 Tessalonicesi 1:9) “come vi siete convertiti dagli idoli a Dio… vivente e vero”, infine a trasferirsi dal potere, dall’influenza, dal dimorare nei legami di Satana, alle mani preziose di Dio. (Efesini 5:14) “Per questo è detto: Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di Luce”. Quale esperienza benedetta è quella di essere risvegliati e risorti da Cristo e con Cristo e ricevere gratuitamente il perdono dei peccati. Lo spauracchio di non essere mai meritevoli del perdono dei peccati, (e su questa sensazione i religiosi agiscono e vegetano), viene annullata dall’annunzio di Grazia del Cristo, il quale afferma tramite Paolo, che i credenti per la fede ricevono il perdono totale e gratuito dei peccati e a conferma di ciò, l’eredità celeste tra i santificati. Quale Grazia immeritata! Solo l’amore di Cristo per la creatura perduta, ha compiuto la redenzione e l’eredità gloriosa e celeste.
Le due cortine
La prima cortina come visto era quella nel Tempio a Gerusalemme, dice Luca: (Luca 23:44-45) “Era circa l’ora sesta, e si fecero tenebre su tutto il paese fino all’ora nona; il sole si oscurò e la cortina del tempio si squarciò nel mezzo”. Il buio impediva la vista dello strappo, dello squarcio prodotto nello stesso identico tempo della morte di Cristo. Per quale motivo si era prodotto questo squarcio? Un gesto malsano, sconsiderato, sacrilego, fatto da qualche esaltato? Chi l’aveva visto per primo e quale impressione aveva suscitato? Ancora, perché proprio quel telo e non altri presenti nel tempio? Dunque, quale significato dare a tale evento? Bisogna leggere in (Ebrei 10:20) “Per quella via nuova e vivente che Egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne”.
Orbene, abbiamo capito che la carne di Cristo Gesù equivale a una cortina, a quella cortina del tempio, esposta al popolo dei sacerdoti e vista squarciata dopo il buio, perché come il corpo di Gesù era rotto, squarciato, ferito in più punti, così il velo era reso inservibile nel suo primario compito cioè di isolare i peccatori dalla presenza di Dio. Quegli arredi, durante la morte di Cristo erano ormai inservibili in quanto contaminati dalla presenza di uomini usciti dal buio, per accedere a una a nuova visione che il velo dichiarava, cioè che una nuova via era inaugurata, non in mezzo a territori mondani ma nel cielo stesso, quindi con funzioni migliori e in presenza di Dio Padre.
L’accesso al cielo era determinato dalla morte di Cristo, dall’altra cortina, vale a dire il Suo innocente corpo e il Suo integro sangue, propedeutico ad accordare il perdono dei peccati a tutti i peccatori ravveduti e a inaugurare il libero accesso a Dio, mediante l’unico Mediatore cioè Gesù Cristo. Una nuova schiera di sacerdoti sacrificatori di offerte spirituali, avrebbero avuto accoglienza e ricevimento dell’adorazione, del ringraziamento e della lode, recapitata e presentata nel nome glorioso del Figlio di Dio, l’Emanuele ovvero Dio con noi e delle sue mani forate. (Ebrei 10:19) “Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo”.
L’impedimento era stato tolto di mezzo, nel preciso momento della morte al Calvario; nel momento del grido vittorioso, nel compimento della presa dello scettro da parte di Gesù come il re di ogni cosa che respira, in cielo e in terra.
(Ebrei 10:23-25) “Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è Colui che ha fatto la le promesse. Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza”. Si, chi crede nella nuova cortina e nella via vivente è adatto a esercitare il ruolo di sacerdote di Dio, in virtù della grazia e dell’adozione ricevuta da Gesù. È utile ricordare ciò che Gesù ha compiuto per noi, e le sue concrete esortazioni per crescere nella fede e rinnovarla:
- La confessione del Suo Nome e dell’opera Sua,
- La speranza celeste del Suo ritorno,
- Le grandissime promesse per l’eternità,
- L’amore reciproco insegnato da Lui e rivolto agli altri,
- Le buone opere preparate da Lui a conferma della fede,
- Non abbandonare la propria assemblea come segno di buona opera,
- Tenere sveglia l’attenzione del giorno di Cristo cioè della resurrezione.
Il Grande Sacerdote
Gesù è anche il nostro modello di Grande Sacerdote, infatti la Bibbia ci riferisce (Ebrei 10:21-22) “Avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura”. Qual’ è l’insegnamento in questi passi? È l’equivalente di (Romani 6:13) “E non prestate le vostre membra al peccato, come strumenti d’iniquità; ma presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio”. Paolo assicura i credenti che vogliono rendere un culto a Dio, che sopra la casa di Dio esiste un Sommo Sacerdote grande e fedele nel servizio divino. Ad Esso, si accede con la consapevolezza di essere ricevuti in grazia, perché morti fatti viventi, in virtù del percorso fatto nella via vivente e vera che è il Suo sangue, sparso davanti a noi adoratori.
Come eravamo morti, ce lo ricorda il corpo lavato con acqua pura, nel modo che succedeva nell’antichità ai deceduti, il quale ci rammenta il battesimo con Cristo, cioè la nostra unità con Lui nella crocifissione, e il cuore avvolto nella sincerità di una coscienza, che testimonia ancora la nostra unità nella comunione con Lui attraverso la fede. Siccome chi adora il Signore, mediante lo Spirito Santo, compie una confessione pubblica, dicendo il mio corpo morto è fatto vivente assieme al mio spirito, per questo adoro ed esercito comunione con il Salvatore, il Sommo Sacerdote, e con tutti quelli che di pari consentimento approvano questo cammino di fede come me.
Riflessione su vedere quel modo di spirare
Certamente aver visto spirare Gesù non doveva essere stato un passaggio inconcludente per uno come il centurione, che forse ne aveva visti altri rendere lo spirito. Non doveva essere la curiosità o la compassione umana a ispirare lo sguardo, piuttosto tutta la vicenda della crocifissione vissuta in prima persona, che aveva avvolto misteriosamente con le fasi dolorose, la coscienza del capo militare romano. La fede nasce a volte in fretta; come nel caso del ladrone anche qui con il centurione meravigliato. Ben al di là della commozione provata verso un Innocente, si innestava un meccanismo generato dalla Grazia divina e sfociato nella confessione di fede più che ortodossa e completa. È vero, arrivare alla conclusione che Gesù è il Figlio di Dio per il modo in cui muore, senza quella luce evangelica, cui si faceva riferimento in precedenza, non sarebbe stato possibile. Allora perché il centurione faceva tale affermazione? Paolo davanti ad Agrippa sintetizzava: (Atti 26:20) “Ho predicato che si ravvedano e si convertano a Dio, facendo opere degne di ravvedimento”. Sì, il centurione ha colto l’invito al ravvedimento e conversione rivoltogli in silenzio da Gesù, forse fatto di soli guardi. Non vi sono particolari che raccontino questa attrazione, c’è solo il risultato colto nelle parole: “veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”, cioè l’opera degna. Non c’è dubbio: una simile analisi deriva solo dalla conversione e dalla rivelazione della persona dello Spirito Santo, che rivela la Divinità del Messia e così viene confessato senza indugi di sorta.
Occorre certificare che non è l’uomo o una lettura impropria della Bibbia, che convincerà l’uomo a credere nella divinità di Gesù, ma solamente lo Spirito Santo nel suo compito di convincimento, verso un’anima sincera, che ha sete d’acqua di vita e luce dell’eternità, da ricercare nella sola Parola di Dio e non a fonti alternative come elaborazioni, sunti o fantasticherie umane. A noi serve piuttosto (Romani 6:5-7, 11) “Perché se siamo stati totalmente uniti a Lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla Sua. Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con Lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più il peccato; Infatti colui che è morto è libero dal peccato… Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi in Dio, in Cristo Gesù”.
L’esortazione a capire si fa ardua, ma allo stesso momento chiara; la Scrittura ci dice che i peccatori i quali credono in Gesù sono uniti a Lui nella sua crocifissione, quindi per la fede uniti indissolubilmente a Lui, come un francobollo che accompagna una lettera all’indirizzo scritto. Ecco perché l’Avversario, Satana, si opponeva con tutte la sue risorse per stremare il corpo di Cristo e a complottare per non far spargere il sangue. Perché la Bibbia afferma: (Ebrei 9:22) “e senza spargimento di sangue non c’è perdono”.
Quindi il disegno fallito per la determinazione di Cristo nella prova della crocifissione, chiusa e finita con il gran grido vittorioso in croce, metteva fine al dominio diabolico di morte sui peccatori. Ora il corpo del peccato non c’è più, esiste solo il ricordo di quel dominio malefico. Oggi splendidamente e ampiamente c’è il ricordo dell’unità con Cristo, della sua giustizia e della sua Grazia verso il peccatore, morto è vero, però fatto vivente con l’opera del Messia. Ecco perché alla resurrezione dei corpi, non esisteranno più i corpi dei peccati e delle umiliazioni, sono dei corpi spariti; i dati somatici si riconosceranno solo nel nuovo corpo voluto da Cristo e sarà simile al suo, con le sue facoltà adatto ad adorare con perfezione. Dunque è bene ricordare la sequenza che scrive Paolo:
- Uniti totalmente con Cristo nella morte,
- Uniti con Lui nella resurrezione,
- Il corpo del vecchio uomo crocifisso con Cristo, sepolto,
- Sapendo di essere morti con Lui, sapendo che siamo liberi dal peccato e dalla morte condannati nel corpo,
- Sapendo che vivremo con Lui,
- Il suo morire fu una volta; ora la sua vita è un vivere a Dio, cioè garanzia di vita per tutti,
- Siamo sotto la Grazia, non più sotto la legge.
Costatate queste situazioni vittoriose, dovute per la lotta immane di Cristo, possiamo appropriarcene, esaltando la persona amata del Redentore, glorioso in cielo, che accredita al Padre le sue mani forate e il suo costato ferito a garanzia della vita dei credenti.
Conclusione
È vero, una salvezza così grandiosa poteva solamente essere immaginata e sorretta dalla forza morale di Gesù Cristo, che amò i suoi fino alla fine. Paolo pensando alla crocifissione dirà in (Filippesi 2:8) “Umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce”. Perciò resta incomprensibile come di fronte a tale meraviglia salvifica, gli uomini restino apatici e schivi di tanto amore; noi per i nostri lettori auspichiamo invece che si impegnino nella riconoscenza e nell’adorazione a Cristo Gesù il Salvatore.
Signor, t’adoriamo – Tu fosti l’Ucciso,
Tu vivi per sempre – Sul trono in ciel
Signor t’adoriamo -Tu ci hai comprati
E siamo salvati – Sia laude all’Agnel
E siamo salvati – Sia laude all’Agnel
O Dio confessiamo – La tua grandezza,
Son tutte le cose – Per Te e da Te,
Che ricca bontade – Che grande salvezza!
Gioiosi cantiamo – Sia laude all’Agnel
Gioiosi cantiamo – Sia laude all’Agnel
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