SEGUIMI
Un ordine così perentorio poteva mettere a disagio qualsiasi persona, infatti chi era colui il quale poteva dire a uno sconosciuto, con un mestiere in vista anche se non amato, di mollare ogni cosa, posizione e lignaggio sociale, seguire Gesù, che come personaggio certamente per semplicità di comportamento non attirava nessuno. Eppure in quella voce c’era qualcosa di intrigante che Levi voleva scoprire. Forse il brusio di stupore che aveva accompagnato la guarigione del paralitico e le affermazioni (Ev. Luca 5:26) Oggi abbiamo visto cose straordinarie, avevano accompagnato il passaggio di Gesù, davanti al banco delle imposte di Levi.
La chiamata non ammetteva tentennamenti: o si o no! Probabilmente il fascino amoroso del Salvatore era così intenso e coinvolgente, il quale era sufficiente a far sì che lasciare il banco, i soldi, il rispetto dei contribuenti fatto di lodi e di riverenze fosse un rapporto totalizzante e molto soddisfacente più di ogni cosa. Le vocazioni sono così, non c’è tempo per speculazioni o conti di convenienza. Delle prime ore dove Levi segue Gesù non ci viene raccontato nulla, di solito sono le ore delle domande o dell’abbandono, della fiducia e delle risposte ai segreti degli uomini. Il silenzio sul percorso non esclude dì immaginare un dialogo vivo e appagante, poi Levi voleva dare risalto alla scelta fatta con un banchetto grandioso e ricco, che dimostrasse ai suoi amici un cambiamento di vita avvenuto e in corso.
Una casa piena di pubblicani
Molte volte quando Gesù irrompeva nella vita di una persona, questa per riconoscenza lo invitava in casa; aprire le porte della propria abitazione era un segno di gratitudine e di ringraziamento. Lo stesso avviene per Levi, quelle prime ore trascorse con il Salvatore facevano maturare il progetto di allestire un grande pranzo, per riceverlo con gli onori che conosceva, cioè quello di invitare assieme all’ospite principale una gran folla di pubblicani. Qualcuno non era contento, c’è sempre chi critica e sparge zizzania, dicendo che non sta bene un simile comportamento, cioè quello di pasteggiare con i pubblicani e i peccatori. Indubbiamente qualcuno degli invitati voleva vedere il comportamento di Gesù difronte a tale abbondanza di vivande, evidentemente era rimasto deluso dal moderato e irreprensibile comportamento del Signore.
Sebbene per Levi quella ricca cena era vista come un atto dovuto all’intensità di quell’incontro, che voleva dire disponibilità a ulteriori servizi per il Salvatore, pensava che la scelta di seguire Gesù potesse attirare approvazione e interesse il quelli che erano i suoi compagni di cordata e di lignaggio. Invece non viene detto nulla, perché come sovente succede, i nostri amici a cui vorremmo comunicare la bellezza dell’incontro con Gesù, non sono interessati. Noi diamo una lettura positiva dei nostri amici, ma essi hanno altre mire che quella della fede. Alla fine del banchetto Gesù rispose ai titubanti e ai perplessi dicendo: (Ev. Luca 5:32) Io non sono venuto a chiamare dei giusti ma dei peccatori a ravvedimento. Ecco spiegato il tempo trascorso da Levi con il Signore, vi era stato il ravvedimento e la gioia di Levi che si materializzava in quel convivio. Le parole del Signore erano speciali, ponevano il termine di udire la sua chiamata, che poteva essere un imperativo o un invito, ma l’importante era udire e distinguere la sua voce nell’appello.
Un confronto tra discepoli
La giornata del banchetto nella dimora di Levi non terminava come il padrone di casa aveva immaginato; i contestatori avevano spazio e i fragili argomenti non li nascondevano. La comparazione non era su quello che Gesù aveva insegnato o ragionato o sulla sua persona, ma le confutazioni erano rivolte ai suoi discepoli, che forse per una volta si erano tolti la fame, e il merito del contendere consisteva che i discepoli di Giovanni Battista erano riconosciuti per il digiuno. Gli uomini hanno dei curiosi atteggiamenti per giudicare la santità del comportamento delle persone, il digiuno pare a molti che sia qualcosa la quale santifichi la vita di chi crede. Non è così e sovente viene imposto a certe comunità per cattiva conoscenza della Bibbia.
Il digiuno è deleterio quando la Parola di Dio non è capita e quando essa non viene seminata nel cuore o trascurata nella lettura e genera una carenza di cibo spirituale per il credente svogliato o disattento. I discepoli di Gesù sono protetti dal Signore anche se mangiano, sono con lo Sposo, come potrebbero non fare festa? Il digiuno? Vi sarà in seguito un tempo di digiuno (v. 35) Ma verranno giorni in cui lo sposo sarà loro tolto allora in quei giorni digiuneranno. E’ vero, i discepoli digiuneranno perché la voce di Gesù si affievolirà per qualche tempo, il tempo della croce, innescando una mancanza di insegnamenti prontamente ripresi nei quaranta giorni dopo la resurrezione. Chi confrontava i discepoli di Giovanni con quelli di Gesù, siamo certi per il trattamento ricevuto dal profeta, non credeva assolutamente al messaggio dei discepoli del Battista, era solo un appiglio per disprezzare le persone che stavano con Gesù.
Ancora una parabola
Il Salvatore poteva interrompere li la franca difesa dei suoi, aveva ampiamente argomentato con congrue prove e ragioni la presenza dei discepoli e il loro atteggiamento, ma ancora faceva due esempi del vestito nuovo che non conviene strapparlo per mettere una toppa al vestito vecchio e lo stesso non è saggio mettere vino nuovo in otri vecchi, per il rischio di perdere il contenuto per lo scoppio degli otri adoperati e non adatti. La morale dell’insegnamento era che chi ascolta la voce dell’Evangelo di Cristo, deve mettere il messaggio in un cuore rinnovato, come Levi in quel tempo di riposo e di apprendimento trascorso da solo con Gesù. Molte persone anche oggi possono accedere a quella personale comunione con il Salvatore e rallegrarsi per essere diventati non solo amici dello sposo, ma parte della sposa che attende la manifestazione gloriosa del Redentore. La fede in Cristo Gesù che ci porta a meditare la sua Parola è l’antidoto al digiuno, il Signore vuole colmarci con la sua presenza e voce che rileviamo nell’Evangelo. Paolo sull’Evangelo scriveva: (Ep. Romani 1:16-17) Infatti non mi vergogno del Vangelo perchè esso è potenza di Dio per la Salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco, poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede in fede com’è scritto: il giusto per fede vivrà.
Queste parole ci confermano come la potenza della Parola di Dio comunicata nell’Evangelo, approdi per conferire al peccatore che si ravvede l’agognata giustizia divina, solamente sulla base della fede; era l’esperienza di Levi che aveva accettata la rivelazione intorno alla persona di Gesù quale personaggio che può dire con autorevolezza seguimi! E’ vero, qualche volta nell’antico patto qualche profeta digiunava per distinguere meglio la voce di Dio che gli parlava, ma ora la voce di Cristo che chiama a salvezza è nitida e inconfondibile, basta crederla.
Conclusione
(Ev. Luca 6:21) Beati voi che avete fame, perché sarete saziati. E’ vero la promessa di Gesù è ferma e invitante per chi vuole dell’acqua della vita, o del pane che dimora in eterno, Lui sta alla porta del nostro cuore, se uno apre lo sazierà di benedizioni. Un abbraccio a tutti.
Ferruccio Iebole
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