RAVVIVA IL DONO CHE E’ IN TE

L’esortazione paolina in II Timoteo 1:6:  “Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il  carisma di Dio che è in te, mediante l’imposizione delle mie mani” sembra improntata, da una prima lettura superficiale, alla sottolineatura del fatto che Paolo aveva imposto le mani a Timoteo perché usufruisse del dono. I profeti delle imposizioni delle mani per altri o su altri, sono sempre  ben contenti di trovare appigli biblici per sottomettere o limitare le libertà altrui; oppure per esaltare certe attitudini o certe possibilità per se stessi, dicendo di entrare in contatto con realtà che non appartengono e non apparteranno mai agli uomini, come il magico, il mondo degli spiriti o i presunti contatti particolari ed esclusivi con il divino attraverso riti, evocazioni, turbanti, cappelli o vestiti lunghi e sfarzosi con fregi d’oro. L’analisi del testo biblico preso in esame ci riporta invece al vero insegnamento premuroso e chiaro di Paolo, intorno al dono o carisma di Dio e ci avverte di quattro cose specifiche:

  1. Ti ricordo
  2. Di ravvivare il dono
  3. Che è in te
  4. Mediante l’imposizione delle mie mani

Ricordarsi vuol dire non dimenticare, quale esempio possiamo utilizzare dunque per ravvivare il significato di questo verbo? In (Ev. Matteo16:5) i discepoli passati all’altra riva, si erano dimenticati di prendere dei pani. Questo è un episodio importante perché quelli connotati con la definizione della Parola, come quelli dell’altra riva, si  sono dimenticati il cibo indispensabile per sopravvivere. Sembra di assistere a quei personaggi dell’ecumenismo odierno che in nome di fittizie unità di “cristiani” si sono dimenticati o volenterosamente deposto ai margini del loro agire la Parola di Dio, identificata come strumento secondario o intralciante, per raggiungere nell’errore un traguardo che soddisfi il loro modo di essere religiosi. In questa speciale classifica contano altri meriti o altre credenziali per stare alla tavola dei potenti dispensatori di favole e suggestioni  descritte in (Ep. II Pietro 1: 16) andati dietro favole abilmente inventate. Ma per grazia divina c’ è Gesù, il Salvatore e Dispensatore della vita e del  suo mantenimento. E’ bene precisarlo, Lui è quello che sfama il credente singolo, o i cinquemila o i quattromila; Lui è quello che riempie le ceste vuote,  che conserva il pane nel tempo della carestia. Altresì i pesci indicano che è il padrone della creazione e della comunione fra quelli dell’altra riva, nonostante siano carenti nella memoria e nella comprensione della Parola.

L’avvertimento che Gesù da ai suoi discepoli è sui segni, così cari, affascinanti, pieni di attrazioni di per i religiosi che richiedono di essere strabiliati con qualche segno visibile, terra terra non di fede. Da questo lievito Gesù ci avvisa di stare alla larga, di non prenderlo in considerazione, ma piuttosto di porre mente al segno di Giona, che esprime una resurrezione di vita, simile a quella Sua. Incamminarsi nella contemplazione del segno di Giona è un approssimarsi alla lezione dello Spirito Santo, che ricorda le Parole di Gesù nel cuore dei peccatori. I segni e i pani sono tema di discussioni fra gli uomini (Ev. Matteo 16: 8) perché discutete fra di voi, il mondo è pieno di questa visione, ognuno ha una ricetta intorno ai pani, basta che sia escluso il Dispensatore del pane, sono tutti pronti a manifestare dei segni, purtroppo di morte e non di vita, per quelli che delegano la loro esistenza alle varie cause dei pani. L’avvertimento amoroso di Gesù è (Ev. Matteo 16:12) guardatevi dall’ insegnamento dei farisei e dei sadducei, cioè dai religiosi ammaliati dai segni e dai pani, non dal perdono che esclusivamente proviene da Gesù.  

Un secondo versetto che propone il dimenticare è in ( Ep. Giacomo 1:24) e subito si dimentica com’era. Guardando nel mondo, oggigiorno si scorge un numero impressionante di uditori della Parola; la Bibbia non è più un libro sconosciuto o non posseduto, milioni sono quelli classificati come individui che assumono l’atteggiamento del (V.22) ascoltata soltanto, illudendo voi stessi, cioè di ascoltatori illusi perché hanno la Bibbia in mano o in casa. Rivestire questa posizione di uditori illusi e smemorati (V. 25) non mette al riparo da una vita felice nell’operare. Quelli dell’altra riva, sono caratterizzati dall’essere felici con Cristo, mantenitore della comunione spirituale, del pari consentimento, della fede. Quelli felici non dimenticano il Purgamento: (Ep. II Pietro 1: 9) avendo dimenticato di essere stato purificato, ma come soggiunge la Parola  cercano di rendere più sicura la vocazione e l’elezione rammentando ( Ep. Filippesi 3:20 ) Corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù. Per questo motivo Gesù ha istituito la cena insegnando:(Ev. Luca 22:19-20) poi prese il pane, rese grazie e lo ruppe, e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, fate questo in memoria di Me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue che è versato per voi. Il Salvatore si è premunito che i suoi figlioli si ricordassero con attenzione e con solerzia del suo sacrificio, per ripeterlo nel tempo con la forma da Lui istituita, per dare il giusto valore al segno della rammemorazione, l’unico che si accompagna con l’altro cioè il battesimo per immersione. Ora ripeterlo nella forma insegnata, senza altre manipolazioni, cioè con il ringraziamento è la più grande gioia per il credente durante il culto reso a Dio.

 La seconda osservazione del versetto preso in considerazione, si riferisce al verbo ravvivare. Nell’episodio di (Genesi 45:26-28)  è raccontato di Giacobbe, quando i suoi figli gli comunicano con dell’enfasi e dell’esaltazione meravigliosa, la vita e l’impiego di governatore d’Egitto del figlio scomparso precedentemente, cioè di Giuseppe. Il saggio Giacobbe sul dispensatore di pane, sebbene fosse suo figlio, non si entusiasma, le parole non scaldano il cuore del vegliardo, che rimane freddo. Giacobbe fa parte di quelli dell’altra riva, non si lascia attrarre da discorsi ben orchestrati intorno alla bontà delle cariche statali e dei loro gesti, Giacobbe è abituato a giudicare le cose con la sapienza che viene dall’Alto ( Ep. Giacomo1:17) ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’Alto. Perciò il suo cuore si riscalda solamente vedendo i carri che Giuseppe aveva mandato. Giacobbe non vedeva nei carri dei mezzi di trasporto, scopriva attraverso lo specchio della Parola le sembianze del divino Giuseppe, cioè  di Gesù il vero Pane sceso dal cielo (Ev. Giovanni 6:42) non è Costui il figlio di Giuseppe? e (Ev. Giovanni 6:51) Io sono il pane vivente sceso dal cielo. Come succede a volte nei racconti biblici, ciò che si vede o si ode non è per tutti, in certe fasi ciò che si scorge e si percepisce assume altri valori, certe rivelazioni sono selettive, sovente Gesù agisce per una sola persona, per la sua cura, per la sua anima non per altri. Il cuore di Giacobbe si ravviva solamente guardando al segno delle dispensazioni del Governatore degli eventi, di Colui che provvede con abbondanza per la vita dei suoi. Questo è un segno di resurrezione, la carestia vissuta dalla famiglia di Giacobbe risorge nell’abbondanza, fino all’incontro col figlio, una specie di risuscitato. Il cuore di Giacobbe è riscaldato come i due discepoli di Emmaus: (Ev.Luca 24:32) Non sentivamo ardere il cuore dentro di noi mentre Egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture? Lo spirito di Giacobbe si ravviva (V.27) il traguardo è Giuseppe che (V.28) vive ancora; nasce una rinnovata volontà da quel segno: andrò e vedrò. Il vero segno per i credenti ravvivati consiste nello scritto di (Ep. II Corinzi 3:3) E’ noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma su tavole che sono cuori di carne. La presenza dello Spirito Santo nella vita del credente disegna e guida i contorni della volontà divina per tutti i nati di nuovo.

La terza riflessione è sul dono in te. Gesù in (Ev. Giovanni 6:63 ) dice: E’ lo Spirito che vivifica: la carne non è di alcuna utilità. Le parole che vi ho dette sono spirito e vita. E ancora (Ev. Giovanni 15:26-27) Ma quando sarà venuto il Consolatore che Io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della Verità che procede dal Padre Egli testimonierà di me. E anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Nel libro degli Atti ci viene spiegato come  si avvera la discesa dello Spirito Santo sul credente: (Atti 2: 38) Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo, (V.41)… Quelli che accettarono la sua la sua Parola furono battezzati. Nell’epistola agli Ebrei ci vengono elencati i passaggi della fede ( Ep. Ebrei 6: 4-5) illuminati, e hanno gustato il dono celeste, e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo, e hanno gustato la buona Parola di Dio e le potenze del mondo futuro. I credenti sono illuminati dalla Parola per gustare il dono celeste cioè rallegrarsi della salvezza eterna,  donata da Gesù, divengono partecipi cioè ricetto della Persona dello Spirito e della sua azione rigeneratrice, chiudendo così il ciclo che corrisponde a (Ep. Romani 6:24) ma il dono di Dio è la vita eterna in  Cristo Gesù nostro Signore. Perciò dono della salvezza e dono dello Spirito Santo, dispensati quando si crede nel sacrificio espiatorio di Gesù, cioè abbeverati di un solo Spirito. Quei carri della storia precedente assomigliano alle cose migliori di (Ep. Ebrei 6; 9-17) siamo persuasi riguardo a voi di cose migliori…Così Dio volendo mostrare con maggiore evidenza agli eredi della promessa l’immutabilità del suo proposito intervenne con un giuramento. Grazie al Signore che dispensa il suo Spirito; la sua guida per celebrare il culto è sufficiente con la presenza assicurata di Gesù, in mezzo ai radunati secondo le sue promesse (Ev. Matteo 18:20) poiché dove due o tre sono radunati nel mio nome, li sono Io in mezzo a loro.

Il quarto ragionamento è sopra (Atti 8:17- 18-19) Quindi imposero loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo. Simone vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito Santo offri loro del denaro dicendo. Date anche a me questo potere, affinchè colui al quale imporrà le mani riceva lo Spirito Santo. Nella vicenda proposta sembra che la cosa grave siano i soldi e questa è l’analisi giusta di Pietro, ma occorre dire che altresì grave, è coltivare l’idea che lo Spirito Santo sia assoggettato, per la sua discesa, ad un atto di mani di uomini peccatori. E’ allo Spirito e alla sua libertà, di fare ciò che vuole secondo i suoi piani incondizionabili, ma in armonia con il Padre e con il Figlio, a decidere se serve una manifestazione della sua Persona in modo visibile cioè un segno, che assume una diversità nella forma dalla prima discesa, ma non nella sostanza e che avvalora un servizio fedele degli apostoli con la sua presenza. Ora pretendere di voler condizionare l’azione dello Spirito, attraverso dei gesti umani è sommamente presuntuoso da parte dei religiosi, che cercano di ripetere senza risultati sostenibili  ed evidenti, un fatto di libertà e di manifestazione autonoma dello Spirito Santo. Simone, dice la Scrittura vedendo; che cosa aveva visto? Il potere attraverso le mani! Giacobbe cosa vide? le sembianze di Gesù; che differenza di visione. In ( Ev. Matteo 11: 3 a 11) nel racconto di Giovanni Battista, Gesù pone tre domande alla folla molto pertinenti: Cosa andaste a vedere nel deserto? Già cosa si vede nel deserto? Il raffronto è presto detto: secondo Gesù gli uomini del suo tempo hanno visto una canna, simbolo di un potere effimero e sfilaccioso, delle morbide vesti come quelli che indossano chi esercita l’indirizzo per altri, un profeta di segni che promette con un simbolico bagno redenzione per la carne. Questo è ciò che si percepisce del Battista secondo la mondanità, secondo i Simone di ogni tempo, secondo gli amanti dei segni; ma secondo Gesù: più di un profeta, uno di cui è scritto nella autorevole Parola, un messaggero che inaugura una nuova via, un nato di donna senza maggiori sopra di lui. La conclusione è (Ep. Ebrei 6:1-2-3) Perciò lasciando l’insegnamento elementare intorno a Cristo tendiamo a quello superiore e non stiamo di nuovo a porre il fondamento del ravvedimento dalle opere morte e della fede in Dio, della dottrina dei battesimi, dell’imposizioni delle mani, della resurrezione dei morti e del giudizio eterno. Questo faremo se Dio lo  permette. All’insegnamento superiore per quelli dell’altra riva, non l’elementare, non ci si sofferma su gesti, segni, pratiche, attinenti a ciò che si è già compreso e conservato come patrimonio vitale, insostituibile, perenne, ma alla visione del ritorno di Cristo, della gloria celeste, della profezia, dell’essere con il Superiore per sempre. Il concetto espresso si chiude bene, senza fraintendimenti, con il passo di (Ebrei 6:12) affinchè non diventiate indolenti ma siate imitatori di quelli che per fede e pazienza ereditano le promesse. Anche quello che è scritto in (Ep. Ebrei 6:9) tuttavia, carissimi, benchè parliamo così siamo persuasi riguardo a voi di cose migliori e attinenti alla salvezza, ci invita a pensare alle cose migliori, e a non soffermarci su vie pericolose come quelle della manipolazione, ma a imitare la fede dei personaggi che hanno ereditato le promesse divine. Perciò ravviviamo il nostro dono con l’autorità della Bibbia e la luce dello Spirito Santo.

Ferruccio Iebole

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