PER SAPERE QUELLO CHE CIASCUNO DOVESSE PRENDERE

prima del testo dell’articolo una comunicazione:

 
Per chi lo desidera è disponibile il vol. 2 che raccoglie i nuovi articoli di Ferruccio Iebole. Il volume e la spedizione sono gratuiti e disponibile per tutti coloro che ne faranno richiesta qui su fb, su info@lamostradellabibbia.com o 3334371113 (Corrado)
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ecco l’articolo:

 

Sapere quello che spetta a ciascuno per prenderselo, è un accertamento doveroso, di buona educazione e di responsabilità, se siamo in grado di governare la scelta o la spettanza, per non compiere gesti spregiudicati, prepotenti, che ledono gli interessi di altri; ma se siamo coinvolti in vicende superiori alla nostra volontà ed al nostro agire,allora non possiamo esserne esenti perché non dipendono dalle nostre decisioni. Sovente chi è raggiunto da un evento tragico come un grave incidente o una pesante malattia si pone la domanda pertinente: Perché proprio a me? Per quale circostanza si è colpiti da tale episodio negativo? Perché mi è toccata questa parte? Risposte difficili senza usufruire della vera fede.

 

Conoscere la nostra parte

Nella vicenda della crocifissione del Signore Gesù (Marco 15:1-32) assistiamo a diverse persone che scelgono di incidere o governare gli eventi, di ritagliarsi una parte nella crudele circostanza, cioè di optare per una razione o una fetta di realtà, fatta di tragici momenti che si dipanano uno dietro l’altro.  Quegli istanti riguardano anche noi? Occorre essere ben consapevoli prima di tutto della nostra significativa parte; senza dubbio quella di essere noi i meritevoli della crocifissione e non Gesù, per la nostra origine malefica, per i nostri incongruenti atti e per i nostri peccati. La morte che tocca ad ogni uomo sulla terra, ricorda la nostra natura peccaminosa e di conseguenza il giudizio divino stabilito alla creazione, dopo la disubbidienza di Adamo.

La crocifissione era la nostra parte, castigo ereditato per sorte, ma confermato dalla nostra non sempre dignitosa vita in terra, dalle nostre scelte inconcludenti ed egoiste. Però una sorte migliore, pensata, ideata  dal Signore stesso e realizzata da Gesù ci è venuta incontro, sconvolgendo i nostri modi di pensare e di accettare una Verità di diversa natura che la nostra. Se la morte fisica patita da tutti, ci annuncia che siamo dei peccatori che dovranno spirare, indipendentemente dal nostro comportamento, giudicato buono e cattivo che sia, nasce la domanda: c’è ora un rimedio? e dopo la morte cosa c’è? Dunque bisogna rispondere a questi interrogativi.

 

La  parte di Gesù

L’orizzonte dove si svolgono i fatti inerenti gli ultimi istanti della vita del Salvatore, sono molto significativi e densi di insegnamenti per noi. (Marco 15:17-19) “Lo vestirono di porpora e, dopo aver intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo, e cominciarono a salutarlo: <Salve re dei Giudei!> E gli percotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, mettendosi in ginocchio, si prostravano davanti a Lui”. Questa breve  e concisa cronaca della parte toccata al Redentore, è altamente indicativa; essa rappresenta la superficialità del giudizio umano, dichiarato solennemente e pomposamente, ma emesso senza ragion veduta ed equità, ma declamato con dei sintomi che porteranno altri, come i soldati, ad assumere atteggiamenti violenti e denigratori, procurando cospicui scherni verso un inerme e indifeso come Gesù.

Orbene la porzione scelta dal Signore è stata quella di sottostare a una situazione di annullamento della sua personalità; nel silenzio sopportava gli sputi e gli oltraggi che intaccavano la sua dignità, reggendo le bacchettate sulla corona di spine cui era stato cinto il suo capo. Le punture di spine erano dolorosissime, se attuate con delle percosse ancora di più; dunque tutto si svolgeva per ribadire una preminenza dell’istituzione politica e amministrativa sull’imputato, accompagnato gratuitamente dalle sofferenze del caso. Il vestito di porpora indossato in spregio a quello che esso rappresentava, aveva comunque una sua intrinseca validità; voleva dire che nonostante le apparenze, la lettura degli eventi doveva essere decodificata che Lui era comunque e seriamente re dei Giudei, sceso dal cielo ma respinto dal popolo, il quale preferiva abbondantemente Barabba a Gesù.

La stessa iscrizione, (Marco 15:26) “l’iscrizione indicante il motivo della condanna diceva: il re dei Giudei”, esprimeva una volontà superiore e celeste che costringeva nonostante alcune ininfluenti proteste, a registrare una mano e un indirizzo superiore agli uomini stessi e al loro volere. La completezza della scelta portava il Redentore alla crocifissione, ovvero a subire ancora ingiurie e sofferenze nel culmine del sacrificio, quando era elevato sulla croce assieme ai due ladroni (Marco 15:32) “Anche quelli che erano crocifissi con lui Lo insultavano”.

Quindi, anche nell’ora del travaglio e dell’abbandono del Padre, Gesù stupirà chi sa vedere e cogliere i significati per nutrire la propria fede, non con superficialità, ma con occhio vigile come quello del centurione.(Marco 15:39) “E il centurione che era lì presente di fronte a Gesù, avendolo visto spirare in quel modo, disse: veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”  È vero, chi esercita la fede in Cristo e vede spirare in quel modo Gesù,  è sufficiente per confessare Gesù Figlio di Dio. Non occorrono molti studi scientifici ed elevati per approdare a una fede genuina nel Salvatore, basta vederlo morire e riconoscere che quel supplizio era la nostra ricompensa, ma Lui in Grazia ha preso il nostro posto.

 

La parte di Pilato

(Marco 15:15) “Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, perché fosse crocifisso”. Lo schema dell’intervento di Pilato nella vicenda di Gesù è quello di accontentare preminentemente la folla, secondo una collaudata esperienza. I dialoghi precedenti con l’Agnello di Dio, le ammonizioni della moglie che aveva avuto un sogno e degli incubi notturni,  il monito della sua coscienza, non distoglievano il politico romano dal suo progetto che è ben descritto dal verso proposto. In fin dei conti cosa sarà mai crocifiggere un innocente per un potere dispotico, che non tiene conto dell’onorabilità dell’individuo? Nulla! In compenso si libera un altro, un numero equivale all’altro. La scelta però non è indolore per chi la subisce; Gesù è flagellato senza motivo o colpa specifica, anzi per lavarsene le mani verrà richiesto simbolicamente un atto pubblico, eseguito con grande pompa e condiviso dalla folla soddisfatta.

Ancora, la scelta di Pilato influirà sulla crocifissione come conseguenza dell’annullamento della dignità di Gesù, che dopo la flagellazione non sarà più in grado di reagire o di reclamare l’innocenza; come ogni uomo sottoposto a quelle sevizie, si spegnerà ogni reazione mentale e fisica. Gesù sarà ghermito  e indotto alla sottomissione della volontà di altri, resterà rassegnato al supplizio letale e alla volontà della folla.

 

La parte della folla

La costante della folla era precisa: (Marco 15: 8, 29) “La folla,  salita da Pilato, cominciò a chiedergli che facesse come sempre aveva loro fatto… Quelli che passavano li vicino lo insultavano, scotendo il capo; si, perché avventurarsi in una via nuova? Pilato ricalca la tradizione, il modo di fare collaudato, ciò che era già successo altre volte: cioè l’ingiustizia. Se per puro caso la folla era poi vicino al luogo del cruento supplizio, un insulto e la disapprovazione al condannato era il minimo da esternare. Pietà e compassione non abitavano nella folla. I grandi discorsi sulla solidarietà umana e sulla bontà dell’uomo sono pronti  forse per tutti, non per Gesù, un condannato innocente. Sulla bontà dell’uomo avanziamo notevoli perplessità dopo aver visto i campi di concentramento, non solo quelli della prima e seconda guerra mondiale, ma pure i più recenti, quelli africani o quelli balcani.

La folla era presente anche allora con adunate elettrizzanti e acclamanti uomini, che polarizzavano la scena trasmettendo forti emozioni individuali, tali da poter nascondere o riconoscerle con la persona accanto in questi speciali riunioni.  Tanti, indistinti e ossessionati dal ritrovo, con l’obiettivo di dare addosso a un indifeso di turno. La folla abile a farsi manipolare dalle tenebre della tradizione religiosa, per pigrizia di leggere la Bibbia e credere all’uomo.

 

La parte dei capi sacerdoti e dei sacerdoti

(Marco 15:3, 10, 13) “I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose… Perché sapeva che i capi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia…. Ed essi gridarono di nuovo: Crocifiggilo!” Dunque con la consueta ottusità di giudizio, mai disponendo di atteggiamenti sereni e univoci, piuttosto difformi dalla realtà e motivati solo dall’invidia, così i capi sacerdoti determinano una volontà superiore senza esserne a conoscenza, che porterà Gesù nell’ora delle tenebre al Golgota per l’olocausto supremo. I capi sacerdoti saranno determinanti nell’aizzare e coinvolgere la folla, nella domanda di omicidio gratuito dell’innocente.

Purtroppo quelli che dovevano riconoscere il Messia non l’avevano individuato come il Salvatore sceso dal cielo, la predicazione e i miracoli non li avevano convinti; forse i lunghi vestiti erano preferibili al disprezzo e alla persecuzione connessa degli allineati con Cristo. Essere di Cristo era pericoloso, accompagnarlo da lontano era più prudente, per questo nella sofferenza era semplicemente solo. È sorprendente che i capi sacerdoti della tradizione religiosa, abbiano occhi offuscati dal prestigio e dalla considerazione umana, tale da non riconoscere in Gesù, l’Unigenito e Pane di Vita.

(Marco 15:31) “I capi dei sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano l’uno all’altro: Ha salvato altri e non può salvare se stesso”. Questo ragionamento nella logica umana non fa una grinza; se giudicassimo umanamente avrebbe l’approvazione da chiunque. Piccolo particolare (1 Corinzi 2:4) “La mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza”. Se Paolo affermava in questo senso, figurarsi Gesù come poteva rispondere a quelle domande. Se per caso avesse risposto, avrebbe disperso quelle anime, che comunque voleva risparmiare in attesa di un ipotetico ravvedimento, perché poste davanti a un sacrificio immane ed eloquente, con un linguaggio d’amore comprensibile per anime assetate di giustizia.

 

La parte dei  soldati

(Marco 15:16, 20, 22, 24) “Allora i soldati lo condussero nel cortile interno… Lo condussero fuori… E condussero Gesù al luogo detto Golgota… Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti tirandole a sorte”. La conduzione dei rozzi soldati era espressione di forza bruta senza tanti complimenti. Il traguardo consisteva nell’eliminazione dei condannati  il più veloce possibile, dopo aver  spaziato nelle violenze e nel divertimenti, contro chi non poteva assolutamente reagire, perché già preparato al peggio e reso inoffensibile nel corpo e nella volontà a causa della flagellazione. Vi erano altresì le vesti da spartirsi, ci sarebbe qualcuno disposto a comprarsi quelle tuniche come reperti archeologici da conservare, oppure tutto doveva finire nell’anonimato e nella dispersione? Orbene, una volta finito lo spettacolo macabro della crocifissione, forse era meglio per tutti i soldati il rompere le righe e tornare a casa o in pretorio, memori dell’aver svolto il proprio lavoro e scordarlo in fretta secondo routine. Esibita la forza  e dimostrato l’ordine, tutto poteva terminare.

 

La parte  del cireneo

(Marco 15:21) “Costrinsero a portar la croce di Lui a un certo Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che passava di là, tornando dai campi”. La sostanza di questo passo è notevole e vale la pena approfondirla, per trarre una considerazione benefica. Dunque il racconto c’informa di un personaggio qualunque, che per sorte buona o cattiva passava di là. Un anonimo, come molte persone che vediamo passeggiare in città o attraversare una strada, individui che forse non vedremo più e che non ricorderemo il volto. Eppure la Scrittura ci ragguaglia in molte cose perché questo cireneo oltre ad assomigliare a noi, in molte circostanze assume le nostre caratteristiche di uomo comunque favorito nella Grazia di Cristo. Il suo nome Simone ci parla di un nome popolare, dato a uno che torna dai campi cioè di estrazione umile, dopo una giornata di lavoro quindi sicuramente stanco, forse non in condizione di contribuire a portare quel notevole peso. Succede lo stesso nella vita di alcune persone, stremate da eventi negativi trovarsi ancora coinvolti in casi meramente difficili, per una sorte avversa e non ricercata.

Questo Simone  è padre, sarà un padre decoroso e avveduto per la famiglia? Non si sa, ma probabilmente si! Si conoscono i figli uno ricalca un nome come Rufo (Romani 16:13) “Salutate Rufo, l’eletto del Signore”, l’altro Alessandro nome che evoca (2 Timoteo 4:14) “Alessandro, il ramaio, mi ha provocato molti mali”; evidentemente non sono le stesse persone ma omonimi con nomi significativi  e comuni, quindi una famiglia come tante.

Dunque Simone cireneo ha la sorte di essere coinvolto nell’estrema sofferenza del Signore; mentre gli è vicino e ha la possibilità di rimirare il Sofferente nell’estremo disagio e nella debilitazione del corpo. Avrà visto gli occhi di Gesù socchiusi dal dolore irrorati dal sangue colato dal capo? Questa dolorosa visione cosa avrà insegnato al cireneo? Le sofferenze degli altri dicono ancora qualcosa all’uomo moderno? Simone non arresta l’esecuzione del Signore, non insorge con una azione eroica contro il potere, ma porta la croce del Signore stesso; “ La croce di Lui”, in un atto di sollievo e indispensabile. L’insegnamento è che non possiamo fermare il corso degli eventi, di una malattia o di altri frangenti, ma possiamo alleviare, consolare e pregare per chi è toccato da sorte avversa. La sofferenza ovvero la stanchezza di Simone non importa ai soldati, è costretto comunque a portare la croce, la vicinanza di Gesù tumefatto nel viso, stravolto nei lineamenti avrà dato nuova linfa al cireneo per aiutare il Salvatore?

Da questa esperienza con Gesù Salvatore sofferente, avrà avuto uno sviluppo o tutto sarà finito con “ Meno male che tutto è finito, non ne potevo più!” Non lo sappiamo; ciò che conosciamo è che chi soffre può osservare con profitto la figura di Cristo e trarre consolazione dall’opera della crocifissione, come così può vedere Simone, uomo suo malgrado coinvolto in eventi più grandi di Lui, ma che comunicano la protezione di Dio verso le sue creature. Infatti chi garantiva che Simone salito al Golgota, scambiato magari per un prigioniero, potesse finire nel tritacarne delle esecuzioni?

Quindi la morale è che quando vediamo passare vicino a noi l’Agnello Sofferente, nel corso della nostra vita, non alziamo le spalle disinteressandoci delle circostanze, ma sappiamo rivolgere una preghiera a Gesù che ci illumini nella nostra mente, nella via della salvezza celeste e nel nostro percorso terreno. Del cireneo non viene aggiunto nulla, la sua storia si evapora, ma è lì per ricordarci anche per gli anonimi Gesù ha pagato il prezzo di riscatto delle loro anime.

 

La parte dei ladroni

I due ladroni hanno atteggiamenti eguali, in primis offendono il Salvatore con improperi e insulti; forse osservando le sofferenze del Signore, uno dei crocifissi comprende la divinità del Signore e secondo le promesse evangeliche di Gesù, raccomanda la sua anima nelle mani del Salvatore, confidando nella Grazia salvifica del Redentore. Il finale di questa storia è veramente bella; dopo una vita condotta nella dissoluzione, nell’arbitrio e senza rispetto per altri, l’amore di Dio si materializza in Cristo e il ladrone trova il perdono, la pace e la vita eterna nel Signore. “Oggi sarai con me in paradiso è la sintesi della promessa.

È  una grande risposta della fede verso coloro che vantando la loro giustizia, pretendono di essere assolti dal giudizio di Dio, dimenticando la loro origine peccaminosa e le solite malefatte cioè  una condotta di vita errata. Il ladrone invece confessa il suo passato procedere nel peccato e nella disubbidienza; comprende però che in Cristo v’è una giustizia approvata da Dio, che è pronta per essere condivisa con chi se ne avvale, perché offerta gratuitamente dalla Grazia divina.

Una lezione maestosa dell’amore di Dio verso i peccatori, (Romani 5:8) “Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Dunque nessuno disperi, anche all’ultimo istante di vita, se non siamo stati cauterizzati, abbiamo speranza confessando i nostri sbagli a Dio, di ricevere un perdono completo e la vita eterna. Il vagare lontano da Gesù durante il nostro passaggio sulla terra,  non spegne l’inevitabile futuro incontro con il Salvatore, il Giudice dei vivi e dei morti. 

 

La parte del cielo

Di fronte all’espiazione dei peccati di tutto il mondo fatta da Gesù, in quanto sacrificio accettato da Dio, perché Gesù risorgerà dai morti e non sarà trattenuto dalla morte, occorre precisare  che dei  segni concreti sono stati dati agli uomini, per confermare che non siamo di fronte a immaginazioni o desideri non corrispondenti alla verità dei fatti accaduti.

La cattiva interpretazione della voce di Gesù portava alcuni dei presenti alla crocifissione a concludere che il Redentore avesse invocato Elia, per un eventuale soccorso, non capendo la parola “Eloi”, confondendola con il nome del profeta. Il sarcasmo poi accompagnava il commento, proprio nell’istante in cui Gesù rendeva lo spirito. A quel punto il cielo con la potenza di Cristo in agonia cioè combattente, prendeva un’iniziativa, dall’alto verso il basso, squarciava la cortina, cioè i velo che separava il luogo santo dal luogo santissimo. Qual’ era il significato vero e indiscutibile, che rendeva ragione di tale operazione? Lo squarcio voleva significare che la Via al cielo era inaugurata, consisteva nella via “nuova e vivente” (Ebrei 10:20), il Patto tra Dio e gli uomini era stilato dall’unico “Mediatore(Ebrei 12:24), questa Via aperta inaugurava il libero accesso al Trono della Grazia ed era nata una nuova categoria di sacerdoti-adoratori, condotti dallo Spirito Santo nel culto a Dio.

Quindi lo squarcio non era un’azione estemporanea, cui ognuno poteva dare un’interpretazione soggettiva, ma era un atto esplicito di accoglienza del sacrificio di Gesù cioè Dio con noi, che riprendeva le sue prerogative di Figlio Unigenito, di Unico Mediatore, di Sommo Sacerdote di un nuovo corso, del potere di inviare lo Spirito Santo, di Garante della vita eterna per i ravveduti e di Giudice imparziale di tutto il genere umano passato e futuro.

Dunque una eloquente dichiarazione celeste, avvalorata da un’altra testimonianza ispirata dal cielo: (Marco 15:39)  “Avendolo visto spirare in quel modo, disse: Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”.

 

Conclusione  

All’inizio ci chiedevamo il rimedio per uscire dall’impatto mortifero; bene, l’antidoto è il nome di Gesù il Salvatore, che garantisce il paradiso come al ladrone, ossia l’essere con Lui per l’eternità, per godere la Sua immensa presenza  e la gloria, riservata ai suoi figli.

Orbene, perché non operare in modo saggio, credendo all’Evangelo, alla Bibbia? Le religioni umane presentano riti e atteggiamenti falsamente caritatevoli, per indurre le persone a ritenersi a posto di fronte a Dio, dopo aver donato un obolo alla organizzazione  religiosa. No! Il rimedio è solamente Gesù e la fede nella sua opera mediatrice e salvifica, elargita a tutti quelli che credono nel Suo nome.(Romani 8:1) “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù”.

Preghiamo il Signore per tutti i nostri lettori che queste piccole riflessioni, siano di consolazione per qualcuno e che tutti sappiamo prendere in libertà e obbedienza, quello che la Bibbia ci mette a disposizione: la salvezza in Cristo Gesù.

 Ferruccio Iebole

Ho una corona preparata in ciel,

Ho una corona preparata in ciel,

Di spine l’ebbe il Salvator,

La mia sarà di vaghi fior,

Si, l’avrò, si, l’avrò, si, l’avrò nel ciel

Si, l’avrò, si, l’avrò, si, l’avrò nel ciel,

Gesù me la conserverà,

E questa fronte cingerà.

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