ORA VOGLIO ANDARE DA QUELLA PARTE

Nella vita di Mosè, il grande profeta e conduttore, come in quella di ognuno di noi, a contatto con l’Evangelo  abbiamo una reazione a volte sensata, a volte negativa e di rifiuto, oppure d’interesse per la proposta ricevuta, anche se non cogliamo ancora gli aspetti positivi e spirituali, non conoscendo bene il vero messaggio evangelico presentato e raggiunto inconsapevolmente.

Andare oltre il deserto

Il capitolo 3 di Esodo ci racconta di un episodio della vita di Mosè molto rilevante, cui vogliamo prendere uno spunto di riflessione. L’ambientazione dove si trova Mosè è molto significativa (Esodo 3:1) Oltre il deserto giunse alla montagna di Dio a Oreb. Nella vita  di ognuno, c’è un tempo, che come dice (Proverbi 8:17) E quelli che mi cercano mi trovano. Infatti  capita a tutti di percorrere vie che sembrano senza grandi significati, ma dove improvvisamente tutto cambia in positivo. Mosé per varie vicissitudini ha già lasciato l’Egitto, la terra dove gli onori e le ricchezze della mondanità lo avevano avvolto, ma ora si trovava nella situazione di essere un fuggiasco, senza molte risorse, se non quella di rifugiarsi in un lavoro umile come il pastore, però con molto tempo a disposizione per riflettere. Forse noi viviamo la stessa condizione di riflessione in un tempo più caotico, perchè sommersi da notizie e da condizionamenti, che ci distolgono da quella calma cui avremmo bisogno. Tuttavia l’Egitto, sinonimo del mondo, degli errori, degli atti scriteriati della giovinezza o dell’età più matura, sono passati e ci troviamo a pensare all’eternità. Senza troppa convinzione siamo arrivati a udire per la prima volta il messaggio dell’Evangelo, lontano dall’Egitto, in un terreno oltre il deserto come nell’esperienza di Mosè. Il deserto è un terreno arido senza risorse per la vita, angusto nel rifugio, scomodo e disagevole in tutto, però sembra oltrepassato da quando la Bibbia ci ha incontrato e parlato. Abbiamo letto qualcosa di spirituale che ha attirato il nostro interesse spirituale, o abbiamo ascoltato una breve testimonianza di qualcuno che legge la Parola di Dio, oppure abbiamo udito una voce misteriosa e sconosciuta, poco più di una sensazione, che ci indicava e solleticava il nostro coinvolgimento e trasporto a scoprire la Verità dell’Evangelo. Orbene, non lo sappiamo, forse non ce ne rendiamo conto, ma Dio è all’opera nei nostri confronti e dispiega il suo amore verso noi  per essere trovato. Il lavoro è come nel caso di Mosè lungo ma costante, sommerso ma in fase emergente, silenzioso ma in prospettiva prorompente. Incontrare il Signore, udire nitidamente la sua voce o il suo messaggio non lascia indifferenti, ci consiglia di prendere posizione come quella di Mosè a Oreb, di iniziare a pensare con serietà all’eternità.

La montagna di Dio 

In Oreb vi è una montagna che ha una caratteristica ben precisa, è di Dio, ma nei nostri confronti forse ambivalente. Oltre il deserto, c’è ancora un ostacolo: la montagna! La via della comprensione della Verità non è una via pianeggiante, facile e spensierata, senza implicazioni profonde del nostro essere. La Verità interroga la nostra vita, non in modo superficiale o leggero, ci pone difronte a delle scelte per vedere la nostra propensione a continuare ad udire la voce del Signore Gesù e a voler percorrere con Lui il cammino della redenzione. Perciò, ecco la montagna dopo aver avuto nozione del Signore, di aver consultato la Bibbia, di aver ascoltato sulla salvezza, che potrebbe interessare la nostra esistenza. Il valore simbolico di questa montagna è grande; diventa ostacolo insormontabile, invitante a desistere nel proseguimento di una esperienza di fede con quella granitica figura, che distoglie a continuare. La massa mastodontica di questo agglomerato di rocce ispide e pericolose sconsiglia l’avvicinamento, storna la visione del futuro, del domani, del traguardo dopo l’ostacolo, genera profonda insicurezza e confonde la visione generale. Per contro, nella montagna vi sono delle virtù e delle risorse inaspettate e nascoste, che bisogna scoprire e sono adatte per donare una felicità impensabile. Intanto, come dice la Scrittura, la montagna è di Dio, è un luogo eccelso dove Dio si manifesta indipendentemente da ciò che si pensa o si presume, è anche un posto dove occorre alzare lo sguardo per scorgere nell’orizzonte i suoi potenti atti. Nello sfondo della montagna, l’anima desiderosa vorrebbe accedere subito alla cima, alla vetta, ma senza un minimo di allenamento e di attesa, non si raggiunge nessun traguardo. Si, occorre un tempo di apprendimento fruttuoso perché la montagna di Dio non sia un intoppo ma una risorsa vitale, un luogo di gioiosa esperienza per affilare la fede nella Verità. La montagna non è fonte di curiosità o di bizzarria, essa esprime un invito a salire a strati più alti nella conoscenza della Verità, per avere una nitida percezione delle cose viste dall’alto, dalla parte della rivelazione di Dio. Il Signore si fa trovare in cima alla montagna, poi una volta incontrato, ci si rende conto che la sua mano era già a sospingerci nella pianura oltre il deserto.

Un percorso piuttosto oscuro

A Oreb, ai piedi della montagna, una decisione alquanto discutibile non conoscendo il futuro, fa intraprendere a Mosè un cammino sconosciuto, però nella presenza della montagna; <andare da questa parte a vedere.> Quando si fanno passi in direzione della fede anche inconsapevoli, cioè andare da questa parte, la manifestazione della Verità ci avvolge: nel cuore resta il seme dell’Evangelo e la voglia di conoscere più speditamente l’opera di Gesù, eseguita per la salvezza degli uomini. La sapienza evangelica, la scoperta della Verità è veramente allettante, le anime vivono una specie di estasi, un’arsura da calmare subito, una voglia di arrivare  entro breve tempo a conoscere tutto. Le cose praticate come taluni riti, ad esempio compiere delle recite di preghiere collettive, fare atti con radici religiose, eseguire azioni di misticismo o di devozione, perdono il loro fascino difronte alla possibilità di stabilire un rapporto personale con la Verità dell’Evangelo e con il Signore Gesù. La visione proposta dalla Bibbia è come nel caso di Mosè, un fuoco inestinguibile, (Esodo 3:2) il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. Questa fiamma ci porta a scorgere in essa, un simbolo dell’amore di Gesù e a ricordare l’azione del Risorto, quando incontra sulla via di Emmaus i due discepoli, che constatano come il loro cuore ardeva all’ascolto delle parole del Salvatore. (Ev. Luca 24:32) Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentre Egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?

La medesima azione si verifica in Mosè e in tutti quelli che ancor oggi sono raggiunti da questo incontro, ascoltano e ricevono beneficio dall’azione silenziosa dello Spirito Santo, che ravviva la Verità come un fuoco e la deposita nel cuore degli uomini e delle donne. Da questa parte c’è una grande visione, sconosciuta nei suoi effetti, ma grande appunto; (Esodo 3:4) Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: Mosè, Mosè. E’ veramente interessante che da quella fiamma del pruno, Dio chiami Mosè; il medesimo appello è ancora oggi rivolto a tutti, perché tutti sono chiamati per nome e cercati dall’amore di Cristo. Ognuno risponde come vuole; Mosè dice <Eccomi>. Bellissimo esempio, da condividere, da imitare e da seguire. Essere pronti a rispondere in modo positivo alla chiamata di Gesù, attraverso la predicazione dell’Evangelo, è un inizio della Grazia salutare che vuole compiere in noi, l’opera di ravvedimento, di conversione, di redenzione e di resurrezione (Ep. Filippesi 1:6) E ho questa fiducia: che Colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo.

Un terreno sacro

Prima di proseguire in quest’opera Dio ci avvisa che il terreno della Grazia salutare è un terreno sacro.(Esodo 3:5) Dio disse: Non ti avvicinare qua: togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro. Per capire la differenza della Grazia di Gesù con il racconto di Mosè, bisogna leggere in Apocalisse (3:20) Ecco Io sto alla porta e busso, se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, Io entrerò da lui cenerò con lui ed egli con Me. Ancora, (Ev. Giovanni 14: 23) Gesù gli rispose: Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio l’amerà e Noi verremo a lui  e dimoreremo presso di lui. Che grande diversità, che grande prospettiva con la Grazia di Gesù; Mosè era invitato a stare a una certa distanza, in una certa posizione con i piedi scalzi per rendersi conto, con il tatto degli arti, la sacralità del terreno. Tramite la mediazione di Gesù, il peccatore è accolto nella comunione con il Padre e con il Figlio, in un connubio d’amore e di accoglienza per chi crede e si ravvede, sotto la guida dello Spirito Santo.

Cristo accoglie il peccatore 

La storia di Mosè sottolinea ancora una volta, come la Grazia rivelata e recata con la venuta del Signore Gesù Cristo in terra, sia molto diversa dalla Legge, e generi una confidanza e un abbandono completamente differente; Mosè (Esodo 3:6) si nascose la faccia perché aveva paura di guardare Dio. Anche il re Davide aveva paura,(II Samuele 6:9) Davide in quel giorno ebbe paura del Signore e disse: Come potrebbe venire da me l’Arca del Signore? Bellissima affermazione potrà l’Arca di Dio essere propizia e favorevole per la vita di Davide? Si potrà volgere uno sguardo di fede verso Dio, senza avere timore o cadere nella paura? Si! In Cristo abbiamo una nuova fiducia, ben specificata dall’Apostolo Paolo nella seconda epistola ai Corinzi (4:6) Perché il Dio che disse: Splenda la luce fra le tenebre è Quello che risplendè nei nostri cuori, per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio, che rifulge nel volto di Gesù Cristo. Che meravigliosa conferma: possiamo guardare splendere il volto di Gesù e avere assicurazione che la luce sprigionata da quel volto, ci illumina nella conoscenza della gloria di Dio, e il Dio che disse sia la luce, ora ci vede attraverso la protezione del suo benedetto Figlio. Come in Esodo 3:8 Sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani, così Gesù è sceso in terra per liberarci dall’avversario e dal peccato, che genera la morte. Perciò occorre istruirsi nell’amore del Padre e nel sacrificio del Figlio, per cogliere in profondità, tutto il valore della croce di Gesù, non come simbolo o amuleto, ma come il mezzo immaginato da Dio per offrire la redenzione agli uomini. Cristo è la nostra Arca, presenza di Dio in noi mediante la caparra dello Spirito Santo, che ci insegna ad apprezzare come il Salvatore accoglie il peccatore. (Ev. Luca 15:2) Costui accoglie i peccatori. (Ep. Romani 15:7) Come anche Cristo vi ha accolti per la gloria di Dio. (II Corinzi 6:17-18) E Io vi accoglierò  e sarò per voi come un Padre, e voi sarete come figli e figlie dice il Signore Onnipotente. Dunque è di vitale importanza sapere come la Grazia di Gesù, acquistata a prezzo di sangue sulla croce, possa essere sparsa verso e sopra chi ha fede in Cristo. Il sigillo del Padre che afferma nella Sua Parola, di donare la sua paternità e l’adozione ai giustificati dalla Grazia, riempie il cuore di gratitudine e di adorazione verso il Signore. Ancora il Signore ci propone di divenire dei suoi adoratori, con la convinzione di essere conformi alla sua regale volontà, e a non preoccuparci delle voci dissuasive.

Il Signore non ti è apparso

E’ bene ancora riflettere sulle difficoltà e la dissuasione di coloro i quali pensando di far bene, vogliono dissuadere i credenti che percorrono i primi passi della fede, non sapendo nulla dell’Evangelo, ma che risultano immobilizzati da credenze, da pratiche pagane e idolatriche. E’ certamente una lotta dura da sostenere, quando non si hanno ancora certezze in fatto di fede, quando le poche nozioni del Vangelo irrompono nella vita dei peccatori. L’attrazione dello Spirito Santo è efficace, costante, potente, bisogna invece respingere le allettanti proposte dell’Avversario che tenta di togliere il buon seme dal cuore. Nel racconto di Mosè i dissuasori dicono  (Esodo 4:1)  Il Signore non ti è apparso. Nella vita odierna interrompere o trasgredire la religione corrente, sembra un sacrilegio degno di riprovazione e di biasimo convinto. Bisogna precisare che la religione, qualsiasi essa sia, non salva nessuno: è solo la fede in Cristo che salva; la giustificazione è l’atto gratuito che Dio assicura per quelli che credono Gesù sia il Redentore e lo confessano con fede. (Ep. Romani 5:1) Giustificati dunque per fede abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. Quando possiamo dichiarare convintamente che Gesù è il nostro Signore, vuol dire che siamo diventati credenti, e se lo siamo realmente, siamo nati di nuovo, d’acqua e di Spirito. (Ep. II Corinzi 12:3) Nessuno può dire Gesù è il Signore se non per lo Spirito Santo.

Bisogno del monte di Dio

Il racconto dell’Esodo e delle vicende di Mosè hanno ancora un insegnamento attraverso la montagna, specie per i credenti. Una volta superata l’imponenza e la paura della montagna, ricevuta a prima vista, essa si rivela oltre il deserto e da quella parte, essere fonte di vicinanza al Signore, la struttura stessa del monte con la sua solidità sostiene chi si appoggia o chi vi cammina sopra, l’altezza  indirizza a vedere le cose in prospettiva diversa, scorgere la profondità delle cose dall’alto di una vetta dona un’altra visione. La  montagna è anche un luogo di preghiera (Ev. Matteo 14:23) Si ritirò in disparte sul monte a pregare, e venuta la sera se ne stava tutto solo. La solitudine  del credente dura nei primi passi nella Verità dell’Evangelo, cioè nel terreno di Oreb, trova la comunione con Dio nella preghiera, Gesù ne è l’esempio invitante e il modello da seguire. Il monte dell’indifferenza, dell’errore, della superstizione è vinto da quello della preghiera e dell’invocazione d’aiuto richiesto, da ricevere nella potenza della Parola, nel prendere dell’alimento spirituale e latte puro dell’Evangelo, nell’accogliere la cura pressante dello Spirito Santo.

Conclusione

Il cammino fatto da Mosè lo ha portato a divenire uno strumento nelle mani del Signore, noi tutti similmente siamo invitati a emulare il cammino all’ombra della protezione di Gesù Cristo. La via della testimonianza evangelica non è semplice, dire che la Bibbia è la Parola di Dio, può ricevere in cambio delle beffe e delle incomprensioni. Per chi ha fede nella Bibbia e nel Dio che essa rivela, è preparata una fonte di gioia e felicità, pur non nascondendo le prove e le peripezie da cui non si è immuni in questo mondo. Prendendo esempio da Paolo (Ep. Filippesi 3:16) Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via; facciamo progressi nel tragitto verso il cielo, sapendo che la via è il proseguimento passo dopo passo, dopo aver messo la nostra mano in quella del Signore. Paolo affermava: (Ep. Filippesi 3:20) La nostra cittadinanza è nei cieli da dove aspettiamo anche il Salvatore. Ecco il traguardo dopo il cammino: non stanchiamoci ma rivolgiamo verso l’alto il nostro sguardo di fede.

Ferruccio IEBOLE

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