NESSUNO, SIGNORE

Queste due parole messe assieme potrebbero avere molte interpretazioni, lo stesso se fossero scomposte; un  esempio: (Ev. Giovanni 5:7) L’infermo gli rispose: Signore io non ho nessuno che, quando l’acqua è mossa, mi metta nella vasca. Un’altra citazione (Ev. Giovanni 8:10) Ella rispose: nessuno Signore. E Gesù le disse: Neppure IO ti condanno va e non peccare più. Due tratti della vita di Gesù che si trovava a far fronte con due storie diverse, una di lunga sofferenza, l’altra di piacevolezza della carne tramata nell’oscurità e nell’inganno. Due interrogativi e due risposte del Salvatore che vorremmo brevemente commentare.

Betesda, vasca miracolosa per idolatri

Una vasca che attirava una ciurma di infermi che speravano nella fortuna o nel miracolo dello spirito diabolico per guarire, come sovente succede quando la malattia sorprende,  o come oggi una pestilenza attacca i popoli. Le persone allora si uniscono alla scaramanzia, alla superstizione, agli amuleti, agli indovini, ai maghi, ai fattucchieri, a coloro che con dei riti idolatrici promettono liberazione e salute. Il mondo non è cambiato, solo Dio è messo da parte, quasi che non si interessasse della situazione e non avesse le risorse per far cessare il flagello. Forse tornando a Dio con umiliazione e ravvedimento prodotto dalla sua divina Parola, dicendo da parte dei popoli,” Signore non abbiamo nessuno” che possa liberarci, allora Dio concederà la sua grazia, il perdono e la fine della prova. Nella Legge ossia nel Decalogo, Dio pretendeva che nessun altro dio fosse celebrato nel suo cospetto, ora gli uomini ne hanno elevato una infinità con svariati culti. Non stupiamoci quindi di certi giudizi mondiali che piombano sugli uomini, purtroppo sono tutti propedeutici al tempo della Grande Tribolazione, un tempo futuro carico di dolori.

Tornando al paralitico è interessante che Gesù calchi il terreno della vasca idolatrica con indifferenza  e incontri il malato. È la nostra storia; anche noi siamo stati trovati  nel terreno dell’errore e del peccato, ma la sua Parola ha operato in salvezza e ravvedimento; credendo per fede nella riconciliazione divina e nella risurrezione di Gesù il Salvatore. Il paralitico  con l’ammissione di non aver nessuno, si umiliava davanti chi lo poteva guarire e non solo fisicamente ma  anche spiritualmente. L’ex malato da guarito incontrerà ancora il Maestro nel tempio e gli sarà rivelato il nome Gesù, che i Giudei volevano uccidere.

Un risveglio traumatico

Nel secondo fatto, la Scrittura ci ricorda che già all’alba Gesù era nel tempio per pregare e insegnare. Perciò possiamo avanzare l’ipotesi che nel presentare l’adultera colta sul fatto, fosse ancora molto presto, subito dopo l’alba. La trama adulterina messa in atto dai due amanti era finita male nonostante le precauzioni. Forse gli sguardi, gli ammiccamenti e la passione mondana, non erano stati nascosti a sufficienza, ed ora, il fio da pagare con la vita interrogava se tutto ciò ne valesse la pena o se con più responsabilità verso la Legge, si poteva evitare il peggio. L’incontro con la donna non è cercato come nel primo episodio, avviene nel tempio dove Gesù sta insegnando. Molte persone sono state trovate nel tempio, in un luogo dove si parla di Dio in maniera errata, ma Gesù è pronto con il suo immenso perdono. Nonostante l’atto recente che ha esposto il corpo della donna al tradimento, rompendo una promessa di fedeltà, Gesù accoglie  l’adultera e i peccatori facendo brillare la sua Grazia salvifica per tutti.

(Ep. Tito 2:11-12) Infatti la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini si è manifestata e ci insegna a rinunziare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo. L’esperienza dell’adultera era eloquente, da uno stato di morte certa al perdono e alla pace di Cristo; ancora alla domanda dove fossero gli accusatori  e la  ventilata condanna la donna confesserà ”Nessuno Signore”. Tutto si era esaurito in un brevissimo tempo sufficiente per la donna a valutare gli accusatori con il loro livore, la condanna imminente, la scrittura evangelica di Gesù in terra, e la persona  celestiale del Salvatore. Evidentemente Gesù era in mezzo alla scena, la donna davanti allo sguardo penetrante di Gesù, doveva essere a disagio e il rimorso per il comportamento infedele doveva far abbassare gli occhi. Eppure nonostante tutto, erano echeggiate quelle parole, dopo che Gesù aveva letto nel cuore della donna il pentimento e la domanda silenziosa di una nuova vita, lontana dal peccato che solo Lui poteva interpretare. Come sovente capiterà certi eventi saranno letti solo da Lui, che poteva vedere oltre le apparenze e in fondo alle anime.

Una risposta sorprendente

(Ev. Giovanni 8:11) E Gesù la disse :Neppure IO ti condanno; va e non peccare più. Gesù con queste parole cancellava con un colpo di spugna, un peccato che la Legge puniva con la morte? La giustizia divina offesa poteva accontentarsi di soprassedere, passando sopra un peccato così grave? L’attenuare la condanna poteva forse incitare a comportamenti speculativi di chi non voleva ubbidire e continuare a perpetrare  i comodi suoi? Neppure IO ti condanno era una sentenza sbalorditiva, che fa riflettere ancor oggi! Come commentare? In vista del perdono accordato di Gesù, si delineava l’inutilità della Legge per la redenzione dei peccatori, in quanto impotenti a ottenere la salvezza per l’inadeguatezza del nostro essere a osservare e adempiere la Legge. Ben spiegava Paolo: (Ep. Galati 3:23-26) Ma prima che venisse la fede, eravamo tenuti rinchiusi sotto custodia della Legge in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per la fede. Ma ora, che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore, perché siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù.

Dunque ricapitolando: il precettore cioè la Legge aveva esaurito il suo compito, Cristo venendo aveva portato la fede e la figliolanza per chiunque crede in Lui. Come diceva Paolo  (Ep. Galati 2:19-20 ) Quanto a Me per mezzo della Legge, sono morto alla Legge affinché  io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo: non vivo  più  io che vivo, ma Cristo vive in me, La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato Se stesso per me.  I passi citati sembrano complicati da capire, in sostanza è l’esperienza dell’adultera; per la Legge era morta perché stava vivendo per la grazia del Signore, la sua fede in Cristo il Salvatore permetteva questa vita di vivere perché Cristo viveva in lei, ed era consapevole che il Figlio di Dio l’aveva amata e un giorno, sebbene lei non lo sapesse, Lui avrebbe dato la sua vita anche per lei, motivando le parole IO non ti condanno. Nell’ignoranza che Pietro rivelava in  Atti, (3:17) lo faceste per ignoranza, era compresa l’ignoranza e la debolezza carnale della donna.

Per la donna adultera si adattano le parole: (Ep. Galati 5: 24-25) Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito. Orbene, la storia dell’adultera alla fine è avara di particolari su come abbia speso il suo futuro, siamo certi che quell’incontro così decisivo  con Gesù, abbia cambiato le sue aspirazioni e modus vivendi, perché divenuta una nuova creatura e le cose di prima  erano passate. Quel non peccare più, pensiamo sia stato sufficiente alla mutazione di vita. Sicuramente era stato ricevuto come un impegno imperante e non una semplice pacca sulle spalle con l’esortazione a far bene.

Un ultimo nessuno che richiama la vita

È vero, sull’ignoranza della gravità di certi comportamenti come nel caso dell’adulterio, non c’è da stupire. Il mondo su questi temi è molto tollerante, prendendo per retrogradi quelli che non si adeguano ai suoi dettami e comportamenti. Paolo all’Areopago, ad Atene diceva: (Atti 17:30) Dio dunque, passando sopra i tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo si ravvedano, perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo ch’egli ha stabilito e ne ha dato prova sicura a tutti, risuscitandolo dai morti. Se così è la storia dell’umanità  non possiamo far altro che ringraziare Dio del suo ineffabile dono Cristo Gesù. (Atti 4:12) In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome, che sia dato agli uomini per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati. Dunque con questo ultimo appello che esclude chiaramente altri nomi, per cui ci possono essere elargite grazie e salvezza, sia a noi che agli uomini, come nel caso del paralitico, il nome di Gesù è l’argomento  per esprimere gratitudine e riconoscenza a Dio nostro Padre e al Figlio che ci hanno così grandemente benedetti.  Questo nome, Gesù il Salvatore, auspichiamo sia il nome per la salvezza dei nostri lettori, ai quali rivolgiamo un caro saluto.

Ferruccio Iebole

 

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