IL SEGNO DI GIONA

Un colloquio con alcuni religiosi di quel tempo, offre un  motivo al Signore Gesù di entrare nella spiegazione dei segni inerenti al suo mandato, le sue opere e i suoi tempi.

Nell’Evangelo di Matteo (16:1-4)  viene riportato un episodio che esterna un dialogo tra Gesù e i farisei e i sadducei, cioè il mondo religioso allora presente che domandava un segno dal cielo, perché il Salvatore attraverso di esso proclamasse la sua natura divina, come Lui asseriva. Gesù aveva già dato prova, nel fatto della tentazione, di non ubbidire alle richieste strampalate dell’Avversario, tantomeno si sarebbe assoggettato alle richieste dei suoi interlocutori odierni. Il Maestro indirizzava la mente degli astanti a considerare la loro attitudine meteorologa, cioè a scorgere dei segnali temporali per indovinare se arriverà il sole o la pioggia. Era una pratica affascinante che non si è ancora spenta, anzi ora è diventata una prassi giornaliera che impegna molte menti, nell’ascoltare le previsioni del tempo. Queste notizie sono le più seguite ancora oggi durante lo scorrere delle giornate.

L’unico segno proposto

Dunque Gesù invitato  a prospettare qualche segno inequivocabile intorno alla sua origine e comunione con Dio, per soddisfare la sete di sensazionalismo, di curiosità per quelli che lo attorniavano e in fibrillazione per vedere chissà quale evento miracolistico, restavano attoniti per le affermazioni del Maestro intorno al segno di Giona. La storia era molto conosciuta, la vita del profeta era ricordata nei minimi particolari con quelle peripezie quasi mirabolanti, che rasentavano l’incredulità o il fatalismo. Ma proprio quella storia quasi inverosimile era presa da Gesù per richiamare l’attenzione sul significato profondo e mai banale, con cui Lui stesso interrogava i cuori e le menti degli ascoltatori. L’avviso restava quello di Giona perché Lui se ne andava via; certamente non per scortesia o per indifferenza, ma per lasciare la riflessione sulle sue parole e su cosa rappresentava quel profeta nella immaginazione di quei religiosi. In altre parole rimaneva chiaro il primo messaggio del ravvedimento nella storia di Giona, forse poteva far breccia nel cuore di quei devoti della Legge? A quel punto (V.1) il metterlo alla prova si esauriva, e la prova o il segno era ribaltato sulle menti dei religiosi presenti. Qual’ era il secondo messaggio del segno di Giona? Era indubbiamente la resurrezione. Difatti in  Matteo (17:9) Gesù pronunciava le parole: finchè  il Figlio dell’uomo sia risuscitato dai morti. Perciò questo evento straordinario, simile alla resurrezione di Giona dopo essere stato nell’interiore dell’enorme pesce, era la circostanza che doveva interessare gli osservatori dei segni.

Il collegamento con un altro profeta

Questo ragionamento aveva attirato e stimolato l’attenzione anche dei discepoli: infatti in Matteo (17:10) gli scribi e farisei rientravano in gioco con un altro profeta cioè Elia: Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?  La risposta di Gesù  era eloquente e chiarificatrice per i suoi: Certo Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. Poi per dissipare ogni errore interpretativo, Gesù soggiungeva: (Ev. Matteo 17:12)  Ma Io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto anzi gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell’uomo deve soffrire da parte loro. Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista. Ancora: (Ev. Matteo 14:12)  E i discepoli andarono a prendere il corpo ( di Giovanni Battista) e lo seppellirono, poi vennero a informare Gesù. Qual’ era l’argomentazione proposta? Con Giovanni Battista finiva un’era, un’economia espressa in Luca (16:16) La Legge e i profeti hanno durato fino a Giovanni , da quel tempo è annunziata la buona notizia del regno di Dio e ciascuno vi entra a forza. Dunque il pensiero era evidente, il tempo subiva una cesura invisibile a occhio nudo, ma certa per gli scrutatori dei segni; con la morte di Giovanni Battista iniziava la predicazione del Regno di Dio, cioè la Verità cristiana e la resurrezione di Gesù Cristo, sarebbe stato il messaggio focale da spandere in tutto il mondo. Perciò Gesù con pazienza spiegava il collegamento; ora si avvicinava il tempo del Figlio, dell’Osannato e Ripudiato, del Sofferente. Nell’ Ev.di Matteo (17:22) Gesù disse loro: Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini, essi lo uccideranno e il terzo giorno risusciterà.

Il tempo delle sofferenze

Non v’è dubbio alcuno che il Figlio doveva soffrire, per ben due volte  nei capitoli 16 e 17 di Matteo lo annunciava, non capito dai suoi discepoli che vedevano infrante tutte le loro aspettative sul traguardo delle acclamazioni. La successive affermazioni maestose (Ev. Matteo 16:27-28) Il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli, e il Figlio dell’uomo venire nel suo regno, non sembravano aver catturato la mente dei discepoli. Eppure quegli istanti erano il tempo della verifica, (Ev. Matteo  16:12) del guardarsi dal lievito dei farisei e dei sadducei, dello scoprire della fragranza del Pane di vita, di Colui che un giorno ha detto sei cose:

  1. ( Matteo 11:28-29) Venite a Me: perché sono il vero pane di vita sceso dal cielo.
  2. Vi alleggerirò: dall’insegnamento del lievito delle guide cieche e della tradizione.
  3. Prendete il mio giogo leggero: negli insegnamenti di vita eterna.
  4. Imparate da Me: la mansuetudine del Figlio che nessuno conosce approfonditamente ma che Lui rivelerà.
  5. Troverete riposo: nel corpo, nell’anima e nello spirito, riposo celeste incomprensibile alla natura umana.
  6. Nessuno conosce: rivelazione e un senso nuovo della persona del Padre, del Figlio e del Paracleto cioè dello Spirito Santo.

Certamente non era nel raziocinio naturale o nelle risorse umane che si potevano comprendere le grandiose rivelazioni e i progetti, che Gesù stava perseguendo e portando a termine. Pietro era suo malgrado, un esempio dell’incomprensione umana, nel realizzare le parole del Giusto. (Ev. Matteo 16:22-23) Questo non ti avverrà mai! Vattene via da me, tu mi sei di scandalo, tu non hai il senso delle cose di Dio.  Come detto, Gesù si introduceva fieramente nell’angoscia, consapevole di ciò che l’aspettava, armandosi di pazienza e preghiera per sostenere il cammino e  l’ardua lotta contro il peccato, la battaglia dell’ubbidienza fino alla fine, fedele a ogni costo per un obiettivo ignominioso e letale per il Principe della vita.

Ancora un riferimento ai profeti

Il Figlio di Dio, l’Emanuele, Colui che possiede tutta la rivelazione di Dio, stava distruggendo il lievito milleniale, cresciuto a dismisura nell’orgoglio umano, nelle regole che si volevano conservare e non accettare una nuova lettura  della Parola. I versetti citati (Ev. Matteo 11:25-27) istruivano sul tempo e sullo scopo: Io ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Così ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data nelle mani dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo. Qui era veramente esposto il perché Gesù poteva dire: Imparate da Me, perché tutta la rivelazione della grazia di Dio era in Lui, e sarebbe stata dimostrata di li a poco al Golgota, sulla croce. A questo riguardo, non si può tacere come in questi episodi concatenati uno dietro l’altro, portino ancora alla parola profeta: (Ev. Matteo 16:14) Alcuni dicono: Giovanni il battista, altri Elia, altri Geremia o uno dei profeti. Poi appariva la domanda e la risposta fondamento per la chiesa: Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente. Questa era una definizione esaustiva sull’identità del Figlio, l’unica  confessione della fede, quando essa è riposta inderogabilmente nel Salvatore e pietra miliare per la nuova assemblea dei riscattati.

L’esempio dei piccoli

L’esempio che Gesù poneva dopo tutti questi insegnamenti era ancora una riflessione sui piccoli e sul regno (Ev. Matteo 18:2-3) Egli chiamato a se un bambino lo pose in mezzo e disse se non diventate come i bambini non entrerete nel regno dei cieli. Era un consiglio giusto e significativo: invece della religione morta proponeva una fiducia incondizionata nel Figlio dell’uomo, (Ev. Matteo 18:11)è venuto a salvare ciò che era perduto, e ancora (Ev. Matteo 19:14) Lasciate i bambini, non impedite che vengano da me, perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro. Il messaggio per entrare nella dispensazione del regno di Dio era evoluta, si manifestava chiaramente nell’opera redentrice di Gesù, che era disponibile a sopportare la croce e il martirio, e inoltrare nel mondo un messaggio di amore, di pace, di salvezza e di redenzione. Il segno di Giona è fecondo ancora oggi; basta scorgere le mani benedicenti di Gesù che invita gli uomini dal cielo a non perdersi nei meandri di religioni fasulle, ma come fanciulli a confidare nel suo amore e nella sua Verità.

Ferruccio IEBOLE

 

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