IL PRINCIPE DI ISRAELE (3a parte)

prima del testo dell’articolo una comunicazione:
 
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ecco l’articolo:

(Atti 8:32-33) Or il passo della Scrittura che Egli leggeva era questo: Egli è stato condotto al macello come una pecora e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca. Nella sua umiliazione Egli fu sottratto al giudizio: chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra. Il verso con cui vogliamo iniziare la nostra meditazione, pescato dal libro del profeta Isaia, è di straordinaria bellezza e profondità, ci parla di Gesù come dell’Agnello che toglie il peccato del mondo in maniera non astratta o spirituale, ma  offrendo il suo corpo e il suo sangue alla croce sul Calvario, dopo un percorso di inumane sofferenze culminate con la crocifissione. Poi vi è uno smarrito eunuco che nel deserto legge quel passo e non capisce nulla, come sovente capita a noi, quando siamo vicini alla comprensione di certe Verità e poi si torna indietro involontariamente, perché una specie di velo copre l’intuizione e l’incipiente analisi. E’ a questo punto che abbiamo bisogno di un aiuto esterno, cioè quello dello Spirito Santo, che provvede come nel caso dell’eunuco Filippo, che spiegherà ogni cosa. Resta incoraggiante per tutti che questo esempio è sempre ripetibile, perché lo Spirito è lo stesso e si prende cura  di chi è in difficoltà spirituale, rivelandogli nel tempo opportuno la persona amata del Figlio di Dio e la sua opera riconciliatrice con Dio. Questo articolo è il terzo di una riflessione sui passi dell’Antico Testamento citati negli Atti degli Apostoli, versetti profetici riferiti intorno alla persona e all’apparizione del Salvatore in terra e le profezie per il ristabilimento di Israele come popolo, che investito dallo Spirito Santo non fallirà la missione in mezzo al mondo di testimone del Dio vivente e vero e delle promesse divine durante il regno milleniale di Gesù..

Le dichiarazioni di Paolo

Un buon principio per iniziare una meditazione è quello di introdursi nell’argomento visitando: (Atti 13:2) Mentre celebravano il culto al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati.

Quattro cose da sottolineare:

  1. Celebrare il Signore sempre e ringraziarlo per la luce della Sua Parola che ci concede in Cristo,
  2. Lo Spirito Santo parla perché è una persona, non un indicatore e mette da parte, cioè sceglie credenti per un servizio da Lui diretto,
  3. Digiunavano di cosa? Del cibo? Forse. Senz’altro del cibo di fare la volontà di Dio perché non ancora rivelata ma l’attendevano con trepidazione.
  4. Questa volontà è conosciuta quando lo Spirito Santo manda; non è un’iniziativa privata o una forma di evangelizzazione autonoma, immaginata secondo regole umane, ma è autorizzata per un fine spirituale di conversioni di peccatori; infatti (v. 9) anche Paolo è ripieno di Spirito Santo e può guardare con una differente osservazione il compito proposto. Bene, in queste condizioni possibili a tutti e ripetibili, possiamo proseguire in conformità di fede.

In Antiochia

Paolo come Stefano ripercorre la storia antica del popolo d’Israele per giungere al (v. 32-33) del capitolo 13 degli Atti e dice: <  Noi vi portiamo il lieto messaggio che la promessa fatta ai padri, Dio l’ha adempiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù come anche è scritto: Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato >. Messaggio chiaro e straordinario! Dunque  due cose: la prima Dio adempie la promessa per noi, risuscitando Gesù che diventa il Salvatore del mondo.

Secondo: Stefano ripete il medesimo concetto collegato alla resurrezione< Tu sei mio Figlio oggi >, ribadito ancora in (Ebrei 5:5) ma collegato questa volta al sommo sacerdozio di Melchisedec,  ridetto e collegato nel (Salmo 2:7) IO annunzierò il decreto: il Signore mi ha detto, tu sei mio Figlio oggi ti ho generato, chiedimi, e IO ti darò in eredità le nazioni, per governarle nel regno milleniale; infine, nel rapporto insondabile e insindacabile di: (Ebrei 1:5-8) IO gli sarò Padre ed Egli mi sarà Figlio, soggiungendo subito dopo per togliere ogni dubbio sulla parola generato, dicendo: (v. 8) Il tuo trono o Dio dura di secolo in secolo.

Orbene, ci pare insostenibile pensare a una generazione del Figlio come creatura di Dio, in quanto già esistente precedentemente e vivo come Dio (v. 8), ma esaltato nelle sue varie funzioni  di Figlio, di Primo Risuscitato, di Sommo Sacerdote e di Governatore delle nazioni e di Israele. (Ebrei 3:5-6) Mosè fu fedele in tutta la casa di Dio, come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunziato, ma Cristo lo è come Figlio sopra la Sua casa; e la Sua casa siamo noi, se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo. Chiarissimo! Il fatto poi che Dio sottolinei quell’Oggi vuol dire che in quel momento mutavano solo le funzioni per Gesù, non era messa in discussione l’esistenza gloriosa precedente. D’altronde a conferma di ciò che diciamo, nel passo dell’eunuco e di Isaia, si domandava della Sua generazione e della vita tolta dalla terra, non di quella vita nella gloria del cielo preesistente.

Un riferimento paolino sulla decomposizione

(Atti 13:34-35) Siccome Lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia più a tornare alla decomposizione, Dio ha detto così: IO vi manterrò le sacre e fedeli promesse fatte a Davide. Difatti Egli dice altrove: Tu non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione. Difronte a queste affermazioni esplicite era evidente che qualcuno disprezzasse; (Atti 13:41) Guardate o disprezzatori, stupite e nascondetevi, perché IO compio un’opera che voi non credereste, se qualcuno ve la raccontasse. Bene, il riferimento è alla morte di croce di Gesù, poi vi è quello della predicazione e dell’esaltazione per la riconciliazione operata.

 In Antiochia.

 Paolo prende una posizione netta per via del mandato, (Atti 13:46-47) Era necessario che a voi per primi si annunziasse la Parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore dicendo: IO ti ho posto come luce dei popoli perché tu porti in salvezza fino all’estremità della terra. L’Apostolo nell’esperienza ad Antiochia dice: (v. 43) li convincevano a perseverare nella Grazia di Dio, e (v. 52) i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

A Gerusalemme

(Atti 15:15-16) E con ciò si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: dopo queste cose  ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta; e la rimetterò in piedi affinchè il rimanente degli uomini e tutte le nazioni, su cui è invocato il mio nome, cerchino il Signore, dice il Signore che fa queste cose a Lui note fin dall’eternità.  Durante il concilio nella città del martirio del Salvatore, Paolo cita  i profeti i quali asseriscono che Gesù promette di raddrizzare la tenda di Davide, nessuna  costruzione in muratura perché tutto sarebbe stato distrutto nel 70 dall’imperatore Tito. Notevole è il dire che uomini e nazioni raggiunti dal nome del Signore, cioè dall’Evangelo, la Buona Notizia,  cercano l’approvazione di Dio  e sono noti fin dall’eternità perché visti redenti in Cristo. (Atti 15:28) È parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso. Concordemente lo Spirito di Cristo presiedeva ogni iniziativa degli Apostoli, che erano ben consapevoli e disposti ad ubbidire al Signore, non agli uomini, (Atti 5: 29) Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini.

A Roma

Paolo giunge a Roma e subito riprende il concetto delle citazioni tratte dall’Antico Testamento per dar valore alla Parola, all’opera di Gesù sulla croce per redimerci dal peccato, alla proclamazione delle virtù pietose e misericordiose di Cristo il Signore tramite l’Evangelo; ancora, alle profezie riguardanti Israele e il millennio. Insomma il riassunto dei punti che caratterizzano la predicazione apostolica per la salvezza delle anime, aggiungendo una disamina puntuale e profonda sul peccato, sulla salvezza per Grazia mediante la fede, sul destino di Israele riabilitato da Dio per vivere le promesse. Cita: (Romani 2:24) infatti com’è scritto: il Nome del Signore è bestemmiato per causa vostra tra i pagani.

  1. Il primo problema è il peccato: (Romani 3:10- 18) Com’è scritto: Non c’è nessun giusto, neppure uno, non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono deviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno. La loro gola è un sepolcro aperto, con le loro lingue hanno tramato frode. Sotto le loro labbra c’è un veleno di serpenti. La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi sono veloci a spargere il sangue, rovina e calamità sono sul loro cammino e non conoscono la via della pace. Non c’è timor di Dio davanti ai loro occhi. Bisogna dire che le citazioni paoline di Giobbe, Geremia e Isaia che l’Apostolo avanza sono vere, tracciano la realtà dell’animo umano e la condizione di uomo perduto difronte alla santità di Dio. Rimedi? E’ necessario capire chi si è già espresso sull’argomento e Paolo lo compie citando le azioni e la vita di Abramo e di Davide, i loro comportamenti e le loro scelte di fede, per indurre all’imitazione gli uomini e all’affidarsi completamente nell’amore di Gesù.

Giustificati per opere o per fede?

 (Romani 4:2-4) Poiché se Abramo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi: ma non davanti a Dio. Infatti che dice la Scrittura? Abramo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia. Ora a chi opera il salario non gli è messo in conto come Grazia, ma come debito; mentre  a chi non opera, ma crede in Colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia. Riassumendo Paolo fa l’esempio di come credendo nella Grazia di Dio, cioè per la fede, si sia dichiarati giusti in cielo; cosa non possibile per chi pratica le opere e vuole salvarsi da solo, per via della corruzione insita del peccatore. Concetto semplice, lo spieghiamo con un esempio facile; se io ho delle mani sporche e voglio offrire una pesca sbucciata, sto facendo del bene nell’offrire ma l’offerta non sarà accettata da nessuno; ma se io riconosco le mie mani sporche dirò, vorrei offrirti il frutto ma non sono in grado, accetta il gesto. Per il valore del sentimento anche se l’opera non ha avuto luogo, è come se fosse avvenuta. Così è la fede operante senza opere, ma ubbidiente a Dio che fa Grazia  a chi crede e lo dichiara giusto per la fede dimostrata.

 

Stessa cosa con Davide (Romani 4:7-9) Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l’uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato… Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abramo come giustizia. Per ora ci fermiamo qui per riprendere ancora in una quarta meditazione il pensiero paolino, circa la salvezza per Grazia mediante la fede e la salvezza futura del popolo d’Israele come nazione. Affettuosi saluti a tutti.

Ferruccio Iebole      

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