GLI DIEDE UN LUNGO BACIO

Solitamente il bacio è un simbolo d’amore, di fratellanza, di affetto o di effusione  intrattenibile, che esprime sentimenti sinceri indirizzati verso un obiettivo condiviso tra due persone; può essere scambiato come segno di medesimi intenti, o piacere d’incontrarsi per un fuggevole momento, oppure per progettare qualcosa che unisca più intensamente scopi e progetti tra due o più consimili.

Una notte buia

La notte del tradimento era immaginata da tempo e perseguita da Giuda: (Ev. Matteo 26:16) Da quell’ora, cerava il momento opportuno per consegnarlo; i giorni venivano trascorsi nel susseguirsi di momenti propizi, alternati ad altri più difficili, per attuare, come detto, la consegna. Le precauzioni da prendere si supponevano molte, perché ingannare con dei sotterfugi il Signore, non era facile;  solamente una mente che in maniera lucida esercitava l’odio e l’amore per il denaro, poteva immaginare di farla franca con un bacio. Il pensiero dominante era di tradirlo, presupponendo un progetto facile e realizzabile. Finché erano pensieri malvagi, immaginazioni di mente perversa, elucubrazioni o fantasticherie inique, non vedevano la realizzazione, erano solo desideri malvagi. Poi pesantemente interveniva l’Avversario (Ev. Luca 22:3) Satana entrò in Giuda chiamato l’Iscariota, che era nel numero dei dodici; ora tutto il progetto poteva consolidarsi e materializzarsi. La movenza dell’invidia, del protagonismo, dell’orgoglio di apparire, dell’odio per il Figlio di Dio, poteva maturare e tutto sembrava facile, un gioco infantile, un’azione agevole da eseguire senza complessi di sorta. La trattativa segreta con i sacerdoti era filata liscia, tutto era sotto controllo, denari, prestigio, incolumità. L’ultima cena di Gesù con i discepoli pareva esaurita senza sussulti, con quei gesti un po’ barbosi del lavamento dei piedi e quella preghiera sacerdotale un po’ ripetitiva, che riassumeva una attenzione particolare del Salvatore con Dio suo Padre e in favore dei discepoli, si stava concludendo nell’indifferenza di Giuda. Ma ora era giunto il tempo! (Ev. Luca 22:53) questa è  la potenza delle tenebre, e (Ev. Matteo 26:45-46) Ecco l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo è dato nelle mani dei peccatori, Alzatevi andiamo: ecco colui che mi tradisce è vicino.

Un luogo conosciuto

Il giardino del Getzemani era un luogo molto conosciuto e significativo, di notte era buio, le torce e le lanterne potevano essere una buona risorsa pensata, ma l’espediente del bacio, lungo nella penombra, per non confondere la persona con altre, pareva un’idea geniale, perché se il vento o la pioggia, ad esempio, avessero spento o smorzato la luce strumentale, quel gesto sarebbe stato facile da comprendere e da imprimere nella vista anche nell’oscurità, per quelli che accompagnavano Giuda. Si, è vero, le fiaccole e le lanterne avevano alle spalle le tenebre, venivano dalle tenebre, ma davanti illuminavano la via per raggiungere il giardino, come detto, luogo noto e frequentato, sebbene luogo di preghiera e di comunione. Il nucleo degli arrembanti confidavano anche nella penombra o nella poca luce per arrestare Gesù con un’azione subdola e ingannatrice. La schiera dei protagonisti dell’arresto di Gesù erano ben assortiti, il discepolo, i soldati, dei servi di sacerdoti, degli anonimi che accondiscendevano a venire e vedere un arresto in diretta. Una emozione che non capitava tutti i giorni, di solito le guardie o i soldati agivano nel silenzio e per proprio conto escludendo intrusi, ma ora, vi era il notevole concorso di uno stuolo di persone,  e le emozioni parevano assicurate dall’evento. (Ev. Giovanni 18:4) Ma Gesù ben sapendo tutto quello che stava per accadergli, uscì e chiese loro: Chi cercate? Che strano comportamento quello di Gesù, andava incontro al pericolo dell’arresto con un domanda educata e interessata. Non diceva a quello stuolo di invasati e rumorosi che cosa cercate, ma chi cercate? La risposta degli assalitori era chiara; l’obiettivo era Lui, Gesù il nazareno!

 Una frase dirompente

La risposta di Gesù <IO SONO > è emblematica per quelli di allora, e per tutti i lettori sinceri della Bibbia di adesso. In quel caso il Salvatore usava il nome di Dio, per ribadire la sua divinità, sebbene non lo conoscessero a fondo, come Lui fosse l’Inviato Divino o il Mandato, nonostante lo percepissero solamente come Gesù il nazareno. Quell’indietreggiare e cadere a terra delle persone con gli strumenti immaginati dall’ingegno umano, cioè le torce e le lanterne, dichiaravano abbondantemente che non ci si avvicina al Salvatore con la propria presunta integrità, i nostri meriti personali o una fede fioca e traballante come gli strumenti di luce di allora. Cadere a terra come morti, con il rischio di bruciarsi o rimanere senza luce, con in mano uno strumento spento che invece doveva rischiarare, equivaleva a dire che in noi non vi sono risorse adatte per camminare verso il cielo nella luce, verso la nostra salvezza con le nostre inesistenti e deboli forze. Allora occorre che Gesù la vera Luce dica per la seconda volta, anche a noi, le stesse parole<SONO IO> ma invertite, per dimostrare la sua umanità di Redentore e Mediatore tra Dio e gli uomini. Ed ecco ancora la ripetizione della stessa domanda: Chi cercate? Bene chi cerchiamo nella nostra vita? Possiamo rispondere: dei simpatici mediatori, una religione, dei riti mistici appaganti, delle apparizioni miracolose che ci riempiano di zelo, delle emozioni spirituali ritrovandoci in compagnia di folle vocianti? (Ev. Giovanni 18:9) Di quelli che Tu mi hai dato non ne ho perduto nessuno. Ecco la risposta concreta di Gesù: di chi facciamo parte: di quelli di Cristo, dati da Dio nelle mani del Salvatore che non sono perduti  o di quelli con le fiaccole e le lampade spente o fioche che sono molti? Gesù ha ribadito: Chi cercate, non cosa cercate! Dalla nostra risposta, dalla nostra scelta di persona dipende il nostro futuro celeste.

Ancora una domanda

 La scena del Getzemani proseguiva, le torce cadute si spegnevano, le lanterne si rovesciavano spargendo l’olio a terra, la luce si affievoliva, rimaneva ultima l’azione di Giuda, che poteva comunque concludere in maniera efficace e conforme al progetto, l’arresto del Redentore. (Ev. Matteo 26:49) E in quell’istante avvicinatosi a Gesù gli disse: Ti saluto Maestro! Molte persone nel corso della loro vita sono state avvicinate o si sono avvicinate a Gesù; pur avendolo riconosciuto come un Maestro, non hanno progredito nella fede. Purtroppo come Giuda, la disperazione e la scarsa fiducia nella pietà e nella misericordia in Cristo, hanno determinato il rifiuto  di SONO IO e poi di IO SONO, perché in quella frase sta tutta la nostra speranza di Gloria. La conversione al Salvatore consiste nella nostra risposta all’interrogativo, seguente il bacio lungo di Giuda. Gesù lo interrogò dicendo: (Ev. Matteo 26:50) Amico che cosa sei venuto a fare? Già, cosa rispondiamo noi? A contatto con Gesù cosa argomentiamo? Siamo di quelli che rimangono attratti solo: (Ev. Luca 22:53) dall’ora vostra e questa è la potenza delle tenebre, incapaci di reagire alle prospettive di separazione eterna da Dio, oppure vogliamo comprendere lucidamente: (Ev. Giovanni 18:11) Non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato? e come tutto avveniva secondo l’autorità delle Scritture (Ev. Matteo 26:54) Come dunque si adempirebbero le Scritture secondo le quali bisogna che così avvenga?

Si, noi vogliamo entrare nel pensiero divino rivelataci dalla Bibbia, che dice: (Ev. Matteo 26: 38) L’anima mia è oppressa da tristezza mortale, rimanete qui e vegliate con Me. L’invito di Gesù è perentorio; ci chiede di osservare la sua tristezza mortale sopportata per amor nostro, di considerare la sua lotta vincente sostenuta contro la potenza delle tenebre e contro i suoi avversari umani che perdona, di valutare nitidamente il valore del calice di amarezza e di sofferenza, bevuto durante le ore dei patimenti del Sinedrio o davanti a Pilato e al Calvario. Ci dice ancora di riflettere sulla croce, sul suo corpo donato per riscattare i peccatori e di prendere atto dell’offerta del suo purissimo sangue, donato per l’espiazione dei nostri peccati. Ci conferma ancora, che dopo la sua agonia, lotta senza quartiere contro l’Avversario, il trionfo e la gloria sono riservati a quelli che lo amano perché Lui è il vittorioso trionfante. Il lungo bacio non è quello di Giuda, è quello della chiesa, cioè dell’insieme di coloro che credono Gesù loro personale Salvatore, che lo acclameranno per tutta l’eternità. Vegliamo dunque sulle Parole di Gesù e sui suoi atti consumati in nostro favore.

 Spaventato e angosciato

La descrizione che la Scrittura fa della potenza delle tenebre sull’anima e sul corpo di Gesù è veramente tremenda; come detto, Gesù realizzava l’oppressione violenta che lo vuole condurre a una morte, senza spargimento di sangue, per infrangere il dettato del Signore, il quale aveva stabilito nella Legge che: (Ep. Ebrei 9:22) senza spargimento di sangue non v’è remissione dei peccati. Ma Gesù prevedendo la sua completa sottomissione alla volontà del Padre e alla certezza del compimento dell’opera, poteva dire avanti che avvenisse: (Ev. Matteo 26:28) Perché questo è il mio sangue, il sangue del patto il quale è sparso per molti e per il perdono dei peccati. L’invocazione di Gesù collegata al calice della sofferenza è: (Ev Marco 14:36) Diceva: Abba Padre. E’ lo stesso identico grido per grazia dei credenti: (Ep. Romani 8:15-16) Ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: Abba Padre. E lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio.  Si la figliolanza di Dio è possibile perché Gesù ha pagato il nostro debito, per questo lo cerchiamo e lo confessiamo come nostro Salvatore. A Lui e al Padre, mediante lo Spirito, siano adorazione, onore, gloria e magnificenza per l’eternità!

Questo tema della glorificazione di Gesù sarà un’attività eterna, senza interruzione e senza tentennamenti, vi sarà la gioia di poter adorare perfettamente Colui che in terra abbiamo adorato in modo imperfetto. La fulgida realtà appagherà completamente la nostra speranza di gloria, essa sarà un privilegio riceverla direttamente dalle mani del Salvatore, che confermerà il grido dello Spirito Santo  dimorante nel nostro cuore. La conferma della vita eterna in noi, viene dimostrata dalla caparra dello Spirito nel nostro cuore; non solo noi gridiamo Abba Padre come Gesù nella prova del calice, per confermare di usufruire dell’obbedienza completa del Salvatore, ma altresì lo Spirito: (Ep. Galati 4:6) Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori, che grida: Abba Padre. Si, lo Spirito del Figlio confesserà in noi con un potente grido, l’appartenenza alla stirpe dei risuscitati con: Abba Padre. Il creato celeste assistente alla meravigliosa scena della confessione di: Abba Padre, prenderà atto del grido dello Spirito che sigillerà l’appartenenza dei credenti in Cristo, indicandoli come possessori della fede che non svanisce ed esercitata nella persona giusta. Come Gesù rivestì per mezzo dello Spirito un corpo umano, preparato dallo Spirito, così lo Spirito rivestirà le anime dei credenti di un corpo spirituale, adatto a adorare Dio e a incontrare lo Sposo. E’ interessante vedere che dopo l’attività silenziosa dello Spirito nel convincimento spirituale dei peccatori, fatta nel loro cuore mediante L’Evangelo potenza di Dio, lo Spirito Santo proponga nell’esplosione della voce, gridando nell’eternità i nomi dei salvati, una sensazione quasi non riuscisse a contenere o mitigare il rallegramento e la gioia, nel pronunciamento dell’identità celeste degli eletti riscattati. A questo proposito, per capire l’azione di Dio concordata con lo Spirito Santo, è giusto ricordare le parole illuminanti di (I Ep. Tessalonicesi 4:7-8) Infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione. Chi dunque disprezza questi precetti, non disprezza un uomo, ma quel Dio che vi fa anche dono del suo Santo Spirito. Un dono meraviglioso di Dio la persona dello Spirito Santo, che santifica cioè apparta e consacra i credenti per la testimonianza evangelica.

Un adunamento perfetto

E’ vero, come è scritto: (I Ep. Tessalonicesi 4:16-17) Perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con tromba di Dio, scenderà dal cielo e prima risusciteranno i  morti in Cristo, poi noi viventi che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole a incontrare il Signore nell’aria e così saremo sempre con il Signore. La scena dell’incontro nell’aria dei risuscitati e dei riscattati udirà questa voce acclamante oltre allo sposo, anche sull’identità dei salvati; quella voce d’arcangelo è la voce dello Spirito che grida: Abba Padre nei cuori spirituali dei riscattati, confermando l’idoneità dei risuscitati a essere presenti alle nozze dell’Agnello. Come ben è specificato nella Parola, la manifestazione non è lasciata all’improvvisazione  e alla superficialità; ma con ordine, si sente la voce dello Spirito e la tromba per svegliare i dormienti e i vivi per l’adunamento celeste. Si concretizzerà l’aspettativa di tutti coloro che per anni hanno rotto il pane e bevuto il calice del vino, pensando al calice delle sofferenze di Gesù. Da ora in avanti sarà il tempo della Gloria, sigillata dall’invocazione Abba Padre!

Digli o Padre, che il giudizio

Che sta sopra il suo peccato

Gesù Cristo ha cancellato

Col suo sangue, ed ei vivrà.

Cristo è il nostro sacrificio

Da Lui viene grazia e fede,

E chiunque in Gesù crede

<Abba Padre> a te dirà,

Dirà, dirà

<Abba Padre> a Te dirà!

Ferruccio IEBOLE

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