ESSENDO IN AGONIA

Un argomento sempre attuale per il cuore del credente è la riflessione sul come il Signore Gesù sostenne nel giardino del Getzemani (Ev. Luca 22:44) un estenuante combattimento contro le forze del male. L’Avversario lo possiamo rilevare anche in altre parti della Scrittura aveva sferrato un attacco concentrico contro la persona e il corpo di Gesù, tale da provocare sudori di sangue simili a grumi. La lotta dunque mirava a distogliere il traguardo dello spargimento del sangue dell’Agnello sulla croce, fissato da Dio Padre, per accordare la Grazia all’umanità e il perdono dei peccati. Perciò quando adoriamo, teniamo sempre presente tale atteggiamento combattivo di Gesù, non confondendolo con espressioni di paura o di timore della sofferenza o della morte, seppure presenti nell’anima, ma avendo già il corpo  temperato dalle percosse del Sinedrio e  la fatica nel portare il legno. Il Leone della tribù di Giuda non indietreggiava difronte all’estremo sacrificio, non si nascondeva dietro la sua divinità, ma affronterà la morte con un coraggio esemplare per quelli che riporranno la fede in Lui. Ecco perché la fede di (Ep. Giuda V. 3) è stata trasmessa una volta per sempre, per l’anima che vuole entrare e scrutare con riverenza e adorazione, lo Spirito Santo rivelerà sorprendenti verità.

Combattere strenuamente per la fede

E’ bene trascrivere i versetti 3-4 di Giuda che affermano: Carissimi avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini per i quali  già da tempo è scritta questa condanna, empi che volgono in dissolutezza la Grazia del nostro Dio e negano il nostro unico padrone e Signore Gesù Cristo. Dunque scrivere intorno alla salvezza comune, concepita e provveduta dal piano divino è un esercizio utile alla fede, che si alimenta di tutte quelle sfaccettature spirituali intorno alla passione del Signore. Una volta nel cielo, l’argomento sarà fatto fiorire in tutta la sua forza e bellezza, e attirerà l’adorazione di tutti i riscattati che attornieranno il Re dei Re. La fede, quella che salva, è stata trasmessa come accenna la Bibbia completamente e non risente ne di aggiunte, ne di nuove rivelazioni o modifiche. Occorre solo combattere strenuamente perché non sia alterata e rimanga così, come è scritta, allontanando evidenti manipolatori dal nostro raggio di comprensione.

Ai credenti virtuosi è demandata appunto questa vigilanza e la conoscenza del corpo di dottrine pietose che recano salvezza e vita al peccatore. Infatti l’ammonimento non è solo contro il Maligno, ma contro quegli uomini empi che hanno scopi ben precisi: cioè quello di volgere in dissolutezza la Grazia. Cosa vuol dire dissolutezza?  La parola equivale a corruzione, dissipazione e licenziosità! Cosa c’entrino questi termini con la comune Grazia e salvezza c’è poco da domandarsi, non è difficile rispondere, eppure l’attività principale secondo alcuni religiosi è volgere in depravazione il candido connubio di purezza, quando la fede trova in Cristo il vero Redentore.  Qualcuno non è contento di questo; sono uomini di provata abulia e indolenza, che si ritirano dal combattimento perché mai hanno indossato l’armatura di (Ep. Efesini 6:13 a 19). La pericolosità di questi individui sta nel fatto che si approfittano dei semplici non ancora credenti  o dei novizi nella fede, per irretirli nel dubbio di poter acquisire tramite la sola fede la salvezza eterna. Collegato a questo dubbio vi è il rifiuto di sottostare a Dio e al Padrone delle anime, cioè  a Gesù Cristo il Redentore. Ecco spiegato il combattimento che viene sostenuto dai veri credenti che si sono abbandonati nelle mani di Gesù, garante eterno della redenzione eterna e solo Giudice dei vivi e dei morti, quindi Unico possessore del giudizio.

Mangiamo e beviamo perché domani morremo

L’Apostolo Paolo scrivendo ai Corinzi esponeva una domanda pertinente: (I Ep. Corinti 15:32) Se soltanto per fini umani ho lottato (oppure ho combattuto) con le belve a Efeso, che utile ne ho? Se i morti non risuscitano, mangiamo e beviamo perché domani morremo.  La massima cui Paolo arriva non fa una grinza secondo la morale del mondo, se tutto finisce con la morte dell’anima sollazziamoci pure! Non è così; perché dei grumi di sangue hanno bagnato il terreno e una lotta estremamente dura, rivelataci dalla fede nella Parola, ci informa con Verità e autenticità di un inizio della Grazia in quel luogo e di una vittoria eterna ottenuta da Gesù sulla croce. Ci comunica altresì di una sconfitta sonora dell’Avversario, mentre pensava di aver piegato e sbaragliato il Salvatore con la morte. Orbene è giusto esaltare il Padrone delle anime cui si dovrà rendere conto dell’ubbidienza osservata durante il nostro pellegrinaggio in terra. Certo tutti siamo mancanti, carenti in molte cose, rammaricati forse per occasioni sciupate o per disubbidienze programmate e ottusamente perseguite. Ecco perché la Grazia è  definita salutare, per il ristoro e la pace accordati dopo la confessione di peccato nella comunione con il Signore Gesù e Dio Padre.

Il mio tempo della mia partenza è giunta

Affermare in tutta semplicità e fiducia della partenza per il cielo da parte di Paolo, dizione dove traspare la certezza del tempo opportuno e scelto da Dio per il suo ritorno a casa, rivelato all’Apostolo in maniera esplicita dopo una vita di servizio in mezzo a molte prove e persecuzioni, ci fa cogliere i suoi sentimenti più aperti. La sua costatazione è:  (II Timoteo 4:7)  Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede.  Dunque Paolo in un esame proposto davanti al Signore riconosce tre cose:

  1. il combattimento
  2. la corsa
  3. la fede

Tre cose su cui soffermarci brevemente, la prima cioè la lotta: in ogni luogo visitato per esporre l’Evangelo, l’Apostolo farà ricorso alla chiara predicazione della Grazia, della resurrezione, del perdono accordato in Cristo per tutti i peccatori e del ritorno di Gesù a rapire la Chiesa, in vista delle nozze dell’Agnello. Questo è il corpo della fede che rimaneva vivo dopo la lotta. La seconda cosa è la corsa: sembra strano ma il suo percorso corrispondeva, dopo Damasco, a un cammino veloce senza sosta, per recuperare il tempo perduto. Pensiamo a quante inutili soste abbiamo trascorso noi nella nostra vita, indifferenti alla predicazione evangelica. Chiediamo perdono al Signore! Paolo in (II Tessalonicesi 3:1) ci ricorda come la Parola corra per riportare il primo posto, la vittoria, non con una anonima partecipazione, e se corre lo compie attraverso atleti dedicati e allenati come Paolo. La terza cosa preziosa: conservare la fede, questa non dipendeva solo dalle forze a dalla ubbidiente costanza paolina, ma risiedeva nel Garante della fede, che rassicurava in virtù della Sua fedeltà la custodia della fede nella Parola creduta e predicata. L’Intercessore nel cielo e sempre vigile in pietà e amore.

(II Ep. Timoteo 4:6) Il tempo della partenza è giunto; la consapevolezza non si fermava al trapasso ma travalicava verso il cielo, dove Paolo vuole sottolineare ancora un aspetto molto preciso e consolante; (II Ep. Timoteo 4:8) Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto Giudice mi assegnerà in quel giorno e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la Sua apparizione. Orbene com’è prezioso per noi sapere che a tutti coloro i quali amano il ritorno del Signore Gesù è riservata la corona di giustizia, cui fregiarsi per Grazia in quel giorno glorioso. Sale una domanda spontanea che rivolgiamo senza retorica, ma con tanta esortazione cristiana a tutti i nostri cari lettori: ci sarai anche tu? Auspichiamo di si, per essere uniti in quel connubio d’amore con il Salvatore! Invocando il Nome del Signore che sparga le sue potenti benedizioni su tutti noi che leggiamo la Bibbia, passiamo a salutarvi tutti con un forte abbraccio in Cristo Gesù.

Ferruccio IEBOLE

  

 

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