AFFERRARE SALDAMENTE LA SPERANZA

L’animo umano è soggetto a umori transitori; tutti sperimentano nella  loro vita alti e bassi, periodi di prosperità spirituale, altri di sterilità o di secchezza dove l’interesse per le cose del Signore perdono fascino, si smarrisce la voglia di conoscere, appare la svogliatezza. Le cause dipendono dalle fasi della nostra vita in cui le avversità prendono il sopravvento, (ad esempio: una malattia, una crisi finanziaria improvvisa ecc.), poi la benedizione divina sembra allontanarsi, l’annebbiamento della presenza del Signore che diventa più labile e insicura. Il deserto e le sue conseguenze avanzano inesorabilmente.

Un magnifico tempo per un finale felice

Dunque, questo è il tempo di reagire alla spossatezza e riprendere il cammino con Gesù, per non proseguire nel sentiero dell’insoddisfazione e della negligenza. (Ep. Ebrei 6:18) Troviamo una potente consolazione. Qual’è questa potente consolazione che viene con irruenza a mutare lo stato di apatia spirituale in cui si è precipitati? (Ep. Ebrei 6:10) Dio infatti non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete dimostrato per il Suo Nome con i servizi che avete resi e che rendete ai santi; e (Ep. Ebrei 6 :14) Certo ti benedirò.

  1. Il Signore non dimentica l’opera nostra.
  2. Non dimentica l’amore per il Suo Nome che abbiamo dimostrato.
  3. La sua promessa è la benedizione giurata per amore di Se Stesso.

Queste tre potenti azioni della Grazia divina soccorrono chi è nella difficoltà e nel torpore. Orbene, con questa fiducia e confidanza nel Signore, volgiamo lo sguardo intenso verso Gesù. Alcune persone che provengono da queste situazioni sono restie a riprendere il loro posto in assemblea, per vergogna o disagio, dopo aver trascurato e tralasciato i radunamenti fraterni temono i giudizi improvvidi di alcuni, le critiche sottovoce di altri, il timore di essere sottoposti a giudizi non favorevoli. Occorre ricordarsi che superiore e grandiosa è la gioia celeste espressa in cielo in maniera eclatante per qualsiasi forma di ravvedimento sincero, operata dalla Parola nella vita di un peccatore, che mille opere di giusti. Perciò afferriamo come dice la Bibbia: (Ep. Ebrei 6:18) Troviamo una potente consolazione noi, che abbiamo cercato il nostro rifugio nell’afferrare saldamente la speranza  che ci era messa davanti. Dunque trovare il rifugio dopo l’offuscamento e ricominciare il percorso fiducioso con Gesù.

Triste talor la terra e mal sicuro,

Mi sembra il ciel,

Sol perché t’ho negletto e perché oscuro,

Ti copre un vel.

Che s’io di nuovo vengo a Te pietoso,

Mi da riposo,

L’amor tuo fedel

Trovare il rifugio significa non solo sapere che esiste, conoscerlo o sentirlo presente; il versetto citato pone in evidenza che il rifugio consiste nell’afferrare saldamente la speranza, cioè esercitare un sentimento positivo e impegnativo come quello di rimanere preda della speranza. (Ep. Ebrei 6:11) Soltanto desideriamo che ciascuno di voi dimostri sino alla fine il medesimo zelo per giungere alla pienezza della speranza.

Dunque bisogna utilizzare lo zelo e la fede per ritrovarsi  e giungere nuovamente nella pienezza della speranza, quella pienezza già conosciuta e sperimentata nei giorni felici della conversione, e via via scemata nelle avversità. Perciò necessita conoscere il traguardo e perseguirlo con l’aiuto dello Spirito Santo e una volta approdati vigilare per rimanervi. Giungere è il verbo che certifica l’arrivo, la rinnovata comunione con Dio è la prova certa di essere giunti nel rifugio. In questa situazione la Parola ci ammonisce ancora con amore, per non ricadere nell’indolenza e disarmonia spirituale. (Ep. Ebrei 6:12) Affinché non diventiate indolenti ma siate imitatori di quelli che per la fede e pazienza ereditano le promesse. Orbene, la fede e la pazienza sono i veicoli per ereditare le promesse e per mantenerle vive nella mente. Ancora, l’imitazione dei fedeli indica per noi un grande esempio per conoscere storie da leggere e meditare nella Parola, quindi un invito alla lettura per scoprire nei dettagli della loro vita, particolari messi in ombra, ma rivelazione benefica e appagante  per dei ricercatori e osservatori delle vicende bibliche.  Le promesse del Signore non perdono la loro forza, ma sono percepite a seconda dell’affidamento  cui loro riserviamo: appaganti nei giorni della fede, evanescenti nei giorni dell’annebbiamento. Perciò ne pigri, ne inattivi, ma costanti nella preghiera.

 Una mano che si allenta

La promessa principale conosciuta, apprezzata e feconda per il peccatore ravveduto, perdonato e riconciliato, è quella di Gesù che afferma nel noto passo: nessuno  vi rapirà dalla mia mano; è la promessa evangelica, luminosa e totalizzante al momento della conversione a Dio. Nel tempo subentrano le prove: inizia un sensibile raffreddamento del calore percepito da quella mano, sembra una fatica restare in un luogo poco accogliente dove il diletto precedente sembra esaurito; divincolarsi  e slegarsi sembra l’unica soluzione. La voce dello Spirito Santo avvisa della china pericolosa intrapresa, ma il cuore instabile ora è attratto da altre passioni più appaganti, che non si fermano nell’esigenza di espandere l’influenza a dismisura e prendersi sempre maggior spazio. Ecco allora, come per incanto, diversi interessi culturali prendere posizione nella vita del credente e soffocarla lentamente, come il tifo per qualche sport o per qualche associazione. Oggi è ancora più semplice vedere il nostro  stato di interessi spirituali o meno, proprio dalle foto postate o dalle note pubblicate su Internet. Tutto è lecito, non tutto è utile, una grande massima che ci interroga sul nostro stato vegetativo o di progresso. Purtroppo molti amici a noi cari sono in brutte acque nonostante l’apparenza, ma vi è tempo per ravvedersi, (Ep. Ebrei 6:19-20) Questa speranza la teniamo come un’ancora dell’anima sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore essendo diventato sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec.

 Abbiamo iniziato con le affermazioni trovare rifugio, afferrare la speranza, giungere alla pienezza: ora tenere l’ancora. Bene, non c’è da troppo rammaricarsi o da vergognarsi del passato una volta confessato l’errore al Signore, se ci assoggettiamo con vigore all’ancora dell’anima. Come lo sappiamo? Il mare tempestoso con i flutti spumeggianti le brutture sono la nostra esperienza, quando ci allontaniamo dalle promesse e dalla presenza di Gesù. Appare però l’ancora, simbolica portatrice di  sicurezza, attrezzo già padroneggiato come la pace; ora ripropone un percorso già conosciuto e già visitato, cioè che penetra oltre la cortina nel cielo. L’ancora esprime un persistente posizionamento e una stabilità incrollabile di un fatto inequivocabile, cioè: Gesù è entrato nel cielo come nostro precursore! Occorre domandarsi perché precursore? La sua posizione di precursore Gesù l’ha già dimostrata quando è sceso negli inferi per liberare le anime carcerate per dimostrare il suo potere nelle parti basse della terra, ora assolve un compito grandioso e dominante per spiegare spiccatamente il suo accesso nel cielo con il consenso del Padre, per essere riconosciuto e acclamato Giudice dei vivi e dei morti.

Non solo, ma per essere identificato Primo in varie posizioni quale Sommo Sacerdote, elevato a tale ruolo non in virtù di investiture umane, ma secondo un ordine celeste che prevede l’eternità di vita, il lignaggio della pace e della grazia, una dinastia regale, un esercizio di sacerdozio che gestisce un nuovo patto, composto di Grazia, amore, speranza, e ammantato di misericordia. Purtroppo la preminenza di Gesù è offuscata dai sistemi religiosi che cercano di ridimensionare l’opera di riconciliazione e di resurrezione del Salvatore, frapponendo se stessi come nuovi ed efficaci mediatori.

Un ulteriore pericolo

Non v’è dubbio che durante la nostra vita di credenti si vivano periodi in cui si realizza (Ep. Ebrei 6:7) Quando una terra imbevuta della pioggia; o (Ep. Ebrei 6:4-5) E hanno gustato il dono il dono celeste… e hanno gustato la buona Parola di Dio; pare avviarsi a un cammino sfolgorante nella comprensione della Parola. La fretta nella conoscenza da raggiungere a tutti i costi sovente è cattiva consigliera, ecco allora approssimarsi i predicatori o dei conferenzieri, che manipolano artatamente i novizi, prospettando interpretazioni particolari di passi, svelando aspetti lessicali inconsueti per rimarcare una malcelata conoscenza, creando dipendenza in modo simpatico. Si, occorre essere avveduti e riconoscere umilmente il proprio ruolo di credente, chiamato per servire nel silenzio e senza accenti particolari.

Mettere sul piedistallo alcuni uomini pur con buona reputazione, può essere pericoloso per i nuovi convertiti che sono impazienti di sapere e sollecitati nell’apprendere velocemente. Purtroppo, in queste fasi, il terreno della mente è facile preda di ogni dottrina che viene proposta, durissima in seguito a toglierla se errata o difficile a essere scartata. Una riflessione sui personaggi biblici che hanno esercitato il mestiere di pastore di pecore, prima di essere adatti al servizio per il Signore, è sicuramente significativo e istruttivo. Bisogna analizzare il tempo di questi protagonisti che hanno trascorso nella solitudine, nell’apprendere dell’unicità della voce di Dio tra altre insinuanti, nel conoscere la rivelazione per la propria vita e nel distinguere la volontà di Dio, tutti elementi che nessun corso teologico accelerato potrà sostituire questa esperienza. Perciò occhio a essere indottrinati con insegnamenti che sembrano biblici, senza errori, ortodossi, ma che senza l’esperienza della Parola non si distinguono chiaramente (Ep. Ebrei 5:13) Ora chiunque usa il latte non ha esperienza della Parola di Giustizia.

 Recentemente ho visto un vignetta che si esprimeva in questi termini: Chiesa la quale manda il missionario, il missionario nell’esercizio del suo compito salva tirando fuori il peccatore derelitto e travolto nelle acque del peccato. A prima vista appare tutto logico, ma esso è già frutto di una mediazione recondita e distorta. La vignetta vuole comunicare la chiesa come una entità superiore, che si arroga attraverso verbi indirizzati ai singoli credenti per la predicazione e la testimonianza, una posizione di indirizzo e di supervisione sul lavoro di evangelizzazione.

Non confondiamoci, la testimonianza è riservata ai credenti che sono dotati di doni spirituali e sono chiamati e mandati da Dio; se poi una chiesa locale approvi e sostenga un missionario è altra cosa che presentare un organismo, il quale eserciti un’autorità non prevista dalla Scrittura. Il mandato è personale per il credente e non collettivo, o a una chiesa, è ribadito in (Atti 1:8) e mi sarete testimoni… fino alle stremità della terra. Il pericolo odierno è che la parola chiesa diventi più importante della parola Gesù; siamo certi, non è un’esagerazione. Tra breve tempo l’unione di tutte le chiese, sotto l’imperio dell’Anticristo, si raduneranno per celebrare l’avvento e l’esaltazione dell’Impostore. Tutte le chiese sgomiteranno per accedere ai posti di prestigio, scodinzoleranno appagate per l’attenzione riposta e saranno tutte supine al volere malefico e diabolico. Perciò ascoltiamo con profitto la Parola della vita (Ep. Ebrei 5:14) Cioè che per via dell’uso hanno le facoltà esercitate a discernere il bene e il male.

Conclusione

 Auspichiamo ai nostri cari lettori di avere le facoltà esercitate per via dell’uso della Bibbia, il libro dove Dio si rivela e parla continuamente di Grazia e di perdono.

Ferruccio IEBOLE

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