QUESTO E’ IL RE DEI GIUDEI; E GESU’IL NAZARENO IL RE DEI GIUDEI.

Queste due iscrizioni scritte in tre lingue, ebraico, latino e greco che coinvolgevano in sintesi tutto il mondo conosciuto di allora e poste sulla croce di Gesù,sono registrate e poste in evidenza nei Vangeli; la prima si riferisce all’ (Ev. Luca 23:38) e la seconda all’(Ev. Giovanni 19:19). Sono il segno distintivo ,assieme alla croce ,della tragedia del Golgota, perciò richiedono la nostra attenzione e  la nostra vigile riflessione.

I Vangeli esortano a mantenere un contegno sobrio per chi è impegnato nella lettura biblica affinchè non sfuggano i piccoli particolari che allargano la visuale degli eventi e ci permettono di gustarne anche cose che a prima vista sembrano senza valore. Possiamo forse concludere che l’eterna Parola di Dio ha e nasconde particolari insignificanti? NO. Tutta è ispirata dallo Spirito Santo e adatta per la nostra consolazione e crescita spirituale.( Ev. Matteo 24:15) Chi legge pongavi mente, cioè si concentri e (Ev. Luca10:26)Gesù gli disse: nella legge che cosa sta scritto? come leggi?

Un consiglio prezioso promosso da Gesù.

Gesù dunque consiglia in primo luogo di verificare con cura come è scritto il testo e in seconda battuta come si legge: in modo affrettato, superficiale o con ponderazione? Oppure con l’aiuto indispensabile dello Spirito Santo? Le tre lingue dell’iscrizione cosa espongono? Senza dubbio la legge divina presente in ogni evento, poi il governo del mondo delegato agli uomini e infine la cultura, la fonte limitata del sapere umano paragonata a quello Dio che presiede ogni cosa. In sintesi il messaggio è che l’iscrizione della croce arriva allo spirito, alla mente e al cuore.

Pilato, dice il racconto evangelico, è l’autore dell’iscrizione. Per scrivere avrà prima  pensato, immaginato le parole, formato la frase, ma infine(Ev. Giovanni 19:22) quello che ho scritto, ho scritto dirà in modo perentorio, coinvolgendo i tre attori del potere nel processo contro Gesù, cioè il governatore romano, il re Erode e il sinedrio con i sacerdoti. Quell’iscrizione accomuna tutti tre i poteri umani che vengono sommersi inconsapevolmente da un potere superiore, invisibile ma presente, quello divino. Si manifesta indipendentemente da presunti accordi o da consigli detti anche con veemenza, i quali, occorre prenderne atto in uno scritto, di una volontà superiore e di una testimonianza che sfugge al controllo del potere umano e dei suoi rappresentanti. La tavoletta sulla croce reca un nome e tre funzioni, due di gloria e uno di umiliazione:

  1. Gesù ovvero Emanuele Dio con Noi,
  2. Il Nazareno
  3. Il Re dei Giudei

e (Ev. Giovanni 18:37 ) Tu lo dici  è il riassunto il quale responsabilizza sia Pilato che ognuno di noi, perché Gesù il re della Verità ha parlato in modo inequivocabile dall’alto di una croce al mondo, con un linguaggio che non risiede in terra, ma reca grazia celeste. La sua gloria si materializza nelle parole di Verità le quali si esprimono, in ciò che è scritto e in ciò che  si legge. Pilato ha scritto sotto un impulso sconosciuto, i suoi gesti arroganti e nello stesso tempo insicuri e contraddittori non lo assicurano nell’autorità, la sua intelligenza è sottomessa a un’influenza più potente della sua, comunica attestando sulla tavoletta la Verità del nome glorioso di Gesù e quello dell’umiliazione, essendo il Cristo, l’Agnello, il Nazareno e il Salvatore del mondo.

Ancora, la tavoletta è posta sul capo non ai piedi, per ribadire chi comanda nonostante le apparenze della disfatta di Cristo Gesù. Vedere perciò nella sequenza la tavoletta, la croce e il corpo spossato, tumefatto e sofferente di Gesù in un unico sguardo risultava una efficace testimonianza dell’opera del Signore in favore dell’umanità, uno spiegare il suo unico e inalienabile sacrificio per tutti i peccatori.

Breve analisi sui nomi.

La parola Emanuele equivalente alla traduzione “Dio con noi” è la conferma del disegno magnifico e salvifico, che Dio ha realizzato mandando il Figlio dell’amore suo a redimere gli uomini, impossibilitati a riscattarsi da soli, nonostante le intenzioni e i piani senza consistenza  alcuna perché morti nei peccati, come giustamente rivela la Bibbia. Chi è senza forza è anche senza speranza e vedrà fallire tutti i suoi tentativi di redenzione dai morti. Ecco perché è venuto il Cristo, per affermare una Grazia non di questo mondo terreno, ma di quello celeste, dove la riconciliazione e riscatto è possibile in virtù di un amore smisurato, consultabile e chiaramente visibile nella persona del Salvatore Gesù.

Questo amore tradotto e personificato in Cristo ci assicura per la fede di essere  accolti da Dio in virtù del sacrificio della croce, dove l’Agnello, il Disprezzato ha reso la sua vita come prezzo pagato per conto degli uomini per l’affrancamento dal peccato, dalla morte e dall’Avversario che tiene schiavi i peccatori. Perciò Dio ci avvisa che in Cristo, Lui è presente nella storia del mondo, quindi nella nostra vita, invitandoci alla riconciliazione e al ravvedimento per convertirci a Lui e ricevere la sua pace e la sua benedizione. Il Figlio testimonia con il suo sacrificio sulla croce la presenza del Padre, la liberazione dall’errore e dalla separazione eterna, e che ha inviato il Suo Spirito per suggellarci, cioè marcarci che per la fede siamo uniti a Lui nel destino eterno, e nessuno ci separerà da Lui.

Il termine “Re dei giudeici avvisa che nonostante al Cristo non fosse stato identificato il lignaggio come erede della stirpe di Davide, retaggio momentaneo messo da parte, ma che dovrà comunque in futuro essere riconosciuto e proclamato con grande enfasi e gloria, in quel momento Gesù doveva essere confessato come il Re di gloria che dispensa la Verità, che pronuncia parole di Verità e  di misericordia verso i peccatori.

Ecco allora subentrare la figura di Gesù avvolto nell’umiliazione, che lascia volontariamente la gloria celeste per rivestire un corpo simile ai peccatori per compiere l’opera della salvezza. Il Nazareno,cioè il disprezzato e l’umiliato, Colui da cui si nasconde la faccia per non vederlo e non attira nessun interesse particolare, come accenna il profeta Isaia,si immola per gli uomini. Occorre vedere il Cristo perseguitato nel servizio di testimonianza e nel ministerio evangelico che lo conduce appunto al rifiuto da parte dei Giudei di riconoscerlo come il Messia, come  il Maestro, come l’aiuto propizio, e al termine della carriera il cruento verdetto di totale rigetto della persona e dell’opera.  Sul capo di Gesù c’era la tavoletta  che voleva essere per certi versi dispregiativa pur non riuscendovi,  ora vi è (Ep. Ebrei 2:9-10) Però vediamo Colui che è stato fatto do poco inferiore agli angeli, cioè Gesù, coronato di Gloria e di Onore a motivo della morte  che ha sofferto, affinchè per la Grazia di Dio, gustasse la morte per tutti. Infatti ,per condurre molti figli alla gloria ,era giusto che Colui a causa del quale sono tutte le cose,rendesse perfetto per via di sofferenze, l’autore della loro salvezza.

Una testa coronata.

Dunque una testa coronata splendente, regale e ammirata sarà quella che al ritorno del Cristo sarà esaltata. Il ricordo dell’ aver subito l’incoronazione di spine sarà attenuto ma non dimenticato o scomparso, sulle sofferenze nessun velo sarà posto per annullare il gesto, ma l’omaggio armonioso del popolo dei riscattati avvolti in canti di esaltazione e di gloria renderanno dignità al maestoso Redentore per tutta la sua opera. Perciò la domanda pertinente al termine di questa nota è quella di invitarti, caro lettore, a considerare la tua posizione in riferimento a quel capo, che subì inenarrabili sofferenze, ma che ora e ben presto sarà esaltato dai credenti chiamati a raccolta dal Redentore. Ci sarai anche Tu all’appello?

Ferruccio Iebole

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