Rattristato  o esultante per una gioia ineffabile e gloriosa?

Essere rattristati può fare capo a  un malessere, ad un episodio spiacevole, al mancato contrasto o all’ impossibilità di scardinare un evento contrario o generato da fatalità avverse. Vi sono molti motivi per essere rattristato, ne cogliamo alcuni, leggendo parti della Bibbia. Vi può essere pure una gioia inesprimibile perché affonda radici gloriose in realtà celesti.

L’esempio di Erode

Nell’Evangelo di Matteo un evento festaiolo, di danza equivoca senza veli da parte di una giovinetta, riferito nel capitolo 14 (versetti 1-12) finisce in un’atmosfera tragica e orrenda per l’esecuzione di un sacrifico umano, occorso al profeta Giovanni Battista. Tutto era iniziato con un tempo di spensieratezza, di felicità palpabile, con partecipanti all’altezza della situazione, pronti a elogiare sia la festa, il convivio e le azioni di Erode il tetrarca, in vena di rumorose esibizioni e pronto a raccogliere il sottomesso consenso e l’approvazione degli invitati. Il banchetto era scivolato via in un crescendo di favorevoli elogi e di successo. La cerimonia per la ricorrenza del compleanno di Erode stava volgendo alla fine, quando una improvvisa promessa declinata con giuramento da parte del tetrarca investiva la giovinetta, che poteva chiedere qualsiasi cosa e sarebbe stata soddisfatta. Promesse incaute di questo personaggio, che nell’arroganza del suo incontrastato potere, deteneva come compagna di vita la cognata. Una  efficace rampogna era arrivata da Giovanni Battista, che, per quanto educata, era stata ricevuta malamente dalla donna, che aveva mire economiche e di prestigio per se e per la figlia della precedente unione. (Ev. Matteo 14:8-9) Dammi qui su un piatto la testa di Giovanni Battista. Il re ne fu rattristato. La sconsiderata proposta, che costava la vita del grande profeta aveva reso il cuore del re sgomento, il suo spirito angustiato, ma la sua parola era più preziosa della vita di un uomo. La scarsa considerazione della vita dei sudditi, nonché del moralizzatore dei costumi altrui, trovava un tragico epilogo. Il rammarico o il rattristamento non era stato sufficiente a salvare il Battista che si avviava inconsapevole al martirio. Il tormento nell’animo del re doveva continuare con l’apparizione di Gesù e della sua fama, Egli pareva rincarnare le spoglie del Battista; sebbene nessun dialogo viene registrato direttamente tra il Salvatore e il re. Le opere potenti di Gesù confermavano la visita da Alto, in quella terra di idolatria, di orge, di prevaricazioni e omicidi. Quella fama era come un giudizio e nello stesso tempo un invito a pensare a Dio giusto giudice.

L’esempio del giovane ricco

Un secondo personaggio rattristato è il giovane ricco. Tutti i suoi buoni propositi si esaurivano di fronte alla proposta racchiusa in tre verbi, proposti da Gesù: vendi, vieni e seguimi ( Ev. Matteo 19: 22 ) Ma il giovane udita questa parola se ne andò rattristato perché aveva molti beni. Il cuore del ragazzo si rende conto che la proposta è di quelle trancianti; nonostante la bella affermazione di fede <Tutte queste cose le ho osservate>. I sentimenti si rivelano occupati dalla smania di ricchezze, dalla paura di perdere improvvisamente la sicurezza della vita agiata, di fronte a una proposta senza logica umana, pressoché in balia dell’incertezza e senza prospettiva, se non quella di dipendere esclusivamente dalla Grazia di Gesù. Un progetto di vita che contraddiceva troppo le certezze, che fino ad allora avevano regolato la vita del ricco. La scelta di seguire Gesù è un carico pesante per la mente umana, se questa però viene sollevata dalla Parola di Cristo, allora tutto viene facilitato dalla nuova nascita. Si, Gesù da la forza per rinunciare alla vita passata, e la Grazia per intraprendere il nuovo cammino con Lui e il Suo Spirito. Un esempio coerente è quello di Mosè: (Ep. Ebrei 11:24-25-26) Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio ella figlia del faraone preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, che godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando gli oltraggi di Cristo, ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. La citazione è chiara: a differenza del giovane, Mosè opera una scelta, una “buona” e “duratura” scelta!  Il tempo dei piaceri del peccato, sebbene allettanti, non per nulla si parla di godere, si avvicendano in un tempo breve, aleatorio, insignificante di fronte a una eternità con Dio. Il tema del godimento, degli intensi piaceri, dell’essere avvolti dal peccato, è una situazione paralizzante; solo il richiamo della Grazia di Gesù, più forte del peccato può liberare. L’elaborato del rifiuto della posizione privilegiata, come figlio illustre d’Egitto, per abbracciare una vita di oltraggi, scherni e difficoltà, è preferita all’agiatezza. I tesori evidenti della corte  egiziana non sono paragonabili a quelli di Cristo, con lo sguardo della fede si vede oltre l’ostacolo, cioè si scorge nitidamente la ricompensa, un pegno d’amore e di comunione, che ripaga ampiamente la rinuncia del godimento del peccato. L’epilogo per il giovane ricco è un cammino lontano da quell’incontro promettente, lontano dall’amore manifestato da Gesù, che voleva tramite l’invito proiettarlo nelle sfere celesti, quella della pace nel cuore e della vera fede. L’amore per le ricchezze mondane avevano il sopravvento, e il richiamo di Gesù soffocava nel nulla.

Un terzo esempio

Gesù Andò dai discepoli e li trovò addormentati per la tristezza. (Ev. Luca 22:45).   Si può dormire con tristezza, angoscia, in uno stato di afflizione, e questa è leggibile? Indubbiamente Gesù legge nei cuori e scorge questa inusuale anomalia. Il sonno dovrebbe essere ristoratore, invece qui è espressione di rattristamento. Perché le forze umane abbandonano i discepoli nel momento cruciale, dove il conforto, il sostegno e la vicinanza sono estremamente necessarie per Gesù, che sta affrontando l’epica lotta, l’agonia, contro il peccato, le forze malefiche e sataniche? La risposta è <Pregate di non entrare in tentazione> purtroppo la prova era stata persa, il sonno aveva prevaricato la buona volontà di resistere alla tentazione; l’addormentarsi nella tristezza era il segnale della sconfitta. Provvidenziali erano state però le parole di conforto di Gesù che, superata la prova del calice dell’amarezza e del sudore divenuto denso come gocce o grumi di sangue, poteva dire: (Ev. Matteo 26:45) Dormite pure oramai, e riposatevi! E’ vero, la protezione perenne del Signore Gesù supera i momenti contingenti della sconfitta e della spossatezza, e sebbene (V. 31) Io percoterò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse, si apprestava a diventare realtà il nuovo appuntamento, che consisteva in questo: (Ev. Matteo 28: 16-17-18) Essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato e vedutolo l’adorarono…Gesù avvicinatosi, parlò loro dicendo: Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra.

Un quarto esempio illuminante

Anche Gesù non sfugge al rattristamento, con altre motivazioni da quelle umane: (Ev. Marco 3:5) Allora Gesù guardatoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza del loro cuore, disse all’uomo: Stendi la mano! Interessante, Gesù vede nei cuori, scorge i sentimenti omicidi (V.6) non solo dei farisei ma pure degli erodiani, divenuti nel frattempo una forza politica, per innalzare l’orientamento e il lignaggio  del re pagano. I propositi di Erode si erano sparpagliati fra i sudditi, erano però cuori aridi e omicidi. Perciò oltre l’indignazione, la tristezza, era riequilibrata in fretta dalle parole positive di: <stendi la mano>. Che meraviglioso consiglio del Signore! ancora oggi ripete a tutti stendi la mano per afferrare la Grazia, la salvezza, la comunione, il perdono dei peccati, la vita eterna. Tutto questo, offerto gratuitamente da Gesù, ha un prezzo ineffabile con radici ancora nella tristezza e nell’angoscia, che è bene tenere presente, per innescare una sincera riconoscenza e adorazione. (Ev. Matteo 26:38) Allora disse loro: l’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me. Il proposito del Signore era di sopportare attivamente il dolore della separazione dal Padre, l’accettare le sofferenze simboleggiate nel calice di amarezza da bere, gustare l’oppressione del male e del peccato, l’essere nella integrità di giustizia e divenire trasgressione, peccato e giudicato inappellabile; come è scritto: (II Ep. Corinzi 5:21) Colui che non ha conosciuto peccato Egli lo ha fatto divenire peccato per noi, affinché noi divenissimo giustizia di Dio in Lui. Questo supremo sacrificio del Signore Gesù merita la nostra attenta riflessione, perché coinvolti da quella tristezza mortale sappiamo apprezzare con la fede, l’opera salvifica di Gesù.

Rattristati secondo il mondo o secondo Dio

(II Ep. Corinzi 7:10) Poiché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c’è mai da pentirsi, ma la tristezza del mondo produce la morte. La nefasta tristezza del mondo è ben spiegata nella vicenda di Giuda Iscariota. In (Atti 1:17)  Perché egli (Giuda) era uno di noi e aveva ricevuto la sua parte in questo ministero. In questo caso l’apostolo Pietro precisa il privilegio di Giuda di essere stato coinvolto positivamente nel ministero per accompagnare il Signore Gesù nel suo pellegrinaggio terreno e vedere le grandi opere compiute dal Salvatore ed assistere alla spiegazione della grandiosa venuta dello Spirito Santo. Come nei precedenti racconti di Erode, del ricco e dei farisei, il cuore invece di esultare per le meraviglie proposte da Gesù, si rattrappiva e si volgeva alle cose effimere del mondo: il denaro, la gloria umana, la riverenza o l’omaggio degli esseri umani. E’ interessante la sequela delle azioni compiute da Giuda fino alla sua fine, racchiusa in poche parole.

  1. Giuda un nome prestigioso
  2. Uno di noi
  3. Ha parte nel ministero
  4. Diviene il traditore
  5. Acquista il campo
  6. Si impicca, precipita e le sue interiora si spargono
  7. Il campo è chiamato Acheldama

Una sintesi pressoché esaustiva e corretta dei fatti, che ci fanno pensare intensamente a come l’abbandonare rattristati il Signore Gesù, sia sempre una scelta scellerata. Ogni tanto ci voltiamo indietro nel tempo e vediamo scorrere dei visi a noi noti e cari, che non hanno  <dato luogo all’amore di Cristo> e si sono persi, svaniti nelle nebbie dell’errore e dell’indifferenza. Giuda, è il nome di un patriarca, il combattivo, portato con superficialità dal pseudo apostolo; è uno della privilegiata compagnia, diviene preda dell’Avversario e diventa traditore. Per denaro, trenta monete d’argento, una somma che invece di parlare di riscatto (l’argento è figura di riscatto) è un prezzo d’iniquità, un marchio infamante che sarà ricordato dall’umanità in tutta la sua storia, come prezzo di tradimento. La vile somma sfocia nell’acquisto di un anonimo campo del vasaio, che verrà ricordato con un brutto nome, secondo la profezia. Ma l’epilogo che insegna con rilevanza è: (Ev. Matteo 27:3-4) Allora Giuda che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò i trenta sicli d’argento ai capi sacerdoti e agli anziani, dicendo: Ho peccato, consegnandovi sangue innocente. Ma essi dissero: Che c’importa? Pensaci tu.

Fumo negli occhi

Le sei azioni susseguenti di Giuda, ci indicano la tristezza secondo il mondo e come l’esteriorità, se non avviene il ravvedimento, la conversione e la speranza in Cristo, tutto resti intatto nella morte. E’ vero che Giuda si pente, piange come Pietro, ma non incontra più lo sguardo perdonatore di Gesù. Giuda non spera più nella Parola; Pietro accenna, al v. 16, che si adempisse la profezia della Scrittura pronunziata dallo Spirito Santo. Si, quella Parola era muta, ininfluente, non sorgente di speranza e di perdono. Rimaneva la disperazione, il gesto inconsulto elogiato nella cultura mondana, come ultimo atto eroico di uno sconfitto. No, nella sfera cristiana c’è sempre tempo per il ravvedimento secondo Cristo, ma deve essere sincero, proveniente dalla potenza della Scrittura e condotto dallo Spirito Santo. Allora il ravvedimento è certo, il desiderio di vita in Cristo è preminente, la gioia proposta fa svanire i legami di morte, la prevaricazione satanica che vuole togliere la vita fisica è eliminata, v’è il preludio di Grazia e di felicità nell’essere nuovamente in comunione con Dio. Per usare le parole di II Corinzi, la tristezza di Dio è fonte di ravvedimento con un ambito traguardo, la salvezza, non come il mondo che porta alla morte. Pietro era rimasto molto sconcertato dalla vicenda di Giuda, forse come tutti gli altri apostoli, nella sua prima lettera però fa un bilancio positivo per quelli ravveduti per la fede, ed elenca delle azioni che riassumono la gioia della redenzione e del riscatto in Gesù Cristo. Pietro nel primo capitolo esalta la misericordia di Dio che ci ha fatto rinascere, ad una speranza viva non mortificata o insicura, ponendo il fondamento della resurrezione di Gesù come fatto certo e garanzia per quelli che credono in Lui. L’eredità è sicura, con caratteristiche nella sostanza di incorruttibilità, esteticamente non macchiata, e inalterabile nel tempo. Ha una vocazione celeste ed è custodita nel cielo, è garantita da Dio per quelli salvati per la fede, che hanno una peculiarità: Esultano. Si è vero, i credenti esultano e ne hanno ben motivo: (I Pietro 1:8-9) Benché non l’abbiate visto, voi Lo amate, credendo in Lui, benché ora non Lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime.

Conclusione

(Ev. Giovanni 16:20) In verità in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio e il mondo si rallegrerà. Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia. E’ certamente una grande consolazione sapere che l’afflizione sarà mutata in gioia evidente, accessibile e chiara per i riscattati dal prezioso sangue di Gesù Cristo, l’Agnello che ha tolto il peccato del mondo, affinché chiunque crede in Lui abbia vita eterna. Pensiamo vivamente ai nostri amici lettori, che possano fuggire dalla situazione di tristezza, per accedere alla gioia e alla compagnia del Signore.

Ferruccio IEBOLE

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