PRONTI A RENDERE CONTO DELLA SPERANZA CHE E’ IN VOI

(I Ep. Pietro 3:15) Ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. L’esortazione biblica di quest’oggi scritta dall’apostolo Pietro, ci introduce in un quadro molto concreto per ognuno di noi, perché ci sollecita e stimola a esaminare la nostra posizione in Cristo. Non v’è dubbio che difronte al Signore, quando ci esaminiamo, siamo sempre mancanti e insufficienti  dinanzi a Lui, alle sue sublimi perfezioni e alla sua maestosa  gloria.

Tuttavia per la Grazia ricevuta con il suo sacrificio possiamo avvalerci del suo costante perdono e favore, per vivere in comunione con Lui, con il Padre e lo Spirito Santo, godendo delle meraviglie della sua Parola che ci induce a elevare il nostro sguardo di fede verso Lui con fiducia e speranza. Proprio quest’ultima virtù ci sprona a confermare il nostro cuore e la nostra mente ad assumere un atteggiamento positivo e vitale, guardando al termine glorioso dell’opera di Gesù, quando tornerà a rapire la sua chiesa, cioè l’assemblea mondiale dei suoi salvati. Il duplice invito del passo in questione, ci spinge a glorificare Gesù e a essere pronti a dare spiegazioni sulla nostra speranza.

Quale testimonianza o messaggio potremmo lanciare a chi chiede delucidazioni sulla nostra fede?

In primo luogo la Scrittura ci invita a glorificare Gesù indicandoci anche il posto, cioè nel nostro cuore. Già, ma perché devo glorificare il Signore e cosa vuol dire glorificarlo? Cosa potrei rispondere a questo quesito, una volta interrogato? Le risposte potrebbero essere tante. La mia risposta è che Gesù si è rivelato a me come mio personale Salvatore, l’ho letto nella Bibbia e l’ho sperimentato nella nuova nascita. Cosa voglio dire con questa affermazione?

Il Signore parla nel Vangelo del suo amore, dell’opera sua sulla croce, del perdono gratuito dei peccati a favore di ogni individuo, invitando ad avere fede in Lui che ci ha liberati  dalla morte e dall’inferno e ci ha colmati di una speranza di vita eterna, la quale inizia nel momento che ravveduti e pentiti andiamo a Lui per essere rigenerati. Quindi una comunione e un rapporto vivente di ubbidienza verso Gesù il Redentore. Ecco perché devo glorificarlo.

Dunque non una religione secondo i canoni del mondo, che devi assolvere quando non hai ancora il senso e la cognizione con una specie di battesimo, poi con una adesione fanciullesca senza esperienza e poi con riti privi di vita biblica, ma piuttosto una passiva condiscendenza a queste forme religiose. La Parola di Dio ci induce preferibilmente a conoscere in profondità l’identità e l’origine di Gesù, il suo ministerio in terra, il valore del suo sacrificio vicario sulla croce, ancora, la speranza di gloria proposta ad ogni credente.

Penso sarebbe una cocente delusione se a una precisa domanda: chi è per te Gesù, non sapessi rispondere altro che era un bravo uomo amante dei poveri, un crocifisso cioè una statua lignea o di gesso da inginocchiarsi difronte, un dio che non incide nella mia vita con cui non ho relazione o comunione, ma che invoco nel momento del bisogno in attesa di sapere se risponderà oppure no. Bene questa risposta determinerebbe che non conosco Gesù il Salvatore, ma che ho una religione priva di speranza, che invece Pietro affermava esistere ed era presente in quei credenti.     

Glorificare il Signore

Se conosco Gesù attraverso la sua Parola saprò anche come si da gloria al Signore. L’abbiamo letto, nel nostro cuore, che si unisce ad altri cuori salvati per godere di una comunione benedetta e avvincente. Il culto da rendere a Dio e a Gesù non prevede certi atteggiamenti odierni di mettere il credente al centro del culto, come protagonista dell’evento. Il cuore colmo di gioia effimera, provocata da canti ritmici o da spirituals con esaltazione musicale tale da coinvolgere voci e corpi, non pare in conformità con la serietà e l’umiltà di un culto cristiano, dove lo Spirito Santo induce e guida i pensieri spirituali dei credenti.

Le band che trasmettono la loro abilità musicale con frastuoni o virtuosismi, come fossero concerti frenetici, non sembrano consoni a un culto. Gli stessi cantici che indicano un rapporto personale e specifico, invece di uno collettivo, cioè l’idea del corpo, dell’assemblea, dell’insieme dei credenti in comunione fra loro, è messa da parte e sostituita da questi profili che contraddicono la sostanza del rendimento di grazia e di lode collettivo. Ricordiamo il detto” dove due o tre sono riuniti Io sono in mezzo a loro” indica una pluralità.

E’ vero, queste forme alterano l’insegnamento del plurale, con cui la Scrittura si rivolge quando si celebra un culto e la Santa Cena: (I Ep. Corinzi 11:23-24, 26) Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho trasmesso…fate questo in memoria di Me…Voi annunciate la morte del Signore finché Egli venga. Il protagonismo del singolo è escluso, vale la comunità; perciò cantici che sottolineano ossessivamente un rapporto  personale con Cristo, finiscono per confondere l’idea biblica del corpo dei credenti, che assieme in un vincolo spirituale adorano il Signore, ed esaltano l’individuale,  cioè il separato dagli altri.

L’individualismo inserito in una assemblea è rischioso per l’unità del corpo e certi inni lo incitano con il pericolo di far emergere l’orgoglio umano. Non dobbiamo stupirci se certe forme di divertimento, subdolamente si introducono nei culti, svuotano la gioia celeste dello Spirito Santo, per sostituirla con quella effimera e non duratura. Questa è una operazione risaputa e promossa dall’Avversario. Perciò occorre fare attenzione che glorificare il Signore o rendergli un culto, non diventi qualcosa d’altro, con interpreti non richiesti per l’ora solenne e gioiosa, indirizzata al Signore.

Il secondo invito: rendere conto della speranza

(I Ep. Pietro 3:16) Ma fatelo con mansuetudine e rispetto e avendo la coscienza pulita affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. Orbene, come sovente abbiamo scritto, l’intenzione del nostro essere e del nostro dire è quello di rendere testimonianza della Verità in Cristo. Nel farlo non sappiamo se abbiamo offeso qualcuno che non apprezza le nostre analisi, ma resta fermo l’intento dei nostri consigli che vogliamo proferirli con l’avallo della Parola di Dio, con le frequenti citazioni della Bibbia per confermare quello proposto.

Comunque chiediamo scusa se qualcuno si sia risentito, ma l’idea era di confrontare gli atteggiamenti umani con la Verità biblica. Dunque qual è questa speranza cui siamo chiamati a confermare e a propagare?  Sappiamo quello che afferma la Parola: (I Ep. Pietro 4:18) E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l’empio e il peccatore? Ancora: (I Ep. Pietro 5:10) Or il Dio d’ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà Egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. Un’ ultima parola: (I Ep. Pietro 5:6-7) Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli vi innalzi a suo tempo; gettando su di Lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi.

E’ con questa prospettiva di salvezza certa in Cristo Gesù, che con quei tre verbi confortanti Lui porterà a compimento tutto con cura; lasciamo queste note alla meditazione dei nostri amici che ci leggono e ci seguono. Siamo comunque contenti per i vostri “mi piace” che scrivete alla fine della vostra lettura, questo ci conforta. La raccomandazione è che in ogni caso leggiate continuamente il Vangelo, la fonte della inconfondibile Verità. 

Un saluto sincero e amabile a tutti.

Ferruccio Iebole

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