ERA NEL NUMERO DI DODICI
(Ev. Luca 22:3) Era nel numero di dodici. Il personaggio cui si riferisce il passo è Giuda Iscariota che viene riconosciuto come uno dei dodici. Posizione privilegiata quella dell’ex discepolo, di essere stato alla scuola del Signore, di aver potuto condividere i suoi insegnamenti, vedere dei miracoli e notare il comportamento del Salvatore nella preghiera e nella comunione con il Padre. Purtroppo questo punto strategico per udire e vedere il Redentore nei suoi aspetti più intimi, trascorsi con i suoi discepoli non avevano impressionato Giuda. Non c’è da stupirsi, storie simili ve ne sono a bizzeffe, personaggi che hanno cominciato per la fede per esaurirsi nell’inconcludente rivolta; persone a noi care che l’Evangelo non è riuscito a smuovere per la durezza del cuore. Occorre dire che patiamo sempre un rammarico sincero verso quelle persone, che per superficialità si sono allontanate dalla Verità, la quale era a disposizione per far decollare una vita diversa, quella di nati di nuovo. Notevole è la descrizione del tempo, quando le cose per Gesù precipitano verso una china inarrestabile, che giungerà al traguardo del Golgota.
La festa degli azzimi
Il lievito era bandito dalle case, tutto parlava di riconciliazione con Dio, era anche una festa che doveva preparare alla Pasqua, e ricordare il passaggio dell’angelo distruttore in Egitto, cioè un giudizio verso quelli che non avevano spruzzato il sangue dell’Agnello sugli stipiti della porta. Quindi in quell’orizzonte di pace, pressoché di solennità, di comunione, anche il Signore Gesù desiderava mangiare la Pasqua con i suoi. Purtroppo il periodo non scorreva in maniera gioiosa e felice in vista del convivio; nel rabbuiarsi del tempo, due episodi prendevano forma nonostante come detto, tutto faceva presagire un intervallo pacifico. Invece no! Nel buio delle trame i capi sacerdoti e gli scribi ordivano il modo di uccidere il Salvatore, la sua morte doveva essere orchestrata in maniera tale da non aizzare la folla che riteneva Gesù un Rabbi. Ancora nelle tenebre, senza che nessuno potesse leggere e vedere gli avvenimenti futuri se non Gesù, Satana entrava in Giuda, che era nel numero dei dodici.
Che grande tristezza per il Signore, vedere nitidamente come il corpo e la mente di Giuda fosse occupato da questa presenza ingombrante e deleteria. L’Avversario aveva ordito il suo piano che coinvolgeva addirittura persone vicine a Gesù, perché sperava di riuscire a distruggere il progetto di salvezza per gli uomini. Essere nel numero dei dodici, ma essere solo e appartato, probabilmente era la condizione di Giuda, che non si confidava con nessuno tantomeno con il Signore Gesù. La sua carriera nel gruppo era già stata costellata da meschinità, ma nessuno presagiva una caduta così in basso. Eppure quella sera i presupposti per il ravvedimento c’erano tutti, ma quegli accordi tracciati nell’oscurità e quelle intese raggiunte nelle tenebre, avevano preso un sopravvento quasi paralizzante nel dover perseguire a tutti i costi il piano traditore. Mettere Gesù nelle mani dei sacerdoti e degli scribi era diventato il solo obiettivo per Giuda desideroso di ricevere il prezzo pattuito, il denaro che pareva più soddisfacente che la compagnia degli altri undici e di Gesù..
La cena pasquale
Il tempo della festa era arrivato, i discepoli più servizievoli o più responsabili per gli incarichi, avevano eseguito i comandi e la programmazione del Signore, che intendeva stabilire la fine di un patto e l’inizio di uno nuovo. Un avvio epocale non ancora inteso dai discepoli per la sua portata. Per Gesù era l’inizio alle sofferenze e all’abbandono da parte del Padre. Quel clima di festa stava tramutandosi per Lui in una lunga notte da incubo. Ben diversa da quella di Giuda, che come guida del manipolo dei sacerdoti, degli anziani e dei capitani del tempio vedeva traguardare il risultato dell’arresto e la consegna dei denari pattuiti. La fine di Giuda è tragica e rispecchia chi avendo apprezzato la Parola del Vangelo, che poteva sollevare e sconfiggere lo stato di peccato, rifiutava il ravvedimento e la conversione per accedere a una fine meschina.
La Bibbia è piena nei suoi scritti, di passi che condannano chi non si conforma al pensiero divino di redenzione. L’apostolo Pietro si poneva una domanda (I Ep. Pietro 4:17-18) Quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al Vangelo di Dio? E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l’empio e il peccatore? È vero, che fine triste sarà quella di coloro che hanno rifiutato di credere nel Signore Gesù. (Ep. Colossesi 1:13-14) Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio. In Lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.
Un regno di pace e amore
È una consolazione sapere che Dio stesso si sia preso cura di trasportarci nel regno del Figlio suo, liberandoci dal potere delle tenebre. Nella notte del tradimento di Gesù, la potenza delle tenebre si era manifestata con diversi episodi contro la persona del Salvatore, facendo pensare a una fragilità di Gesù difronte a tale potenza opprimente. Invece Dio ci conferma di una sonora sconfitta dell’Avversario, spogliato della sua forza e dei suoi progetti. Il regno proposto ai credenti hanno punti fermi e incrollabili; sono la redenzione e il perdono. Questi due pilastri nel piano di Dio; nel regno di Cristo ci trasmettono l’amore del Padre e l’opera di mediazione del Figlio, che attraverso lo Spirito Santo suggella chi crede in Gesù. È una grande vittoria quella vantata dal Signore Gesù che può dispensare la Grazia ai peccatori ravveduti e perdonati.
Una presa di coscienza nei piani eterni di Dio
(Ep. Colossesi 1:21-22) E voi che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e delle vostre opere malvagie ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di Lui per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a Se santi, senza macchia e irreprensibili. Com’è prezioso sapere dal punto di vista di Dio il suo pensiero su noi; ci dichiara che eravamo suoi nemici ed estranei alla sua santità, senza forza e senza accesso al suo amore. La causa erano i pensieri e le opere, vale a dire la nostra mente e la nostra intelligenza ottenebrata, altresì le nostre opere dettate dall’orgoglio e dalla nostra malvagità. Quindi una situazione di chiusura netta da parte di Dio che non può avere relazioni con il peccatore.
Ma ora, dice la Scrittura è cambiato il tempo, verificandosi un evento speciale e in Grazia; Dio ci ha riconciliato a Se, mediante il corpo di Gesù. Tutti i peccati del mondo sono stati scontati dal corpo e dal sangue di Gesù sulla croce. Essendo morto con i peccati nel suo corpo sono stati annullati nel suo decesso, liberando gli uomini dalla separazione e dall’inferno, che rimane ancora vigente per quelli che rifiutano questo atto di grazia di Dio. E’ la fede nel sacrificio di Gesù che ci immette nella possibilità di comparire in modo perfetto davanti a Dio e a Cristo, nel giorno del rapimento dei credenti e superare il giorno del giudizio, che sarà riservato solo per gli increduli. Certo nel cielo è serbato il tempo glorioso e gioioso per tutti i credenti, che si sono avvalsi della riconciliazione operata dal Signore, e fin da ora godono di una comunione pacifica con Dio. Questi sono i piani eterni che l’Evangelo ci comunica, il tempo della Grazia è ancora valido e operante, basta rivolgersi a Gesù il Buon Pastore che ci guiderà verso la salvezza eterna.
Conclusione.
Concludiamo ancora con un versetto di: (Ep. Colossesi 1:27) Dio ha voluto far conoscere quale sia la ricchezza della gloria di questo ministero fra i pagani, cioè Cristo in voi, la speranza della gloria. Che differenza tra la gloria mondana ricercata e ambita da Giuda, vantando un merito con tradimento e quella di possedere la gloria di Gesù nel cuore, che sarà presto realizzata nello splendore e nella luce del cielo. Ci saremo tutti quanti cari lettori? È l’auspicio che queste brevi e semplici note vogliono proporre per quelli che di puro cuore invocano il nome del Signore. Un caro saluto a tutti.
Ferruccio Iebole
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