TESTIMONIARE DEL VANGELO DELLA GRAZIA DI DIO

prima del testo dell’articolo una comunicazione:

 

Per chi lo desidera è disponibile il vol. 3 che raccoglie i nuovi articoli di Ferruccio Iebole. Il volume e la spedizione sono gratuiti e disponibile per tutti coloro che ne faranno richiesta qui, su fb, su info@lamostradellabibbia.com o 3334371113 (Corrado)

Sono disponibili ancora alcune copie del vol. 1  e vol. 2 (anch’esse gratis)

foto vol.3

Uno degli episodi più toccanti degli Atti degli Apostoli è senza dubbio la partenza di Paolo da Mileto che nell’occasione mandò a chiamare gli anziani di Efeso.  La cronaca dell’episodio raccontato  è veramente sorprendente per la profondità delle argomentazioni e per gli incoraggiamenti proposti da Paolo a quei credenti rammentando almeno tre punti principali che vogliamo ricordare:

  1. (Atti 20.24) Cioè di testimoniare del Vangelo della Grazia di Dio,
  2. (Atti 20:32) Vi affido a Dio e alla Parola della Sua Grazia,
  3. (Atti 20 35) Ricordarsi delle Parole del Signore Gesù.

Un argomento unico suddiviso in tre parti.

Dunque l’argomento sono le Parole di Gesù o della Grazia di Dio, che sono lo stesso concetto, ma vediamo piccole differenze per capire meglio. Nel primo caso Paolo dichiara che si sente legato dallo Spirito Santo a proseguire il suo mandato a Gerusalemme, sapendo i pericoli di catene  e di tribolazioni che lo aspettano. La sua preoccupazione non riguarda la sua vita o il suo servizio, ma concerne (Atti 20 21) E ho avvertito solennemente Giudei o Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo. Dunque due cose interessano Paolo: che  le persone si ravvedano davanti a Dio e di credere nel Signore Gesù Cristo. Più volte nel corso  della compilazione di queste note parliamo di credere al Signore Gesù, non sempre sappiamo se i nostri lettori  recepiscono cosa voglia significare questo verbo, “credere”.

Per noi credere vuol dire affidarsi a Dio e a Gesù; esempio: (Ev. Giovanni 3:16) Perché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinchè chiunque crede in Lui non perisca ma abbia vita eterna. Orbene la dizione del versetto è chiara: Dio ama e dona, chi crede in questo atto crede anche nel Figlio, che ricambia questa fede con la vita eterna. Rassicuriamo che non è una formuletta di comodo, ma è la realtà della fede che indirizzata nell’Agnello, trasforma il peccatore in un figlio ed erede di Dio. Un versetto che rafforza il concetto è: (Ev. Giovanni 3:36) Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui. Dunque  per Paolo il fatto tradotto voleva dire di ravvedersi davanti a Dio e credere nell’opera della croce del Signore Gesù. E’ vero, l’apostolo aveva speso il suo tempo, un lungo tempo, per testimoniare del Vangelo della Grazia: Cosa vuol dire questa affermazione? La buona notizia che Dio fa Grazia a chi crede nel Figlio, che ha dato la sua vita per quelli che si ravvedono e credono alla riconciliazione operata da Gesù.

Affidarsi a Dio e alla Parola della sua Grazia.

Un secondo tema è quello di affidarsi con fiducia a Dio e alla Parola, che con dinamismo spirituale edifica la fede e può confermare che la vita eterna realizzata credendo in Gesù,  non è una chimera o un desiderio virtuale, ma è la verità che la Parola attiva e fa sentire propria, in un crescendo nell’eredità tra i santificati. La testimonianza della Verità coinvolge quelli che attraverso la Parola  vogliono crescere nella sapienza  e nella conoscenza e per (Atti 20 :27) perché io non mi sono tirato indietro dall’annunziarvi tutto il consiglio di Dio. Questo obiettivo  deve essere perseguito da coloro che sentono responsabilità verso i fratelli, per istruirli  e  prevenirli dagli errori dei lupi rapaci (V. 29) che non risparmieranno il gregge.  Lo Spirito Santo ancora sarà un baluardo per evitare eccessi  ed errori grossolani  nella dottrina, la sua guida sarà in benedizione ai credenti.

Ricordarsi delle Parole del Signore.

 La Parola di Grazia o le Parole del Signore sono due espressioni  che si equivalgono, tutte vogliono sottolineare come il linguaggio di Dio sia indirizzato a far del bene ai suoi figli. La gregge che Lui ha radunato in mezzo al quale lo Spirito Santo distribuisce i suoi doni, sono propedeutici  a costituire un corpo forte, dipendente da Dio che ricorda: (Atti 20:28)  che Egli ha acquistata ( la chiesa) con il proprio sangue.  Non è un lapsus che Dio ha compiuto nel dare il suo sangue, quando in realtà è Gesù che dona il sangue; in Verità è che l’identità divina tra Padre e Figlio è unica e intercambiabile per i rapporti inspiegabili nell’amore.

Dunque Paolo in questo addio così commovente, vuole terminare  con un verso molto impegnativo: (Atti 20: 35) Vi è più gioia nel dare che nel ricevere. E’ vero, prendendo l’esempio della persona di Gesù abbiamo ben motivo di guardare al suo  incommensurabile modello di dare se stesso per salvare gli uomini dalla morte e dall’inferno. Uno dei punti culminanti della gioia del Signore resta  quello che è scritto durante l’ultima cena: (Ev. Luca 22: 14) Quando giunse l’ora Egli si mise a tavola e gli apostoli con Lui. Egli disse. Ho vivamente desiderato di mangiare questa Pasqua  con voi prima di soffrire. Gli ingredienti per la gioia vi erano tutti, altresì quelli della sofferenza che prendeva piede in quel convivio, che si smorzava nell’angoscia e nel tradimento. Gesù però in quei momenti precedenti il dolore, voleva rallegrare i suoi in quella festa ebraica pasquale, che sebbene parlasse di una vittima innocente sacrificata, voleva insegnare che per Lui la gioia nel darsi era superiore a quella di ricevere.

 Tornare a  Paolo per cogliere l’atmosfera di una gioia particolare.

(Atti 20:36 37 38) Quand’ebbe dette queste cose, si pose in ginocchio e pregò con tutti loro. Tutti scoppiarono in un gran pianto e si gettarono al collo di Paolo e lo baciarono, dolenti soprattutto perché aveva loro detto che non avrebbero più rivisto la sua faccia e l’accompagnarono alla nave.  La scena è per certi versi consolante e per altri sconcertanti. L’affetto che Paolo aveva saputo attirare nei suoi confronti non era solamente di uno che pur potendo vivere del Vangelo, non disdegnava procurarsi il cibo con le sue mani lavorando, ma era altresì un esempio nella spiegazione del Vangelo. Quella nave purtroppo era un via di allontanamento da un tempo benedetto verso uno più difficile e per gli arresti che Paolo dovrà subire. Per Paolo il dare non era finito, fino alla fine testimonierà del Vangelo della Grazia.

Conclusione.

 Il pregare in ginocchio di Paolo per i suoi fratelli ci indica una via  che anche noi vogliamo percorrere per i nostri cari lettori, cioè quella di intercedere per chi legge queste brevi note e che possa trarre consolazione e una chiara riflessione. Un cordiale saluto a tutti. e Dio volendo a presto.

Ferruccio Iebole.

Lascia una risposta

Your email address will not be published / Required fields are marked *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>