IL SENSO DELLE COSE DI DIO E QUELLE DEGLI UOMINI

Una spiegazione particolare

Il Signore Gesù a un certo punto della sua vita e nel periodo della sua più intensa predicazione annunziava di dover andare a Gerusalemme, cioè nella città evocativa della pace e ivi trovarsi coinvolto in tre cose: sofferenze, essere ucciso e risuscitare. A prima vista era il fallimento delle attese naturali sperate dagli apostoli, che non avendo ancora capito appieno la missione di Gesù, vedevano naufragare dal punto di vista umano le aspettative che erano sottintese, nell’aver seguito il Signore Gesù per lungo tempo ed essere stati testimoni di eventi straordinari. Con questo annunzio di Gesù nell’Ev. di Matteo (16:21) Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno.  ..Gesù disse loro: Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini essi lo uccideranno e il terzo giorno risusciterà. Ed essi ne furono rattristati (Ev. Matteo 17:22-23); erano sintetizzati i prossimi eventi intorno al mandato di Cristo Gesù. Tra le due citazioni dell’Evangelo di Matteo accadono due episodi significativamente importanti: il primo la trasfigurazione ( Ev. Matteo 17:1-13), e il secondo la spiegazione della fede (Ev. Matteo 17:14-21).

I due episodi

Nel primo caso dopo la reprimenda di Gesù verso Pietro per le parole senza senso pronunciate, la sua riabilitazione doveva completarsi con una visione straordinaria che avvalorasse come già affermato: Tu sei beato Simone figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli (Ev. Matteo 16:17). Pietro era già stato partecipe di una rivelazione particolare, cioè per grazia divina dettare l’affermazione che Gesù era il Cristo, l’Atteso, il Messia e nel contempo dichiarare pubblicamente, quello che sarà il tema della confessione della fede, ovvero Tu sei il Figlio del Dio vivente. Una nuova era sulla base di quelle confessioni d’identità di Gesù, si sarebbero istituite con una chiesa (assemblea) e un nuovo modo di radunarsi per esprimere il culto a Dio. Si sarebbero dovute attuare le affermazioni di Gesù che aveva detto alla donna samaritana: I veri adoratori adoreranno il Padre in Ispirito e Verità (Ev. Giovanni 4:23).

Perciò questa fase embrionale, partiva  da ciò che Dio aveva rivelato del Figlio agli uomini, ma che abbisognava ancora di una comprensione più specifica, spiegata da due ulteriori episodi ed eventi, di cui i discepoli avrebbero visti gli effetti e sarebbero stati protagonisti. La trasfigurazione avveniva con la presenza di soli tre apostoli, che dimostravano caratteristiche di cui Gesù nel suo servizio prendeva in considerazione. Ecco Pietro quello delle iniziative, il primo ad esporsi, il combattente; Giacomo il pio, il pescatore, il calmo e riflessivo; Giovanni il giovane discepolo caro al cuore di Gesù, il quale sarà interprete di sentimenti che solo il suo capo appoggiato sul petto del Divino Maestro, saprà raccontare con eccellenza di significati e con acutezza questa intensa comunione.

Con Gesù per una nuova esperienza

La dispensazione per accedere a quella meravigliosa visione aveva un percorso da compiere con Gesù, simile ad altri tragitti già svolti con Lui cioè andare sopra un monte. Questo voleva dire estraniarsi dal mondo ed accedere a una posizione meditativa o più semplicemente contemplativa. Ma c’era da chiedersi:  andare con Gesù ed essere partecipi con Lui di un certo percorso, non vi saranno forse delle aspettative sublimi? Si, chi intraprende nel corso della propria esistenza il cammino con Gesù, sicuramente gli saranno riservate delle piacevoli sorprese nel campo spirituale e della fede. In disparte, dice la Scrittura; significa in una dimensione intima con Gesù per distinguere la sua faccia e i suoi vestiti, i quali secondo il vocabolario umano non era sufficiente a descrivere e che la penna di Matteo esponeva con dei termini come: splendette come il sole, e divennero candidi come la luce. In mezzo a questo splendore, in una ulteriore fase, compaiono due personaggi che i tre discepoli individuavano nell’identità senza errori, pur non avendoli mai visti: Mosè ed Elia che conversavano con Gesù. Interessante la conversazione, in modo affabile certamente perpetrata dal Salvatore, che aldilà di ciò che sarà stato il loro dialogo, restava pregnante l’apparizione di due persone che rappresentavano la legge e i profeti. Ma per capire bene la sintesi di questo incontro occorre leggere nell’evangelo di Luca 24:44: Queste sono le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi, che si dovevano compiere tutte le cose scritte di ME nella Legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi. Perciò un indizio del colloquio era proprio quello l’adempimento della Legge e il rinnovo del ruolo di Elia, secondo le promesse fatte nell’Antico Patto. Interessante il fatto che siano rappresentate le Sacre Scritture e il mandato profetico, due facoltà ancora dispensate da Gesù dopo la sua resurrezione ai discepoli. Chiarita questa parentesi, rimaneva il fatto più eclatante: i tre discepoli potevano assistere a ciò che Dio avrebbe loro disposto, dopo l’immaginazione di una proposta inopportuna cioè quella di costruire tre tende, quale omaggio alla visione.

Sale una domanda spontanea dove avrebbero preso i teli? Era quella la volontà di Dio? Come sovente capita quando l’uomo si intromette o vuole farlo senza conoscere le prospettive e i piani divini, ecco irrompere la vera volontà di Dio. Entrava impetuosamente in azione una nuvola luminosa, nuvola come quella del deserto che guidava il popolo ebreo, ovvero un rimedio per continuare a vivere in una situazione dove nessuno sussisteva con un corpo carnale in quella presenza luminosa. Infine, ecco una voce inusuale uscire dalla nuvola splendente e proclamare: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo (Ev. Matteo 17:5). La voce divulgava un concetto di fede nuovo; ( I Corinzi 12:3)  perché nessuno può dire Gesù è il Signore se non per lo Spirito Santo e (Ev. Marco 1:1) inizio del vangelo di Gesù Figlio di Dio. Evidentemente un conto era dire come Pietro: Tu sei il Cristo il Figlio di Dio in presenza del solo Mediatore, un conto era ascoltarlo con la voce creativa e con la presenza distintiva del Padre nella sua potenza; per questo motivo caddero a terra, con il viso rivolto a terra e presi da gran timore, come soggiunge la Sacra Scrittura. Qui c’era il vero senso delle cose di Dio in rapporto con gli uomini.

Vita e libertà

Il motto liberatorio era: alzatevi non temete; la scena esclusiva era solo ad appannaggio per Gesù; non videro nessuno se non Gesù solo! Che lezione importante avevano ricevuto i tre discepoli: non solo la voce, ma la certa visione concettuale del Signore Gesù proclamato Figlio da Dio Stesso. Qui occorre ben specificare che come uomini non possiamo conoscere quali relazioni reali vi siano tra il Padre e il Figlio, interpretate per semplificazione e per nostra comprensione di noi umani, come una ipotetica relazione tra padre e figlio. Evidentemente in quel campo di relazioni divine, tra Padre e Figlio, appare palese la nostra inadeguatezza a capire e se i discepoli a contatto con quella verità erano caduti a terra come morti, qualcosa vorrà pur dire anche per noi. Quindi non ci avventuriamo a voler sapere più di quello che la Scrittura ci rivela intorno a Gesù (I Ep. Giovanni 5:20) vero Dio e vita eterna; ben testimoniato da uno dei testimoni oculari di quell’episodio, cioè l’apostolo Giovanni.

Il secondo episodio

Gesù proponeva un granello di senape come paragone per avere il senso delle cose di Dio attraverso la fede. Il concetto veniva espresso e dimostrato prendendo spunto dalla guarigione di un bambino lunatico cioè instabile. La guarigione del piccolo era dimostrata dall’uscita del demone dal suo corpo. L’uscita malefica non era visibile con gli occhi umani, ma con quelli della fede; cioè si vedeva chiaramente che era scomparso il tormento nel corpo. Il piccolo era guarito, non soffriva più dei sintomi precedenti, non cadeva più a terra come prima. Qui vi erano due elementi da constatare, eguali al fatto della trasfigurazione: il cadere a terra e l’essere rialzati per la fede. Il riequilibrio nella vita del bambino per non cadere più era la cosa essenziale, anche se per l’animo umano era più appagante il miracolo in se stesso, espressione estetica di potenza e veder il demone andarsene. No; nell’intrinseco più profondo non si può curiosare, sono stadi non pertinenti alla nostra natura e condivisione. A noi è dato di vedere, distinguere l’effetto e il risultato del miracolo e della fede, non la lotta sotterranea intrapresa da Gesù contro il male. Questa lotta avrà il massimo della visibilità per occhi di fede, nell’esposizione di un corpo che moriva innocentemente e del sangue che veniva versato sulla croce al Calvario. E’ scritto nell’Evangelo  di Giovanni (10:17-18) Per questo mi ama il padre perchè io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie ma io la depongo da me.  Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla.

Questa era la visione concessa allo sguardo umano:  vedevi un crocifisso in mezzo a due malfattori o vedevi come il centurione:  Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, visto il terremoto e le cose avvenute, furono presi da grande spavento e dissero: Veramente Costui era Figlio di Dio (Ev. Matteo 27:54). Sono le due opzioni con cui possiamo guardare alla croce, per scorgere un significato veritiero intorno all’opera salvifica di Gesù. Da allora persiste la stessa fania e la stessa dichiarazione attraverso le Sacre Lettere, per condurre a ravvedimento le persone. Chi vediamo in Gesù e cosa percepiamo della sua opera? La conosciamo? Abbiamo la convinzione che le parole: Fino a quando sarò con voi ?Fino a quando vi sopporterò? (Ev. Matteo 17:17) sono parole rivolte a coloro che non credono e non vedono il monte d’incredulità, che impedisce di guardare nitidamente con fede a Gesù e al suo progetto di rinnovamento di vita eterna. Sovente si osserva il crocifisso ma la visione che ci ritorna alla vista è un monte, cioè un enorme impedimento fatto di religione, di luoghi comuni sul significato della sua morte, in sostanza, uno scetticismo sul Suo reale potere di salvare le anime.

 Per la redenzione eterna non occorrono molte cose; un basilare granello di fede simile a quello di senape, piccolissimo, poi l’amore divino del Salvatore e del suo Spirito faranno il seguito. Fondamentale è l’invocazione a Cristo per la salvezza. Pietro memore del suo percorso fatto con Gesù, testimonierà: fratelli voi sapete che dall’inizio Dio scelse tra voi me, affinchè dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del Vangelo e credessero. E Dio che conosce i cuori, rese testimonianza in loro favore, dando lo Spirito Santo a loro come a noi e non fece discriminazione fra noi e loro, purificando i loro cuori mediante la fede…Ma noi crediamo che siamo salvati mediante la grazia del Signore Gesù allo stesso modo di loro (Atti 15:7 a 11). Ecco spiegata l’importanza della fede richiamata da Gesù nel miracolo della guarigione del fanciullo lunatico.

Una purificazione eterna è il risultato ottenuto alla croce da Gesù Cristo

 Questi versetti ben si addicono al testo di Matteo letto, in quanto spiegano come Dio purifichi i cuori  dei peccatori con la sua grazia, l’opera espiativa di Gesù e con la fede nel Cristo Salvatore. Nei versetti meditati Gesù tornava sul criterio dell’uscita del male dal cuore e dal corpo del fanciullo, aggiungendo la sua ricetta per l’esito salutare, dicendo: (Ev. Matteo 17:21) Questa specie di demoni non esce se non per mezzo della preghiera e del digiuno. La giusta comprensione delle parole riportate nel testo biblico, non  erano indirizzate per l’istituzione come pratica del digiuno e della preghiera, in visione o attitudine di penitenza o di sottomissione meritoria come alcuni interpretano; piuttosto come consiglio una volta udito l’Evangelo ad accettarlo nella disposizione di anima e di corpo, scevri dal male che è presente in noi con un’apposita confessione di peccato. L’apostolo Paolo diceva:  Il male si trova in me (Ep. Romani 7:21); poi soggiungeva (v. 24) Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Certamente non il digiuno; ma la preghiera fatta con fede aiuterà a raggiungere il traguardo del dono della salvezza gratuita che Paolo significava con le parole  Grazie siano rese a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore (v. 25) . Si, Gesù è il liberatore del male e dal nostro peccato, altresì è il purificatore che ci invita a purificarci. (I Ep. Pietro 1:22) Avendo purificato le anime vostre con l’ubbidienza alla verità. Ancora (Ev. Giovanni 15:3) Voi siete già puri a causa della Parola che vi ho annunziata. Infine Quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno, offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente! (Ep. Ebrei 9:14) 

Concludendo

Questo senso delle cose di Dio, ci invita a dimorare nell’amore di Dio, a perseverare nello studio della sua Parola, essendo coscienti che: Come il tralcio non può da se dar frutto se non rimane nella vite così neppure voi se non dimorate in Me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla (Ev. Giovanni 15:4-5). Lo stato di perenne inadeguatezza a compiere tutta la volontà di Dio, ci costringe ad elevare una supplica alla misericordia di Dio, manifestata nel Figlio che tanto ha amato i suoi, fino a donare la sua vita per noi. Di questo amore siamo fieri, di averlo conosciuto perché Lui lo ha rivelato nella Bibbia. A Lui sia eternamente gloria! 

Ferruccio IEBOLE

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